COSTITUZIONE

DEL REGNO DI NAPOLI DEL 1815

 

 

Titolo I

Basi fondamentali

 

Art. 1 – Il governo del regno di Napoli è una monarchia costituzionale ereditaria.

Art. 2 – La costituzione è rappresentativa.

Art. 3 – La rappresentanza nazionale si compone del re, e di un parlamento, diviso in due camere, cioè il Senato ed il Consiglio de’ notabili.

Art. 4 – L’autorità esecutiva appartiene esclusivamente al re.

Art. 5 – L’autorità legislativa appartiene alla rappresentanza nazionale, quindi niuna legge può farsi, abrogarsi, o modificarsi senza il concorso dell’intiera rappresentanza nazionale.

Art. 6 – Niuna imposta può crearsi, né percepirsi: niuna leva di truppe può farsi (eccetto l’arruolamento volontario) se non in vigore di una legge, e quindi del consenso della nazione, espresso per mezzo della rappresentanza nazionale.

Art. 7 – La Religione cattolica, apostolica romana è la religione dello Stato; niuno però potrà molestarsi per le sue opinioni religiose, quando altronde conformisi alle leggi nelle azioni esteriori.

Art. 8 – I Ministri sono responsabili.

Art. 9 – Il potere giudiziario è indipendente quanto all’esercizio delle attribuzioni che la legge gli delega.

Art. 10 – Il regno si divide in provincie, ciascuna delle quali ha un’amministrazione particolare sotto l’autorità del governo per i suoi interessi locali.

Art. 11 – Le provincie si compongono di comuni aventi ognuna la propria amministrazione, sotto l’autorità dell’amministrazione provinciale e del governo.

Art. 12 – Ogni altra divisione di provincia forma sezione di provincia, giammai amministrazione particolare.

Art. 13 – Tutti i napoletani senza alcuna eccezione, sono ugualmente soggetti alle leggi, che regolano i loro diritti ed i loro doveri.

Art. 14 – Niuna distinzione può farsi, né privilegio alcuno accordarsi nella distribuzione de’ pubblici impieghi. La libertà individuale, ed il diritto di proprietà sono ugualmente garantiti a ciascuno dalla costituzione.

 

Titolo II

Del re

 

Art. 15 – Il re è il capo supremo dello Stato. La sua persona è sacra. Egli non va soggetto ad alcuna responsabilità.

Art. 16 – Il Re porta il titolo di Maestà Napoletana.

Art. 17 – Concorre alla formazione delle leggi, le sanziona e le fa promulgare, come verrà detto nel titolo 12.

Art. 18 – Egli ha il diritto di convocare, di aggiornare, di prorogare il parlamento e di sciogliere il Consiglio de’ notabili.

Art. 19 – Ha pienamente nelle sue attribuzioni il potere di far eseguire le leggi, e pubblica a questo effetto i decreti, i regolamenti, e le ordinanze che giudica necessarie.

Art. 20 – Ogni giustizia emana da lui, e si rende in di lui nome da magistrati di sua scelta, ma inamovibili. Egli vigila perché sia resa prontamente e compiutamente in tutta la estensione del regno.

Art. 21 – Egli ha il diritto di far grazia e di commutare le pene, toltine i casi fissati dalla legge.

Art. 22 – Egli nomina i senatori e distribuisce gli onori, i titoli e le distinzioni di ogni genere, che le leggi ammettono nello Stato.

Art. 23 – Egli nomina a tutti gli impieghi giudiziari, amministrativi, ecclesiastici e militari.

Art. 24 – Egli accorda le pensioni e le ricompense cui la legge dà diritto per pubblici servigi.

Art. 25 – Egli ordina e sorveglia la fabbricazione delle monete, il di cui peso e titolo è regolato dalle leggi. Le monete portano la sua effigie e il suo nome.

Art. 26 – Egli è generalissimo delle truppe di terra e di mare, e ne prescrive l’organizzazione, la disciplina, il movimento. A lui solo appartiene il diritto di levare armate, allestire flotte, costruire fortezze, e provvedere con ogni mezzo autorizzato dalle leggi alla sicurezza interna ed esterna del regno.

Art. 27 – Egli dirige le relazioni politiche e commerciali colle altre potenze, invia e riceve ambasciatori e ministri, nomina ed ammette i consoli ed altri agenti, a misura che lo crede utile agli interessi della nazione, e conforme alla dignità della corona.

Art. 28 – Il re può dichiarare la guerra e fare la pace. Può negoziare e conchiudere trattati di alleanza e di commercio, fuorché nulla contengano di contrario ai privilegi della nazione, ed alle disposizioni delle leggi in vigore.

Egli comunica al Senato ed al Consiglio de’ notabili i motivi ed i risultati delle negoziazioni intraprese, tosto che gli interessi dello Stato non esigono che simili affari rimangano segreti.

Art. 29 – Niun atto di estraneo potere qualunque può pubblicarsi nel regno, né ammettersi da ordine alcuno di cittadini, o da alcuna corporazione senza l’autorizzazione del re, che non la accorda, se non quando simili atti in nulla offendono i diritti, ed i privilegi della nazione, né quelli dei particolari.

Art. 30 – Lo Stato mantiene per la guardia del re un corpo di 2000 uomini.

Art. 31 – Nell’anno del suo avvenimento al trono, o essendo minore della sua maggiorità, presta il re in presenza del Senato e del Consiglio de’ notabili il seguente giuramento:

“Io giuro di governare secondo la costituzione e le leggi dello Stato; di rispettare e far rispettare la libertà individuale, di non sofferire che il diritto di proprietà sia violato; di non interrompere giammai il corso della giustizia, e di non porre in uso il mio potere, se non per la gloria e per la felicità della nazione napoletana”.

 

Titolo III

Della successione alla corona

 

Art. 32 – La corona di Napoli è ereditaria nella discendenza mascolina per ordine di primogenitura e con diritto di rappresentanza nella linea mascolina.

Art. 33 – Il figlio del re, erede presuntivo della corona, porta il titolo di principe reale.

Art. 34 – Per una eccezione che non potrà mai rinnovarsi, ed attesa l’alta saviezza, che distingue la regina Maria Carolina Bonaparte, come ancora i servigi resi allo Stato, segnatamente nella reggenza avutane durante le guerre che ce ne allontanarono il re, viene a lei devoluto il diritto di regnare dopo di lui, e l’ordine di successione stabilito colla costituzione presente, non incomincerà sulla testa del principe ereditario se non appresso la morte della regina.

Art. 35 – Uno statuto particolare regolerà l’ordine della successione alla corona, nel caso che mancasse la discendenza mascolina. Il re si riserva di presentare un tale statuto al Parlamento.

 

Titolo IV

Della reggenza e delle cure del re minore

 

Art. 36 – La maggiorità del re di Napoli è fissata a diciotto anni compiuti.

Art. 37 – Durante la minorità del re, vi ha una reggenza.

Art. 38 – Il Re può conferire la reggenza, come ancora la cura del re minore, che debba succedergli.

Art. 39 – Il reggente nominato dal re, debbe essere scelto tra principi della famiglia reale in età d’oltre 25 anni, o tra i ministri, ed i grandi uffiziali della corona.

Art. 40 – Devolvendosi il trono ad un re minore, senza che il re suo predecessore abbia disposto della reggenza, questa appartiene di diritto alla regina madre qualora esista.

Art. 41 – Se non avvi regina madre, la reggenza appartiene al principe della famiglia reale in età di 25 anni compiti, il più prossimo in grado nell’ordine di eredità.

Art. 42 – Se non avendo il re designato reggente, e niuno dei principi della famiglia reale trovasi in età d’anni 25 compiti, i ministri in esercizio, i grandi uffiziali della corona, l’arcivescovo di Napoli, il più antico de’ dignitarii dell’ordine reale, il più antico de’ presidenti delle sezioni di Consiglio di Stato, il più antico de’ tenenti generali, il presidente della corte di cassazione, quello della corte de’ conti, riuniti tutti sotto la cura e presidenza del ministro più antico nel ministero, conferiranno la reggenza alla maggiorità assoluta di voti. In caso di parità tra due concorrenti, il più antico sarà preferito, ed in eguaglianza di età deciderà la sorte.

Art. 43 – Se il re minore viene a morire lasciando un fratello, erede del trono, la reggenza quale trovasi stabilita alla di lui morte, continua senza niuna formalità novella, sino alla maggiorità del nuovo re.

Art. 44 – Se la regina madre essendo reggente, viene il re minore a morire, lasciando il trono ad un re anche minore, che non sia figlio della regina; questa cessa di esercitare la reggenza, e dovrà provvedere in conformità di ciò che si dispone negli articoli 41, 42 e seguenti.

Art. 45 – Se per l’età minore del principe chiamato alla reggenza nell’ordine d’eredità, trovasi questa conferita ad un parente più rimoto, o ad un de’ grandi uffiziali della corona, il reggente entrato in esercizio, continua le sue funzioni sino alla maggiorità del re.

Art. 46 – In caso di morte del reggente, provvedesi alla reggenza, come questa si aprisse per l’avvenimento del re minore, ed il principe che dopo la morte dell’ultimo re fosse divenuto abile ad esercitarla, rientra ne’ suoi diritti.

Art. 47 – La regina reggente, o il reggente esercitano sino alla maggiorità del re, in di lui nome, e col parere del consiglio di reggenza, tutte le attribuzioni dell’autorità reale; non potendo tuttavia nominare né grandi uffiziali della corona, né senatori; e aventi solo la facoltà di fare delle nomine provvisorie per gli altri impieghi, le di cui funzioni siano a vita. Tali nomine provvisorie non divengono definitive, se non mediante la conferma del re, un anno dopo la di lui maggiorità.

Art. 48 – La regina reggente od il reggente, debbono prendere il parere del consiglio di reggenza in tutti gli affari dello Stato.

Art. 49 – Il consiglio di reggenza è composto:

– De’ ministri, che trovansi in esercizio all’avvenimento del re minore, e che restano inamovibili durante la sua minorità;

– De’ grandi ufficiali della corona i più antichi;

– Del presidente della corte di cassazione;

– Del presidente della corte de’ conti.

Art. 50 – I membri del consiglio di reggenza hanno voce deliberativa; ed il parere della maggioranza debbe venire adottato qualora si tratti:

1) Di conferire la cura del re minore;

2) Di trattare il suo matrimonio;

3) Di dichiarare la guerra;

4) Di ratificare un trattato di pace, di alleanza o di commercio;

5) Di convocare il Senato, o il Consiglio de’ notabili, e di chiudere le loro sessioni;

6) Di sciogliere il Consiglio de’ notabili;

7) Di fissare progetti d’inviarsi alle due Camere, o di sanzionare gli atti, che le medesime hanno deliberato;

8) Di nominare ad un ministero in caso di morte, o dimissione di un ministro: divenendo per diritto il nominato uno de’ membri del consiglio di reggenza, ed inamovibile davanti le minorità;

9) Di pronunziare sulle domande di grazia, facendo in ciò il consiglio di reggenza le funzioni del consiglio privato.

Art. 51 – In tutte le altre materie il consiglio di reggenza non ha che voce consultiva.

Art. 52 – In caso di divisione nelle deliberazioni del consiglio di reggenza, la voce della regina reggente, o del reggente hanno la preponderanza.

Art. 53 – Se il presidente della corte di cassazione, o di quella de’ conti, vengono o a morire o a dimettersi durante la minorità la regina reggente, o il reggente suppliscono alle funzioni del loro impiego con una nomina provvisoria: ma i nuovi magistrati non entrano nel consiglio di reggenza.

Art. 54 – In ogni caso che voglia il re stabilire una reggenza, per doversi allontanare dal regno potrà conferirla, regolarla, e comporre il consiglio, come stimerà più conforme alle sue intenzioni ed al bene dello Stato.

Art. 55 – In mancanza di disposizione dell’ultimo re la cura del re minore appartiene per diritto a sua madre, e non esistendo essa, al principe del sangue in età di anni 25 almeno, il più prossimo dopo il reggente nell’ordine d’eredità, e non discendente da questo.

Art. 56 – In mancanza del principe del sangue in età d’anni 25 e non discendente dal reggente, la cura del re minore, si conferisce dal consiglio di reggenza deliberante in conformità dell’art. 50.

Art. 57 – All’apertura della prima sessione del Parlamento, consecutiva all’avvenimento del re minore, la regina reggente, od il reggente prestano il giuramento che segue, al re assiso sul trono, circondato da’ ministri, da’ grandi ufficiali della corona, da due magistrati, membri del consiglio di reggenza e da’ consiglieri di Stato, in presenza del Senato e del Consiglio de’ notabili riuniti:

“Io giuro fedeltà al re. Giuro di esercitare la reggenza in conformità della costituzione e delle leggi, per i soli interessi del re, e della nazione napoletana, che riguarderò sempre come inseparabili”.

Art. 58 – Il tesoro e le rendite della casa reale, sono totalmente distinte dal tesoro dello Stato.

 

Titolo V

Della lista civile e del mantenimento della famiglia reale

 

Art. 59 – Il re ha la libera amministrazione, e godimento del demanio della corona, quale trovasi attualmente, e che resta inalienabile.

Art. 60 – Gode inoltre a titolo di lista civile, sul tesoro dello Stato, di una somma bastante a sostenere lo splendore del trono, e che vien determinata dalla rappresentanza nazionale al principio di ogni regno, per tutta la durata del regno medesimo.

Art. 61 – Il re nomina un intendente o amministratore del demanio della corona, e della lista civile, ch’esercita tutte le azioni giudiziarie del re, e contro di cui dirigonsi tutte le azioni a carico del re medesimo, e se ne pronunziano i giudizii. Le condanne ottenute da creditori del demanio della corona, o della lista civile verranno personalmente eseguite contro l’amministratore, e sopra i di lui beni.

Art. 62 – Le regine vedove godono a titolo di assegnamento vedovile un’annua rendita pagabile sul tesoro dello Stato, ed uguale al decimo della somma pagabile annualmente dal tesoro medesimo, a titolo di lista civile durante il regno del re defunto.

Art. 63 – Il principe reale giunto all’età di anni 18, gode a titolo di appannaggio un’annua rendita sul tesoro dello Stato eguale al duodecimo della somma, che si paga dal tesoro medesimo per la lista civile del re.

Art. 64 – I figli cadetti del re, giunti all’età medesima, godono una rendita di appannaggio sul tesoro dello Stato, eguale alla metà di quella fissata pel principe reale.

Art. 65 – Le principesse figlie del re, giunte del pari all’età di anni 18, ottengono sino al loro matrimonio, sul tesoro dello Stato, un’annua rendita, eguale a due terzi di quello di cui godono i principi cadetti.

Art. 66 – Allorquando una principessa figlia del re si marita, la di lei dote pagabile sul tesoro dello Stato, è eguale al decimo dell’annua somma pagata dallo stesso tesoro per la lista civile al tempo del matrimonio.

Art. 67 – Il re può disporre come più stima, e senza restrizione alcuna, de’ beni ch’egli possiede al suo avvenimento al trono, o che indi acquista a titolo singolare; ma non disponendone, tanti beni si riuniscono di pieno diritto al demanio della corona dopo la di lui morte, ed al pari di tutti gli altri appartenenti a questo demanio divengono inalienabili.

 

Titolo VI

De’ grandi ufficiali della corona

 

Art. 68 – I grandi ufficiali della corona sono in numero di sei, cioè:

– Un grande Elemosiniere.

– Un grande Ciamberlano.

– Un gran Maresciallo.

– Un grande Scudiere.

– Un gran Cacciatore.

– Un gran Maestro di cerimonie.

Art. 69 – Gli impieghi di grandi ufficiali della corona sono compatibili con tutti gli altri dello Stato.

Art. 70 – I grandi ufficiali della corona sono inamovibili.

Art. 71 – Se per un atto della volontà del re, o per altra causa qualunque, un grande ufficiale della corona cessa dalle sue funzioni, conserva sempre il suo grado, il suo titolo, e le sue prerogative.

 

Titolo VII

De’ ministri

 

Art. 72 – Il re esercita la sua autorità per mezzo di ministri, che egli nomina e congeda a suo volere, ne determina il numero e ne fissa le attribuzioni con regolamenti, che comunica alle due camere del Parlamento.

Art. 73 – I ministri possono essere membri del Senato o del Consiglio de’ notabili.

Hanno l’ingresso e i loro posti contrassegnati nell’una e nell’altra Camera, e debbono esservi intesi qualora lo richieggano.

Art. 74 – Ogni ordine del re deve essere contrassegnato da un ministro.

Art. 75 – I conti che i ministri rendono al re e segnatamente i conti annui e generali delle finanze, del tesoro dello Stato, vengono messi sotto gli occhi del Parlamento, e renduti pubblici per via della stampa.

Art. 76 – I ministri sono responsabili di ogni violazione della costituzione, e delle leggi del regno, di ogni abuso del denaro pubblico, e di ogni atto che avesse manifestamente compromesso l’interesse o la sicurezza del re e dello Stato.

Art. 77 – Per ogni atto che non rechi una contravvenzione formale, diretta alla costituzione ed alle leggi, cesserà le responsabilità personale de’ ministri, qualora consti che la determinazione presa, siasi deliberata e risoluta in consiglio del re, composto almeno di 5 suoi consiglieri, ministri od altri.

In questo caso, l’azione di risponsabilità, non potrà esercitarsi contro il ministro esecutore, se non in quanto si eserciti nel tempo stesso contro del consiglio intiero, o contro quelli de’ suoi membri, i di cui voti abbiano provocato l’atto in quistione.

Art. 78 – I ministri accusati non potranno mai addurre in loro discolpa ordini del re contrarii alla costituzione, o alle leggi, o al bene dello Stato; dovendo simili ordini riguardarsi non mai come espressione della sua volontà, ma come errori, in cui siasi indotto il sovrano, e da cui i ministri avrebbero dovuto garantirlo.

Art. 79 – Le accuse contro i ministri e consiglieri del re non possono prodursi che al Consiglio dei notabili. Il Senato le giudica, ed i prevenuti hanno il diritto di essere intesi. Una legge determinerà la forma, e le solennità di procedura da osservarsi su tali accuse, ed in tali giudizi.

Art. 80 – I giudizi che saranno resi dal Senato contro i ministri e consiglieri, debbono sottoporsi alla sanzione del re, che in questo caso non può far grazia.

 

Titolo VIII

Del Consiglio di Stato

 

Art. 81 – Il Consiglio di Stato è composto di ministri in esercizio, di consiglieri di Stato, di relatori e di alti ufficiali, che il re crede a proposito di nominare.

Art. 82 – Il re determina e regola a suo giudizio, le attribuzioni ed il travaglio del Consiglio di Stato e de’ membri che lo compongono per la preparazione delle leggi e di atti che debbono presentarsi al Parlamento; come ancora dei regolamenti e disposizioni di ogni genere che concernono l’esecuzione delle leggi, e l’andamento generale dell’amministrazione e degli affari del regno.

Art. 83 – Nelle materie contenziose, le attribuzioni del Consiglio di Stato vengono determinate dalle leggi.

 

Titolo IX

Del Senato

 

Art. 84 – Il numero dei senatori è indeterminato. Tuttavia non può il Senato comporsi di un numero di membri inferiore al triplo del numero delle provincie del regno.

Art. 85 – Fino all’anno 1825 il numero de’ senatori non potrà eccedere il numero sei volte preso delle provincie del regno.

Art. 86 – I senatori si nominano a vita dal re tra le persone titolate.

Art. 87 – Nel Senato vi sono sempre sei senatori ecclesiastici almeno, scelti fra gli arcivescovi e vescovi del regno.

Art. 88 – Il re può rendere ereditaria la dignità di senatore in favore di quei che possiedono de’ maggioraschi, formando la dotazione de’ loro titoli.

Art. 89 – Avanti che spiri l’anno 1821 non potranno esservi più di 25 dignità senatorie ereditarie.

Art. 90 – Dopo l’anno 1820, non potranno mai in un anno medesimo, stabilirsene più di cinque.

Art. 91 – Niuno potrà nominarsi senatore prima dell’età di anni 30.

Art. 92 – I senatori ereditarii hanno luogo in Senato, e voce consultiva a 25 anni. Non vi hanno la deliberativa che a trenta.

Art. 93 – Il grado de’ senatori fra loro è regolato secondo quello de’ loro titoli.

Art. 94 – I principi della famiglia reale sono senatori per diritto di nascita. Hanno nel Senato sedie distinte dopo il presidente e voce deliberativa a 25 anni.

Art. 95 – I principi non possono sedere in senato che d’ordine del re, espresso ad ogni sessione per un messaggio, sotto pena di nullità di tutto ciò che altrimenti facciasi in loro presenza.

Art. 96 – Non può il Senato adunarsi se non in forza di lettere di convocazione spedite per ordine del re dal ministro incaricatone.

Art. 97 – Ad ogni sessione del parlamento, e prima del giorno destinato dalle lettere di convocazione, il re nomina un presidente, ed un vicepresidente del Senato.

 

Titolo

Del Consiglio de’ notabili

 

Art. 98. Il Consiglio de’ notabili si compone di deputati:

– Delle provincie;

– Delle città;

– Del commercio;

– Dell’Università di Napoli;

– Delle corti d’appello del regno.

Art. 99 – Niuno potrà scegliersi deputato delle provincie, o delle città se non abbia l’età di anni 30, e se non paghi una contribuzione diretta di ducati quaranta almeno, o non sia figlio di genitori che non paghino tale contribuzione. A quest’effetto in ogni distretto ed in ogni città, aventi diritto di deputazione, si formerà prima della scelta una lista di eleggibili.

Art. 100 – Nella formazione di questa lista in ogni distretto, si avrà non solo riguardo alla contribuzione che ogni contribuente paga nel distretto di suo domicilio, ma benanche a quella di cui giustificherà essere caricato in altri distretti.

Art. 101 – Niuno potrà essere portato sulla lista degli eleggibili, se non di quel distretto, e di quelle città, in cui abbia dichiarato il suo domicilio di diritto.

Art. 102 – Nell’epoche che saranno determinate dal re, i sindaci di ogni distretto insieme con un elettore specialmente nominato da ogni comune, si riuniranno nella città capo luogo del distretto, e sotto la presidenza del sindaco di questa nomineranno alla maggiorità assoluta di voci due deputati, l’uno de’ quali dovrà essere necessariamente scelto fra gli eleggibili del distretto e l’altro indifferentemente tra questi, o tra gli eleggibili di altri distretti e città delle provincie. Nomineranno altresì, e colle medesime condizioni, due supplenti.

Art. 103 – I sindaci che non potranno intervenire all’assemblea del distretto, vi saranno suppliti dal loro aggiunto, o dal più antico membro del decurionato, che non si trovi impedito.

Art. 104 – Ogni città del regno capo luogo di provincia, o la di cui popolazione sorpassi 14.000 abitanti, nominerà un deputato.

Art. 105 – La città di Napoli ne nomina sei.

Art. 106 – Questa nomina si farà in Napoli nella forma seguente, alla presenza del consiglio municipale. Tra i contribuenti che avendo giustificato di pagare quaranta ducati di contribuzione, si trovino portati sulla lista degli eleggibili della città, si tireranno primieramente a sorte 60 nomi di cittadini domiciliati nella città medesima. Riunitisi indi questi nel giorno e senza separarsi, nomineranno alla maggiorità assoluta di voci sei candidati, niuno de’ quali potrà prendersi fra i 60 elettori.

Art. 107 – Nel giorno seguente a questa nomina, si tireranno dalla stessa urna, contenente i nomi di tutti gli eleggibili, altri 60 nomi, ed i nuovi 60 elettori nomineranno altri sei candidati.

Niuno de’ nuovi elettori potrà essere compreso in questa nomina, ma potranno bensì comprendervisi quelli del giorno innanzi.

Art. 108 – Nel dì consecutivo sotto la presidenza del sindaco, alla presenza del corpo municipale e di 120 elettori, si metteranno in un’urna separata i sei nomi risultanti da ciascuna elezione; tre di essi verranno estratti da ogni urna, ed i sei candidati che indicheranno, saranno i deputati della città.

Art. 109 – Dopo questa operazione, i nomi restanti nelle due urne verranno messi in una sola, ed estratti successivamente: l’ordine col quale usciranno, determinerà quello col quale i sei candidati saranno chiamati come supplenti al rimpiazzo dei deputati della città in caso di loro morte, o perentorio impedimento.

Art. 110 – Le formalità medesime si osserveranno nelle altre città del regno, ove ogni corpo di 60 elettori nominerà un solo candidato. I due nomi saranno posti in un’urna medesima, e la sorte indicherà il deputato della città che avrà per supplente l’altro candidato.

Art. 111 – Se in una città non trovansi 200 contribuenti che paghino ducati quaranta di contribuzione, i cento venti elettori saranno estratti a sorte tra i 240 contribuenti che pagano nella città medesima la contribuzione maggiore.

Art. 112 – Ogni elettore indicato nella sorte, che non si presenti all’ora stabilita per l’elezione, verrà rimpiazzato da un altro cittadino, il di cui nome si estrarrà dall’urna in presenza degli elettori riuniti, né quello potrà nominarsi candidato, qualunque causa lo abbia impedito di presentarsi.

Art. 113 I deputati al Consiglio de’ notabili saranno eletti per cinque anni, ed in ogni anno rimpiazzati per la quinta parte.

Art. 114 – Cinque serie di rimpiazzi saranno determinate dal re, e la sorte regola tali serie.

Art. 115 – Se usando del suo privilegio il re scioglie il Consiglio de’ notabili, l’ordine della serie dovrà nuovamente regolarsi dalla sorte, in conformità dell’articolo precedente.

Art. 116 – Il commercio del regno avrà cinque deputati al Consiglio dei notabili. Saranno essi scelti da un collegio di 10 negozianti del regno, nominati a vita dal re, su di una doppia lista presentata dalla camera di commercio di Napoli.

Art. 117 – L’università di Napoli nominerà due deputati alla maggiorità assoluta delle voci dei membri che la compongono.

Art. 118 – Ogni corte d’appello del regno nominerà un deputato preso fuori dal suo seno, ed alla maggiorità delle voci de’ suoi membri, compresi i procuratori generali, ed i loro sostituti. In caso di parità tra due concorrenti, verrà preferito chi abbia più anni. In eguaglianza di anni deciderà la sorte.

Art. 119 – Per essere deputato a nomina del commercio, dell’università, e delle corti d’appello, basta di essere cittadino originario del regno, ed in età di anni 30.

Art. 120 – I deputati del Consiglio de’ notabili possono ritenere gli impieghi che occupano al momento della loro nomina. Ognuno però in essi, che durante il suo esercizio quinquennale accetti un impiego od una pensione del governo, cessa nell’istante di far parte della camera, e vi è rimpiazzato dal suo supplente.

Art. 121 – Nel cominciamento di ogni sessione il Consiglio de’ notabili nomina cinque candidati, tra quali il re designa un presidente ed un vice‑presidente della camera.

 

Titolo XI

Disposizioni comuni alle due Camere

 

Art. 122 – Il Senato ed il Consiglio de’ notabili concorrono ugualmente alla formazione delle leggi, nel modo che si stabilisce in appresso.

Art. 123 – Le due camere debbono riunirsi in ogni anno. Esse verranno sempre convocate, aggiornate, e prorogate in un medesimo tempo.

Art. 124 – Qualunque riunione delle due camere, o di una tra esse, senza convocazione, o dopo l’aggiornamento, o la prorogazione del re, o dopo lo scioglimento del Consiglio de’ notabili, verrà considerata e trattata come un atto flagrante di ribellione contro la costituzione dello Stato.

Art. 125 – L’apertura e la chiusura della sessione del Parlamento si fa dal re, o da una delegazione reale al Senato, in cui chiamasi ad intervenire il Consiglio de’ notabili,

Art. 126 – Le formalità da osservarsi nel ricevimento del re, o delegazione reale al Parlamento, vengono regolate dal re medesimo.

Art. 127 – Tutte le comunicazioni necessarie tra le due camere ed il governo, hanno luogo per mezzo di un ministro che n’è specialmente incaricato.

Art. 128 – Nella morte del re, il Parlamento è prorogato per dritto; né l’una né l’altra camera possono più riunirsi, senza una convocazione del nuovo sovrano, o della reggenza in caso di minorità.

Art. 129 – I membri delle due camere sono inviolabili per tutto ciò che riguarda gli atti delle loro attribuzioni. Non possono essi inquisirsi giammai sotto qualunque titolo o pretesto, per le opinioni, o per i voti che abbiano emessi.

Art. 130 – I membri del Senato o del Consiglio de’ notabili non possono venire arrestati durante la sessione del Parlamento, senza l’autorizzazione della camera, cui appartengono, o nel caso di flagrante violenza.

Art. 131 – Se un membro del Senato o del Consiglio de’ notabili viene arrestato nel caso previsto coll’articolo antecedente, dovrà porsi a disposizione della camera di cui è membro, entro lo spazio di 24 ore.

Art. 132 – Ciascuna delle due camere esercita la polizia nelle sale delle sue sedute e nel recinto che ne dipende. Può in conseguenza pronunciare contro i propri membri, o altri individui che ne abbiano turbato l’ordine, una punizione non eccedente un mese di prigionia, salvo il rinvio del prevenuto ai tribunali, se vi abbia luogo, quando siasi incorso in pene più gravi indipendentemente da quella pronunziata dalla camera.

Art. 133 – Le due camere si dividono in commissioni per l’esame delle materie loro sottoposte dal re.

Art. 134 – Alcuna camera può supplicare di prendere in considerazione oggetti legislativi o amministrativi, o anche affari particolari, che si riferiscono ad interessi pubblici, come il mantenimento della libertà individuale e del diritto di proprietà o di altro diritto garantito dalla costituzione, e dalle leggi. Ma su tali oggetti non possono le camere farsi tra loro alcuna comunicazione, né prendere l’iniziativa per la redazione di alcun progetto di legge o di regolamento.

Art. 135 – Le due camere hanno la facoltà di ricevere petizioni e d’interpellare testimonii sui fatti che stimeranno a proposito di verificare; affinché sempre possano col loro intervento proteggere i diritti di ogni cittadino.

Art. 136 – Le petizioni ad ambo le camere debbono farsi per iscritto, ed i petizionari non possono in caso alcuno essere intesi né al Senato né al Consiglio de’ notabili, sia personalmente sia col mezzo d’incaricati.

Art. 137 – I testimonii non possono rispondere se non sulle domande di fatto che loro dirigonsi, e che saranno prima determinate nella camera. Né il presidente, né membro alcuno possono aggiungere nulla a tali domande, né i testimonii parlare più di una volta su ciascuna di esse.

Le loro deliberazioni verranno redatte in iscritto alla loro presenza e contrassegnate da loro.

Art. 138 – Ciascuna camera ha un segretario, redattore e conservatore nominato dalla medesima. Egli è responsabile del registro de’ processi verbali, e ne ha la custodia sotto la vigilanza del presidente.

Il numero e le funzioni degli altri uffiziali ed impiegati necessarii in ciascuna camera verrà determinato dal re sulla proposta de’ presidenti.

Art. 139 – Le sedute delle due camere sono pubbliche, ma la dimanda di un terzo de’ membri presenti sarà bastante perché ciascuna camera si formi in comitato secreto.

Similmente dovranno le camere deferire ad ogni invito del re per la discussione in comitato segreto di affari che non converrebbe discutere altrimenti, salvo di render pubbliche le loro deliberazioni quando alla maggioranza di oltre due terzi credono che possa farsi senza inconvenienti.

 

Titolo XII

Delle leggi e degli atti del Parlamento

 

Art. 140 – La proposizione delle leggi e di tutti gli atti che debbono per loro natura discutersi nelle due camere del Parlamento appartiene al re.

Art. 141 – La proposizione della legge annua sulle finanze, ed ogni proposizione di legge o atto concernente le contribuzioni pubbliche vengono prima comunicate al Consiglio dei notabili né passano a senato dopo la deliberazione di quello.

Art. 142 – Le proposizioni di legge o atti, sia di ogni altra materia, possono, a grado del re, portarsi prima al senato, od al Consiglio de’ notabili.

Art. 143 – Tutte le leggi esistenti e contrarie alla presente costituzione, rimanendo in vigore, il re farà attendere alla revisione de’ diversi rami di legislazione affine di perfezionarli, coordinarli, metterli in armonia tra loro in modo da formare nelle parti e nel tutto un corpo compiuto e regolare di leggi.

Questo lavoro verrà presentato alla deliberazione del Parlamento.

Art. 144 – I progetti di legge da presentarsi al Parlamento, verranno tutti preparati e discussi alla presenza del re, quando egli lo stimi a proposito, mediante una commissione di ministri e di consiglieri formata a suo piacimento, o mediante l’intiero Consiglio di Stato. Allorquando il re approverà i progetti sottomessigli e stimerà che possano discutersi al Parlamento, egli ne ordinerà l’invio ad una delle due camere colla formola seguente:

“Rinviato al Senato (o al Consiglio de’ notabili) per essere esaminato dal Parlamento”.

Art. 145 – I progetti di legge potranno rimettersi al Parlamento, o con un semplice dispaccio del ministro incaricatone, diretto al presidente della camera, cui il re ordina il rinvio, o per mezzo di commissari specialmente delegati dal re a quest’effetto, e de’ quali il ministro avrà annunciata la missione.

Art. 146 – I commissari nominati esporranno alla camera i motivi de’ progetti che recano. Avranno la facoltà di assistere, e prender parte alle discussioni nell’una e nell’altra camera, ed a quest’effetto il presidente ne farà loro conoscere il giorno destinato. Non avranno però in caso alcuno voce deliberativa.

Art. 147 – Allorché un progetto è rimesso al Parlamento, la camera che lo riceve ne fa subito il rinvio ad una delle commissioni indicate nell’art. 133, né può aprirsene la discussione, che sul rapporto della commissione medesima.

Art. 148 – Approvato da una camera il progetto ricevuto, il presidente lo trasmette al presidente dell’altra, e ne previene il ministro.

Art. 149 – La camera cui il progetto è stato trasmesso, lo rinvia come la prima, ad una delle commissioni menzionate nell’art. 133, e sul di lei rapporto ne apre la discussione.

Art. 150 – Insorgendo obbiezioni al Parlamento sui progetti presentativi per ordine del re, o proponendosi delle modificazioni, le commissioni, se ve ne sono, o i consiglieri che hanno presentati i progetti, possono sull’autorizzazione del re concertarsi colle commissioni di ambo le camere, affine di appianare le difficoltà, e di concorrere ad una redazione, che secondi le vedute del re e del Parlamento.

Art. 151 – Il re può in ogni tempo richiamare i progetti che ha fatto rimettere al Parlamento, o per modificarli o per sopprimerli se lo stima a proposito.

Art. 152 – Allorché un progetto ha ricevuto l’approvazione delle due camere, il presidente di quella che lo ha esaminato in ultimo luogo, ne dirige al ministro una spedizione certificata e munita del suggello della camera. Ne dirige al tempo stesso una simile al presidente dell’altra camera, che ne ordina il deposito agli archivi.

Art. 153 – I progetti discussi ed adottati dalle due camere, non ottengono forza di legge, se non in quanto vengono promulgati dal re.

Art. 154 – La formola della promulgazione delle leggi è così concepita:

“... Per la grazia di Dio, e per la Costituzione dello Stato, re di Napoli: Abbiamo proclamato e proclamiamo come legge dello Stato le seguenti disposizioni, esaminate sulla nostra proposizione nelle due Camere del Parlamento; cioè: nel senato il giorno... e nel Consiglio de’ notabili il giorno...” nominando sempre in primo luogo quella delle due camere che avrà deliberata la prima.

Art. 155 – Ogni progetto adottato dalle due camere, e non promulgato dal re nello spazio di 30 giorni consecutivi a quello, in cui il presidente della camera ultima a discuterlo, ne fece la comunicazione al ministro, non può più acquistar forza di legge, se non dopo essere di nuovo rinviato al Parlamento e discussovi con tutte le solennità richieste.

 

Titolo XIII

Del potere giudiziario

 

Art. 156 – L’applicazione delle leggi nelle cause civili e criminali appartiene esclusivamente ai magistrati dell’ordine giudiziario, secondo le giurisdizioni determinate dalla legge.

Art. 157 – La corte di cassazione sarà conservata.

Art. 158 – I magistrati dell’ordine giudiziario non possono essere destituiti, se non in vigore di un giudizio, reso nelle forme prescritte dalla legge.

Art. 159 – Non possono essere sospesi, se non a cagione di una accusa, legalmente intentata ed ammessa.

Art. 160 – Nulla viene innovato relativamente ai giudici di pace.

Art. 161 – I corpi giudiziari non possono deliberare, che sui fatti contenziosi loro sottomessi. È ad essi vietato di fare regolamento alcuno, o di emettere sotto qualsiasi forma alcun avviso interpretativo della legge, la di cui applicazione possa estendersi ad altre quistioni, oltre quelle il di cui giudizio fu loro commesso.

Art. 162 – Tutti i cittadini dello Stato, sia in materia criminale sia in civile, sono egualmente sottomessi alle stesse giurisdizioni, senza eccezione, né privilegio.

Art. 163 – Niuno potrà essere sottratto a’ suoi giudici naturali. Resta quindi vietata ogni commissione straordinaria per l’esercizio delle funzioni giudiziarie.

Art. 164 – Tutte le corti speciali resteranno disciolte al pubblicarsi di questa costituzione. Non potrà giammai stabilirsene alcuna, se non in forza di questa legge speciale.

Art. 165 – Cogli articoli precedenti nulla s’intende innovato quanto alle giurisdizioni militari.

Art. 166 – La pena della confisca de’ beni rimane abolita.

Art. 167 – Contando al più tardi dall’anno 1816 l’ordine delle procedure criminali sarà regolato in guisa, che si pronunzi sulle quistioni di fatto da’ magistrati delle corti competenti, e da un numero eguale di giurì non magistrati. I soli giudici applicheranno la legge.

 

Titolo XIV

Delle amministrazioni provinciali

 

Art. 168 – Ogni provincia essendo capace di stabilimenti di rendite d’interesse che le sono propri, e che non dipendono da quelli appartenenti allo stato in corpo, o al corpo dello stato, avrà un procuratore Sindaco, specialmente incaricato d’invigilarvi.

Art. 169 – Questo procuratore Sindaco verrà nominato dal re per cinque anni sulla presentazione di tre candidati, fatta dal corpo elettorale de’ Sindaci, ed elettori speciali, allorché si riuniranno per l’elezione al Consiglio de’ notabili. Potrà egli essere continuato nelle sue funzioni finché il suo nome venga riprodotto tra quei candidati che presenterà il corpo elettorale.

Art. 170 – Il procuratore sindaco sarà membro aggiunto del consiglio d’intendenza, e del consiglio provinciale.

Art. 171 – Egli farà presso l’intendente tutte le istanze necessarie al compimento delle misure proposte dal consiglio di provincia, che abbia ottenuta l’approvazione del governo.

Art. 172 – Egli farà il controllo di tutti gli introiti ed esiti provinciali propriamente detti, come di quelli degli stabilimenti della provincia.

Art. 173 – I fondi appartenenti a ciascuna provincia, o ai suoi stabilimenti, non potranno sotto qualunque protesto distrarsi dalla destinazione avuta, e se ne renderà ogni anno un conto particolare.

 

Titolo XV

Delle amministrazioni comunali

 

Art. 174 – Dovendo i sindaci concorrere con gli elettori speciali d’ogni comune nelle elezioni de’ deputati delle provincie al Consiglio de’ notabili, la nomina de’ sindaci dovrà emanare da cittadini della comune ch’essi rappresenteranno in qualità di elettori.

Art. 175 – In conformità del disposto nell’articolo precedente, gli abitanti di ogni comune riuniti in parlamento generale, secondo le antiche prammatiche ed usi del regno, nomineranno il decurionato della comune, ed il decurionato farà la nomina del sindaco, salvo l’approvazione del governo, che non potrà negarsi senza motivo. Le funzioni de’ decurioni e de’ sindaci dureranno 5 anni.

Art. 176 – I Parlamenti generali delle comuni, all’epoca di riunirsi per la nomina de’ decurioni, designeranno prima di tutto i loro elettori speciali, di cui si è parlato all’art. 110. Questi elettori potranno in un tempo esser membri de’ decurionati qualora trovinsi destinati a tali funzioni dal voto de’ Parlamenti comunali.

Art. 177 – Le rendite comunali di ogni specie saranno esclusivamente applicate alle spese che i Parlamenti generali delle comuni, o i decurionati abbiano avuto in voto, ed il governo abbia approvato. Non potranno esse distrarsi da tale destinazione.

 

Titolo XVI

Disposizioni generali

 

Art. 178 – La carriera dei pubblici impieghi è aperta ad ogni napoletano senza distinzione alcuna.

Art. 179 – I pubblici impieghi non possono conferirsi nel regno che ad individui napoletani.

Art. 180 – La legge determina le condizioni necessarie, perché un estraneo possa essere naturalizzato e godere i diritti di cittadino napoletano.

Art. 181 – In qualunque epoca siasi la naturalizzazione ricevuta, o possa ottenersi, non vi è caso in cui renda un estraneo ammissibile al Senato, o al Consiglio de’ notabili, né agli impieghi di ministro, e di grande ufficiale della corona, dovendo tali impieghi appartenere in ogni tempo ai napoletani d’origine.

Art. 182 – Alla disposizione contenuta nell’articolo precedente, non potrà mai farsi alcuna eccezione, se non per eminenti servigi militari, e per un atto proposto dal re al Parlamento, discusso ed ammesso nelle sue camere.

Art. 183 – Nel regno di Napoli ogni cittadino ha diritto di far stampare e pubblicare le sue opinioni, salvo le disposizioni legislative, destinate a prevenire o reprimere gli abusi di tale libertà. Queste disposizioni verranno disposte dal re al primo Parlamento riunito costituzionalmente.

Art. 184 – Il diritto di proprietà è inviolabile. Niuno può essere privato di quello che possiede a giusto titolo se non a motivo di utilità pubblica, dichiarata dal governo, e per mezzo di una giusta e precedente indennità.

Art. 185 – Il debito pubblico è garantito, ed il pagamento delle rendite inscritte al gran libro a pro de’ creditori dello Stato, sarà sempre la prima e la più urgente spesa, cui il tesoro reale dovrà provvedere,

Art. 186 – Tutte le alienazioni fatte dal governo in qualunque tempo, ed a qualunque titolo, sono irrevocabili.

Art. 187 – Niuna alienazione di demanio, o di ogni altra proprietà dello Stato, potrà in avvenire aver luogo, se non in virtù di una legge, e colle formalità che la legge avrà prescritte.

Art. 188 – Il Parlamento verrà indispensabilmente convocato nel corso dell’anno presente, affine di deliberare sulla legge delle finanze per l’anno 1816.

 

Data dal nostro quartiere generale

Rimini, 30 marzo 1815.

Firmato

Gioachino Napoleone

Da parte del re, il ministro segr. di Stato

Firmato

Conte di Mosbourg

 

Pubblicata in Napoli, il 18 maggio 1815

 

 

 

 

 

FONTE:

A. Aquarone, M. D’Addio e G. Negri, Le Costituzioni italiane, Edizioni Comunità, Milano 1958.



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