ATTO COSTITUZIONALE DI GAETA PER LA SICILIA (1849) Ferdinando II ecc. ecc. Siciliani, Se gli errori di pochi han potuto per un momento far traviare qualcuno fra voi dallo avito vostro attaccamento alla dinastia, che con tanto affetto presiede ai vostri destini da più di un secolo, noi che avemmo culla fra voi, e non abbiam mai cessato di amarvi con tenerezza di padre, vogliamo non indugiar più oltre a dirvi che soddisfiamo ad un disegno del nostro cuore, adempiamo al più caro dei doveri che impone a noi l’augusta, la santa nostra religione, assicurandovi che dimentichiamo, riguardiamo come non avvenuti e non mai commessi i falli ed i reati politici che tanto male vi hanno recato dallo incominciar dello scorso anno 1848 in poi. Ritornate quindi alle vostre private bisogne; coltivate in pace i vostri ubertosi campi; restituite alle terre di Cerere mercé il vostro assiduo lavoro, l’antica loro fertilità, il che sempre la Divina Provvidenza concede all’uomo come ricompensa di prescritto travaglio; ridonate alla vostra industria, al vostro traffico, ai vostri commerci, alla vostra navigazione mercantile la primitiva attività; chiudete le orecchie alle seduzioni di coloro che cercano di illudervi per menarvi alla sedizione, alla ribellione e di là all’anarchia, che di quelle è la inevitabile conseguenza. Dopo mature riflessioni ed accurata analisi de’ vostri bisogni e de’ voti che possono con equità utilmente e praticamente soddisfarsi, ritenendo come non avvenuti e nulli di diritto e di fatto tutti gli atti i quali hanno avuto luogo in Sicilia dal 12 gennaio 1848 in poi, concediamo alla stessa uno Statuto di cui è base la Costituzione del 1812 salvo le modificazioni richieste dalle mutate condizioni e dalla vigente legislazione. Cotesto Statuto, che ci riserbiamo di formulare ampiamente prima della fine di giugno del corrente anno, conterrà nella parte sostanziale le seguenti disposizioni: Art. 1 – La religione sarà unicamente, e ad esclusione di qualunque altra, la Cattolica Apostolica Romana. Art. 2 – La libertà individuale è guarentita, nessuno potendo essere arrestato o processato che ne’ casi preveduti dalle leggi e nelle forme da esse prescritte. Art. 3 – Nessuno può essere costretto a cedere la sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e previa indennità. Una legge speciale sarà fatta dal Parlamento di accordo col re per determinare la competenza e la forma delle espropriazioni forzate per causa di utilità pubblica. Art. 4 – I Siciliani hanno il diritto di pubblicare e fare stampare le loro opinioni, conformandosi alle disposizioni che debbono reprimere gli abusi di questa libertà. Il re riserba a sé nella pienezza dei suoi poteri di emanare siffatte disposizioni con una legge speciale. Art. 5 – La Sicilia, continuando a far parte integrale dell’unità del regno delle Due Sicilie, sarà retta a monarchia costituzionale, con la divisione de’ Poteri nel modo che siegue: Del Potere esecutivo Art. 6 – Il Potere esecutivo appartiene esclusivamente al re. La sua persona è sacra ed inviolabile. Art. 7 – Il re rappresenta la nazione presso le Potenze estere. Egli ha il diritto di far la guerra o la pace, e di proporre o conchiudere qualsivoglia trattato di pace, di alleanza e di commercio colle Potenze estere. Art. 8 – Esercita collettivamente col Parlamento la potestà legislativa, sanziona e promulga le leggi, e fa i regolamenti e le ordinanze necessarie per la esecuzione delle leggi e per la sicurezza dello Stato. Art. 9 – Convoca, proroga e scioglie il Parlamento. Art. 10 – Comanda e dispone di tutte le forze di mare e di terra. Art. 11 – Sovrintende al commercio interno ed esterno della Sicilia, ed a tutte le spese ed istruzioni pubbliche. Art. 12 – Nomina ed elegge i funzionarii pubblici e gli impiegati dell’amministrazione dello Stato. Art. 13 – Conferisce i titoli di nobiltà e le decorazioni, ed esercita il pieno diritto di grazia. Art. 14 – Conferisce tutti i beneficii ecclesiastici di Regio patronato, e fa le solite altre provviste e nomine ecclesiastiche. Art. 15 – Esercita secondo i Concordati la Legazia Apostolica ereditaria. Art. 16 – L’atto solenne per l’ordine di successione alla Corona dell’augusto re Carlo III del dì 6 ottobre 1758, confermato dall’augusto re Ferdinando I nell’articolo V della legge degli 8 dicembre 1816, gli Atti sovrani del 7 di aprile 1822, del 12 marzo 1836 e tutti gli atti relativi alla Real Famiglia rimangono in pieno vigore. Art. 17 – Allorché il re non vorrà risiedere in Sicilia, sarà rappresentato ivi da un viceré, con quelle attribuzioni e con que’ poteri che verranno da lui determinati. Art. 18 – Vi saranno in Sicilia dei ministri nel numero sufficiente, fra’ quali saranno divisi i ripartimenti: di Grazia e Giustizia, dell’Interno, delle Finanze, de’ Lavori pubblici, dell’Agricoltura e Commercio, degli Affari ecclesiastici, dell’Istruzione pubblica e della Polizia. La Costituzione serbando al re la disposizione delle forze di terra e di mare e la direzione suprema delle relazioni estere, non saranvi per tutta la monarchia che un sol ministro di Guerra e Marina e un sol ministro di Affari esteri, entrambi residenti presso del re. Le questioni militari o internazionali che potessero presentarsi, sarebbero trattate, per delegazione del re, sia dal re, sia da uno dei ministri. Art. 19 – Risiederà inoltre presso il re un ministro per gli affari di Sicilia. Art. 20 – I ministri comporranno il consiglio privato, al quale è in arbitrio del re di aggiungere uno o più consiglieri di Stato. Art. 21 – I predetti ministri contrassegneranno, o collettivamente, o ciascuno per gli affari del proprio ministero, tutti gli atti del Potere esecutivo. Art. 22 – I ministri sono responsabili. Art. 23 – Il re non potrà far grazia ai ministri condannati, se non sulla esplicita domanda di una delle due Camere legislative. Art. 24 – L’amministrazione della giustizia e tutte le altre amministrazioni pubbliche saranno regolate con le leggi organiche in vigore, salvo al Parlamento di accordo col re di portarvi quelle modificazioni che saran credute necessarie per coordinarle al presente Statuto, o per migliorarle. Art . 25 – Sino a che queste modificazioni non saranno fatte, le leggi, i decreti e gli atti sovrani di presente in vigore saranno pienamente osservati tanto intorno alle circoscrizioni territoriali e competenze giurisdizionali, dipendenze gerarchiche e guarentie, quanto in tutte e singole parti delle loro disposizioni. Art. 26. – L’Ordine giudiziario sarà indipendente. I magistrati collegiati saranno inamovibili dopo tre anni di lodevole esercizio, a contare dalla data della loro elezione definitiva. Art. 27 – Gli agenti del Pubblico Ministero presso la Corte ed i Tribunali sono essenzialmente amovibili. Art. 28 – I giudici anche eletti a vita potranno essere traslocati. Il tutto in conformità della legge organica del 7 giugno 1819. Art. 29 – Cessata ogni promiscuità d’impiego tra Napoli e Sicilia, i ministri, i funzionari pubblici e tutti gli impiegati delle amministrazioni saranno siciliani; come anche tutti i beneficii e dignità ecclesiastiche, le quali si avranno da ora innanzi a provvedere, saranno conferiti nei soli Siciliani. Art. 30 – Lo stato discusso sarà interamente separato, e le spese comuni alle Due Sicilie rimangono ripartite fra le due parti del reame nella proporzione numerica de’ loro abitanti, oppure verranno fissati a 3.000.000 annui di ducati. Art. 31 – Inoltre gli esiti straordinari a carico della Tesoreria di Napoli, cui hanno dato luogo gli avvenimenti degli anni 1848 e 1849, portandosi molto al disotto del loro importo, fissansi a cinquecento mila once. Unendosi tale somma a quella di cui va creditrice la Tesoreria stessa di Napoli, formeranno queste somme un debito della Sicilia, il quale venendo consolidato, mercé la emissione di una rendita iscritta con la corrispondente dote di ammortizzazione, darebbe il capitale necessario per saldare siffatti avanzi del tesoro napoletano. Parimenti i debiti della Sicilia anteriormente al dì 12 gennaio 1848 contratti e quelli posteriori restano a carico del Tesoro della Sicilia stessa. Art. 32 – I Siciliani concorreranno nella proporzione medesima della popolazione agli impieghi diplomatici. Gli altri impieghi pagati sulle spese comuni saranno indistintamente conferiti ai Siciliani ed ai Napoletani. Del Parlamento Art. 33 – Il Parlamento di Sicilia sarà composto di due Camere, una detta dei Pari e l’altra dei Comuni. Art. 34 – La sua durata sarà di quattro anni dal giorno della sua convocazione. Al compir dei quattro anni cesserà di dritto. Art. 35 – Nel caso di scioglimento e di proroga il Parlamento sarà convocato entro un anno. Art. 36 – Le due Camere saranno convocate nel giorno medesimo, e cominceranno e finiranno nel tempo stesso le loro sessioni. Art. 37 – Il Parlamento eserciterà collettivamente col re la potestà legislativa. Esso avrà il diritto di imporre nuove tasse di ogni specie, e di alterare quelle stabilite. Le imposizioni dirette si votano annualmente dalle Camere legislative. Le imposizioni indirette possono avere la durata di più anni. Art. 38 – Qualsiasi proposta del Parlamento, comprese quelle delle tasse e dei sussidi, non avrà forza di legge se non dopo la sanzione del re. Art. 39 – La formula del placet esprimerà la sanzione; quella del veto esprimerà il rigetto. Art. 40 – Le proposte non saranno sottomesse alla sanzione del re, se non dopo di essere consentite dalle due Camere. Art. 41 – Una proposta rigettata in una delle due Camere non potrà essere riproposta che nella sessione dell’anno seguente. Art. 42 – Ciascuna delle due Camere giudicherà inappellabilmente delle condizioni di eligibilità dei suoi membri. Art. 43 – Le discussioni delle Camere saranno pubbliche, tranne che si costituissero in comitato segreto. Art. 44 – Nessun membro delle due Camere potrà essere molestato, processato, o punito per qualunque cosa sia stata detta, fatta, discussa e deliberata nella rispettiva Camera, analogamente alla Costituzione e senza violazione dello Statuto salvo alla Camera medesima di prender conoscenza degli eccessi che i membri potessero in essa commettere, e di punirne gli autori con voto di censura, e nei casi più gravi col divieto d’intervenirvi. Della Camera dei Pari Art. 45 – I Pari saranno nominati dal re. Il loro numero sarà illimitato. Art. 46 – Nessuno potrà essere eletto Pari se non avrà compito gli anni quaranta. Art. 47 – La Camera de’ Pari in seguito di un’Ordinanza Reale si costituirà in Alta Corte di giustizia per conoscere dei reati di alto tradimento e di attentato alla sicurezza dello Stato di cui possono essere imputati i componenti di ambedue le Camere legislative. Il re destinerà il magistrato che dovrà funzionare da pubblico ministero. Art. 48 – Un assembramento qualunque della Camera de’ Pari fuori il tempo della sessione della Camera de’ Comuni è illecito e nullo di pieno dritto, tranne il caso contemplato nell’articolo precedente. Della Camera dei Comuni Art. 49 – La Camera de’ Comuni si comporrà de’ deputati dei ventiquattro distretti, de’ deputati delle tre Università di Sicilia: Palermo, Messina e Catania, e de’ deputati de’ Comuni secondo il numero stabilito nella Costituzione del 1812. Art. 50 – I Comuni, i quali per la cresciuta popolazione avessero acquistato il dritto di eleggere un rappresentante, o pur di eleggerne più d’uno, e quelle popolazioni che dopo il 1812, essendo state erette in Comune, hanno il numero di abitanti stabilito dalla predetta Costituzione, potranno indirizzare la loro dimanda alla Camera de’ Comuni, la quale riconoscerà ne’ modi legali la verità dell’esposto. Art. 51 – Concorrendo le due Camere nel voto favorevole, ed ottenuta la sanzione Reale, il ministro dell’Interno darà gli ordini per le operazioni di risulta. Art. 52 – Il modo di effettuarsi le elezioni dei rappresentanti sarà quello stesso che fu stabilito dalla Costituzione del 1812, se non che, essendo già aboliti e soppressi gli uffici pubblici, per organo dei quali si procedeva alle elezioni, il re si riserba di designare i funzionari pubblici che ne fanno le veci. Degli elettori Art. 53 – I rappresentanti di un distretto nella Camera dei Comuni saranno eletti da tutti coloro che possederanno nello stesso distretto una rendita vitalizia almeno di once diciotto all’anno, sia che la stessa provenga da diretto ed utile dominio, o per qualunque censo, rendita iscritta immobilizzata, tande e simili sorta di proprietà. I rappresentanti della città di Palermo saranno eletti da tutti coloro i quali possederanno nella stessa città e suo territorio una rendita vitalizia almeno di once cinquanta all’anno, sia che provenga da diretto od utile dominio, o per qualunque censo, o per rendita iscritta immobilizzata, e simili sorta di proprietà. I rappresentanti di ogni altra città o terra parlamentaria saranno eletti da tutti coloro che possederanno nella stessa città o terra e suo territorio una rendita netta vitalizia almeno di once diciotto annuali sia che provenga da diretto e utile dominio, o per qualunque censo o rendita iscritta immobilizzata, tande e simili sorta di proprietà. Art. 54 – Dal possesso dell’anzidetta rendita e dall’obbligo di giustificarla sono dispensati solamente i professori delle tre Università di Palermo, Messina e Catania per la elezione dei rappresentanti delle stesse. Degli eligibili Art. 55 – Potranno rappresentare un distretto quelli soltanto i quali avranno in Sicilia una rendita netta e vitalizia che provenga da diretto od utile dominio, da censo, da rendita iscritta immobilizzata, da tande e simili sorta di proprietà di once trecento all’anno. Potranno rappresentare la città di Palermo quelli soli i quali avranno in Sicilia una rendita, come sopra, di once cinquecento all’anno. Potranno rappresentare una città ed una terra parlamentaria quelli soltanto i quali avranno in Sicilia una rendita, come sopra, di once centocinquanta all’anno. Se per rappresentare una delle Università venissero eletti dei cattedratici, costoro solamente saranno esenti dall’obbligo di giustificare la rendita per tutti gli altri prescritta. Art. 56 – I funzionari pubblici non potranno essere eletti rappresentanti ne’ distretti e ne’ comuni compresi nell’ambito della loro giurisdizione. Tali concessioni si intendono come non mai avvenute, né promesse, né fatte qualora la Sicilia non rientri immediatamente sotto l’autorità del legittimo sovrano, perché, se dovesse il Real esercito militarmente agire per rioccupar quella parte dei Reali dominii, la stessa si esporrebbe a tutti i danni della guerra e a perdere i vantaggi che le assicurano le segnate concessioni. Ferdinando Gaeta, 28 febbraio 1849. FONTE: A. Aquarone, M. D’Addio e G. Negri, Le Costituzioni italiane, Edizioni Comunità, Milano 1958. |
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