STATUTO COSTITUZIONALE DEL REGNO D’ITALIA

(1805)

 

 

Proclama con cui fu pubblicato il primo Statuto Costituzionale

19 marzo 1805

 

La Consulta di Stato Ai Popoli del Regno d’Italia

 

Uno Stato nuovo creato in mezzo a tante commozioni politiche, non poteva tutto ad un tratto salire ad un grado tale di consistenza, di perfezione, di forza, che assicurarne per sempre potesse l’esistenza, il riposo e la prosperità. Il genio del fondatore, per quanto vasto ed ardito si fosse, doveva pur esso arrestarsi agli ostacoli che si opponevano, e la medesima penetrazione sua doveva consigliargli di non ispingere al di là di quello che permettevano le circostanze. Tale fu la sorte della nostra repubblica, allorché inaspettatamente la prima volta comparve sull’orizzonte politico dell’Europa.

Ella fece al certo un gran passo quando ne’ comizii radunati in Lione sotto gli auspizi e la mano del suo creatore, rifuse la costituzione, e proclamò un capo, i lumi ed il potere del quale l’avrebbero più rapidamente innalzata alla felicità ed alla considerazione, a cui le permetteva pretendere il suo destino.

Ma anche questa seconda organizzazione non poteva essere che precaria, onde non fece che conformarsi in quel punto alle combinazioni contemporanee, e commettersi per il seguito all’esperienza. Ha questa di fatti provato che molto mancava ancora al compimento dell’edifizio; e per quanto sieno state abili e pure le mani che vi hanno dato opera, la marcia era ancora troppo lenta per non accorgersi che le fondamenta ed i mezzi non erano per anche abbastanza, solide quelle, questi efficaci.

Alfine il grande esempio presentato dalla Francia terminò di convincere i più pertinaci, e l’esito il più felice ci disse ch’era tempo ormai ancora per noi di imitarla.

Da quell’istante la Consulta di Stato, incaricata per istituto di vegliare alla sicurezza della Repubblica, prese ad esaminare con quali modi operare un salutare cangiamento, prescritto non solo da quanto vedevamo operarsi d’intorno a noi, ma da un interesse ben anche più grande, quello cioè della nostra conservazione.

Già aveva essa comunicati i suoi pensieri e diretti i suoi voti all’augusto capo dello Stato; già gli aveva essa sottomesso il risultato delle sue meditazioni, quando fu invitata di recarsi a Parigi del pari che una numerosa deputazione composta di membri tratti da tutte le autorità costituite, onde assistere alla solenne incoronazione di Napoleone imperatore de’ Francesi.

Allora fu che avendo occasione di osservare più da vicino le opere luminose di questo genio prodigioso; che ammirando lo stato di prosperità e di gloria a cui egli ha d’un lampo di nuovo innalzata la nazione ch’egli governa; che vedendo per tutto regnare la tranquillità e la confidenza, la Consulta rivolse lo sguardo sulla patria, e non potette resistere ad invidiare per lei la felicità, di cui era venuta ad essere testimonio.

Per altra parte la Consulta era ognor tormentata dal pensiero di futuri pericoli né poteva dissimularsi quali, e quanti si sarebbero sempre uniti per far minaccia. Essa non dimenticava i disegni e gl’interessi d’altre potenze, ed il disequilibrio delle forze e il danno d’una posizione sì esposta, né quello delle attrattive del nostro territorio.

Giudicò dunque essa del dover suo di riassumere l’incominciato lavoro, e, riunendosi ai deputati, distinti tutti ugualmente per le cariche da loro sostenute, non che pel loro zelo e per i loro lumi, d’emettere di voce unanime il voto che tutti hanno creduto il più vantaggioso, e che senza fallo era di già formato da tutti i cuori.

Questo voto che l’amore e la gratitudine dettavano ed inculcavano inoltre con ugual forza, fu accolto. Napoleone è re d’Italia. La corona è ereditaria di maschio in maschio nella sua discendenza diretta e legittima, sia naturale, sia adottiva. Ma egli soltanto potrà riunire nella sua persona la corona d’Italia e quella di Francia; e tutti i successori di lui avranno a risiedere costantemente sul territorio della nostra repubblica.

È l’interesse nostro che ha condotto e mosso Napoleone ad acconsentirvi. Di fatti, questa corona egli ricusa di ritenerla, né la riterrà se non fino a tanto che questo interesse ne imporrà la legge alla sua saggezza ed all’affetto, che egli ci conserva: moderazione però fatale per noi, che, mentre potevamo lusingarci d’averlo a presidente per sempre, ci pone a rischio di non averlo a re che un istante: poiché se il suo regno va a cessare ogni volta che cesseranno i nostri pericoli, il genio suo e la sua preponderanza non lasceranno durar lungo tempo.

Avendo voluto porre un limite alla durata del suo potere, egli ne limiterà di più, e regolerà l’estensione e l’uso. Ci saranno date costituzioni che ci garantiranno la nostra religione, l’integrità del nostro territorio, l’uguaglianza dei diritti, la libertà politica e civile, l’irrevocabilità delle vendite de’ beni nazionali, il diritto esclusivo di coprire le cariche dello Stato; che riserberanno alla legge sola l’autorità di stabilire le imposizioni, e che insomma consacreranno, consolideranno tutti i grandi principii sopra i quali è fondato il vero bene dei popoli e la loro tranquillità. Napoleone ne ha assunto l’impegno: chi può dubitare che egli non voglia, che egli non sappia adempirlo?

Tali sono i risultati dello statuto costituzionale unito a questa proclama, cioè: la Consulta di Stato presieduta dal vice-presidente, ed i deputati per i collegi e per i corpi costituiti della repubblica italiana.

Considerando la posizione dell’Europa e quella della patria;

Sono d’unanime opinione:

1° – Che sia giunto il momento di dare l’ultima mano alle istituzioni, delle quali furono a Lione gittate le basi, e dichiarare a quest’effetto il governo della repubblica italiana monarchico ereditario, seguendo gli stessi principii che costituiscono il governo dell’impero francese;

2° – Che l’imperatore Napoleone primo, fondatore della repubblica sia dichiarato re d’Italia;

3° – Che il trono d’Italia sia ereditario di maschio in maschio nella sua discendenza per retta linea legittima, naturale o adottiva, escluse in perpetuo le femmine e loro discendenze; ben inteso che il diritto d’adozione conferitogli non possa estendersi ad altri che ad un individuo dell’impero francese o del regno d’Italia;

4° – Che la corona d’Italia non possa essere riunita alla corona di Francia, se non che nella sua persona; che tal facoltà sia interdetta a tutti e ciascuno de’ suoi successori, e che nessuno di essi possa regnare in Italia se non risiede nel territorio della repubblica italiana;

5° – Che l’imperatore Napoleone, vita sua natural durante, possa nominarsi un successore fra i suoi figli legittimi, sieno naturali od adottivi; diritto di cui egli non potrà però far uso senza compromettere la sicurezza, l’integrità, l’indipendenza di uno Stato, l’esistenza del quale è uno dei più bei pregi della sua gloria, sino a tanto che le armate francesi occuperanno il regno di Napoli, le armate russe Corfù, le forze britanniche Malta, e che la Penisola d’Italia sarà ad ogni momento minacciata d’aver a servire di campo di battaglia alle maggiori potenze d’Europa;

6° – Che la sicurezza dello Stato non permette la separazione delle corone di Francia e d’Italia, se non quando queste circostanze si saranno cangiate;

7° – Che regolato che sia il punto più importante per le nazioni, cioè la natura e la fissazione del potere supremo, sia l’imperatore Napoleone pregato di recarsi a Milano per assumervi la corona, e dopo avere sentita la Consulta di Stato e le deputazioni straordinarie de’ collegi, dare al regno una costituzione definitiva che garantisca al popolo la sua religione, l’integrità del suo territorio, l’eguaglianza dei diritti, la libertà politica e civile, l’irrevocabilità delle vendite de’ beni nazionali; alla legge sola la facoltà di stabilire le imposizioni, ed ai nazionali il diritto esclusivo d’essere chiamati a coprire le cariche dello Stato; principii tutti che l’imperatore ha consacrati colle leggi che ha già date all’Italia, e la proclamazione dei quali fu la prima voce che si fece intendere dalla sommità delle Alpi, tutte due le volte che egli ne discese per conquistare e liberare la patria;

8° – Che infine l’Europa dovrà essere convinta che tutte le parti del regno d’Italia sono ormai consolidate per sempre, e che nessuna ne può essere separata senza distruggere il principio sopra cui è fondato il tutto.

 

Parigi, lì 15 marzo 1805, anno IV.

 

Melzi, Marescalchi, Caprara, Paradisi, Fenaroli, Costabili, Luosi, Guicciardi, Guastavillani, Lambertenghi, Carlotti, Dabrowski, Rangone, Calepio, Litta, Fè, Alessandri, Salimbeni, Appiani, Busti, Giulini, Negri, Sopranzi, Valdrighi.

 

NAPOLEONE

Per la grazia di Dio e per le Costituzioni

imperatore de’ Francesi e re d’Italia

 

A tutti i presenti e futuri, salute,

La Consulta di Stato decreta, e noi ordiniamo ciò che segue:

Estratto de’ registri della Consulta di Stato del giorno 17 marzo 1805.

 

 

PRIMO STATUTO COSTITUZIONALE

 

 

La Consulta di Stato, veduto il voto unanime della Consulta e deputazione unite del giorno 25 marzo 1805.

Veduto l’art. 60 della Costituzione sull’iniziativa costituzionale, decreta:

Art. 1 – L’imperatore de’ Francesi Napoleone primo è re d’Italia.

Art. 2 – La corona d’Italia è ereditaria nella sua discendenza legittima e per retta linea, sia naturale, sia adottiva, di maschio in maschio, escluse in perpetuo le femmine e discendenza loro; il diritto d’adozione non potrà estendersi ad altri che ad un cittadino dell’impero francese o del regno d’Italia.

Art. 3 – Tosto che le armate straniere si saranno ritirate dal regno di Napoli, dalle isole Jonie, e da quella di Malta, l’imperatore Napoleone trasmetterà la corona d’Italia ad uno de’ suoi figli maschi legittimi, sia naturale o adottivo.

Art. 4 – Da quest’epoca la corona d’Italia non potrà essere più unita colla corona di Francia nella stessa persona, ed i successori di Napoleone primo nel regno d’Italia dovranno stabilmente risiedere sul territorio della repubblica Italiana.

Entro l’anno corrente l’imperatore Napoleone col parere della Consulta di Stato e delle deputazioni dei collegi elettorali, darà alla monarchia italiana costituzioni fondate sopra le stesse basi di quelle dell’impero francese, e sopra i principii medesimi delle leggi ch’egli ha già date all’Italia.

 

Firmato:

Napoleone

 

Melzi, Marescalchi, Caprara, Paradisi, Fenaroli,

Costabili, Luosi, Guicciardi

 

Mandiamo ed ordiniamo che le presenti, munite dei sigilli dello Stato, inserite nel bollettino delle leggi, sieno trasmesse ai tribunali ed alle autorità amministrative, affinché le iscrivano sui loro registri, le osservino e le facciano osservare: il nostro gran giudice, ministro di giustizia del nostro regno d’Italia è incaricato di sorvegliarne l’esecuzione.

 

Dato al palazzo delle Tuilieries il 17 marzo 1805, e primo del nostro regno.

Firmato:

Napoleone

Per sua maestà l’imperatore e re sottoscritto,

Parigi, il 19 marzo 1805.

Firmato:

F. Marescalchi

 

 

SECONDO STATUTO COSTITUZIONALE

Che riguarda la reggenza, i grandi ufficiali del regno ed il giuramento, 29 marzo 1805

 

 

NAPOLEONE

Per la grazia di Dio e per le Costituzioni

imperatore de’ Francesi e re d’Italia

 

A tutti i presenti e futuri, salute,

La Consulta di Stato ha decretato, e noi ordiniamo ciò che segue:

Estratto dei registri della Consulta di Stato del giorno 28 marzo 1805 in seduta a Saint-Cloud.

 

Secondo Statuto Costituzionale

 

La Consulta di Stato veduto lo Statuto costituzionale del 17 marzo, decreta:

 

Titolo I

Della reggenza

 

Art. 1 – La maggiorità del re d’Italia è fissata a 18 anni compiti. Durante la minorità vi è un reggente del regno.

Art. 2 – Il reggente deve avere l’età di almeno 25 anni compiti, e risiedere nel regno d’Italia. Le donne sono escluse dalla reggenza.

Art. 3 – Il re può destinare il reggente fra i principi della casa reale che abbiano 25 anni compiti, ed in difetto fra i grandi uffiziali della corona.

Art. 4 – In difetto di destinazione da parte del re, la reggenza è deferita al principe della casa reale il più prossimo in grado dietro l’ordine dell’eredità, e che abbia 25 anni compiti.

Art. 5 – In caso che il re non avesse destinato il reggente, e che alcun principe della casa reale non avesse compito i 25 anni, il Senato o la Consulta, elegge il reggente fra i grandi uffiziali della corona.

Art. 6 – Se a motivo della minorità del principe chiamato per l’ordine dell’eredità alla reggenza, essa fosse stata deferita ad un parente men prossimo, o ad un grande ufficiale della corona, il reggente che entrò in esercizio, continua le sue funzioni sino alla maggiorità del re.

Art. 7 – Il reggente esercita sino alla maggiorità del re ed in nome del re minore tutte le attribuzioni della dignità reale.

Non può per altro nominare ai grandi uffizii del regno; e le sue nomine a quegli impieghi, le cui funzioni durano a tutta vita, non sono che provvisorie, e non diventano definitive che mediante la conferma del re, un anno dopo la sua maggiorità.

Art. 8 – Il reggente non è personalmente responsabile degli atti della sua amministrazione.

Art. 9 – La reggenza non conferisce alcun diritto sulla persona del re minore.

Art. 10 – La custodia del re minore è conferita a sua madre, e in difetto al principe a ciò destinato dal predecessore del re in minorità.

In mancanza della madre del re minore e d’un principe destinato dal re suo predecessore, la custodia del re minore è deferita al grande ufficiale della corona che sarà il primo dell’ordine qui sotto stabilito all’art. 12, e che abbia i necessarii requisiti.

Non possono essere eletti per la custodia del re minore né il reggente, né i suoi discendenti.

Art. 11 – Quando un re destina, o un reggente per la minorità, o un Principe per la custodia del re minore, l’atto di destinazione fatto in presenza de’ grandi uffiziali della corona, vien ricevuto dal segretario di Stato, e immantinente trasmesso al Senato, o alla Consulta, per essere trascritto nei suoi registri e depositato ne’ suoi archivii, o soltanto depositato s’è suggellato.

Gli atti di designazione, tanto d’un reggente per la minorità, che d’un Principe per la custodia d’un re minore, sono revocabili dal re a volontà.

Qualunque atto di designazione, o di revoca di designazione, che non sia stato trascritto sui registri del Senato, o deposto nel suo archivio prima della morte del re, sarà nullo e di nessun effetto.

 

Titolo II

Dei grandi uffiziali del regno

 

Art. 12 – I grandi uffiziali del regno sono:

In primo luogo: i grandi ufficiali della corona, cioè:

– Il cancelliere guardasigilli della corona;

– Il grand’elemosiniere;

– Il gran maggiordomo maggiore;

– Il gran ciambellano;

– Il grande scudiere.

In secondo luogo: i ministri.

I ministri non sono grandi uffiziali del regno, che durante l’esercizio delle loro funzioni.

In terzo luogo: gli arcivescovi di Milano, di Ravenna, di Bologna e di Ferrara.

In quarto luogo: i marescialli del regno, che verranno scelti fra i generali più distinti, e non potranno oltrepassare il numero di quattro.

Non vi sarà nomina di marescialli del regno prima dell’anno 1810.

– Il primo de’ capitani della guardia del re;

– L’ispettore generale dell’artiglieria;

– L’ispettore generale del genio.

In quinto luogo: sei membri del collegio de’ possidenti scelti dal re fra i 50 individui che pagano un’imposizione più forte, e siano inoltre più distinti pel loro merito.

Art. 13 – Con uno Statuto del primo re d’Italia, che regola la organizzazione del palazzo, sono parimenti istituiti gli uffiziali ordinarii della corona per il decoro dei varii servigii del palazzo. I successori del re sono tenuti di conformarvisi.

Art. 14 – I grandi uffiziali del regno sono inamovibili, salva la eccezione che trovasi all’art. 12, paragr. 2.

Queste cariche non possono essere conferite che ai sudditi del regno d’Italia.

Art. 15 – I grandi uffiziali della corona tengono rango immediatamente dopo i principi. Essi sono, a titolo della loro carica, membri del Senato e del Consiglio di Stato.

Essi formano il consiglio del re, quando egli giudica a proposito di chiamarveli.

Essi sono membri del consiglio privato.

Art. 16 – Quattro commende di 36.000 lire di Milano di rendita, cioè:

– La prima posta fra la Sesia e l’Adda;

– La seconda fra l’Adda e l’Adige;

– La terza sulla sponda destra del Po;

– La quarta fra il Santerno ed il Rubicone, sono assegnate ed unite, vita natural durante, alle cariche di cancelliere guardasigilli della corona, di gran maggiordomo, di gran ciambellano, e di grande scudiere. Il grande elemosiniere gode di un beneficio ecclesiastico.

I grandi uffiziali della corona godono inoltre:

1) Di un assegno sul tesoro della corona, in ragione delle loro funzioni nel palazzo;

2) Dell’assegno di consigliere di Stato e di senatore.

Art. 17 – Se per un atto della volontà del re, o per qualunque altra causa si sia, un grande uffiziale del regno viene a cessare dalle sue funzioni, egli conserva il suo titolo, il rango e le sue prerogative.

 

Titolo III

Dei giuramenti

 

Art. 18 – Il re, nei due anni susseguenti al suo avvenimento al trono, o alla sua maggiorità, accompagnato dai grandi uffiziali del regno;

Presta giuramento a Dio sugli Evangeli, ed in presenza

– Del Senato;

– Del Consiglio di Stato;

– Del corpo legislativo;

– Dei tre presidenti dei collegi;

– Degli arcivescovi e vescovi;

– Del tribunale di cassazione;

– Della contabilità nazionale;

– Dei presidenti dei tribunali di revisione e di appello;

Il segretario di Stato fa processo verbale della prestazione del giuramento.

Art. 19 – Il giuramento del re è nei seguenti termini:

“Io giuro di mantenere l’integrità del regno; di rispettare e far rispettare la religione dello Stato; di rispettare e far rispettare l’uguaglianza dei diritti, la libertà politica e civile, la irrevocabilità delle vendite de’ beni nazionali; di non esigere alcuna imposta, né stabilire alcuna tassa che in virtù della legge; di governare colla sola vista dell’interesse, della felicità, e della gloria del popolo italiano”.

Art. 20 – Il reggente prima di assumere l’esercizio delle sue funzioni, accompagnato dai grandi uffiziali del regno;

Presta giuramento a Dio sugli Evangeli, ed in presenza

– Del Senato;

– Del Consiglio di Stato;

– Del presidente del Corpo legislativo;

– Del presidente del tribunale di Cassazione.

Il segretario di Stato fa processo verbale della prestazione del giuramento.

Art. 21 – Il giuramento del reggente è ne’ seguenti termini:

“Io giuro di amministrare gli affari dello Stato secondo le costituzioni del regno, i decreti del Senato, e le leggi; di mantenere in tutta la loro integrità il territorio del regno, i diritti della nazione, e quelli della dignità reale; e di rimettere fedelmente al re, al momento della sua maggiorità, il potere di cui mi è confidato l’esercizio”.

Art. 22 – I grandi uffiziali del regno, il segretario di Stato, i membri del Senato, del Consiglio di Stato, del Corpo legislativo, dei collegi elettorali, prestano il giuramento nei seguenti termini:

“Io giuro ubbidienza alle costituzioni del regno e fedeltà al re”.

I funzionarii pubblici, civili e giudiziarii, e gli ufficiali e soldati dell’armata prestano lo stesso giuramento.

 

Firmato:

Napoleone

 

Melzi, Marescalchi, Caprara, Paradisi, Fenaroli, Costabili,

Luosi, Guicciardi

 

Mandiamo ed ordiniamo che le presenti, munite dei sigilli dello Stato, inserite nel bollettino delle leggi, siano trasmesse ai tribunali ed alle autorità amministrative perché siano trascritte nei loro registri, le osservino e le facciano osservare: il nostro gran giudice, ministro di giustizia del nostro regno d’Italia è incaricato di sorvegliarne l’esecuzione.

 

Dato al palazzo di Saint-Cloud il 29 marzo 1805, e primo del nostro regno.

Napoleone

Per sua maestà l’imperatore e re.

Firmato:

Marescalchi

 

 

TERZO STATUTO COSTITUZIONALE

(5 GIUGNO 1805)

 

 

NAPOLEONE I

Per la grazia di Dio e per le Costituzioni

imperatore de’ Francesi e re d’Italia

 

La Consulta di Stato, e la deputazione straordinaria dei collegii decreta, e noi ordiniamo quanto segue:

Estratto dei registri della Consulta di Stato, e della deputazione straordinaria dei collegi del giorno 5 giugno 1805.

 

Terzo Statuto Costituzionale

 

Titolo I

Dei beni della corona

 

Art. 1 – Le proprietà della corona sono:

1) Il palazzo reale di Milano e la villa Bonaparte;

2) Il palazzo di Monza e sue dipendenze;

3) Il palazzo di Mantova, quello del The, ed il palazzo in addietro ducale di Modena;

4) Un palazzo situato in vicinanza di Brescia, ed un palazzo situato in vicinanza di Bologna; questi palazzi saranno al più presto destinati colle convenienti dipendenze;

5) I boschi di Ticino.

È specialmente assegnato un capitale di dieci milioni in beni nazionali per l’acquisto dei palazzi posti ne’ contorni di Brescia e di Bologna, pei fondi necessarii alla formazione dei parchi di Monza e dei boschi di Ticino.

Art. 2 – Indipendentemente dalle premesse disposizioni e per provvedere a ciò che esige lo splendore del trono, ogni anno il pubblico tesoro verserà nelle mani del tesoriere della corona una somma di 6.000.000 di lire di Milano, pagabili per una dodicesima parte di mese in mese.

Art. 3 – Parimenti il tesoro pubblico verserà nella medesima cassa, e per una dodicesima parte mensualmente la somma di 2.000.000 di lire di Milano per il soldo della guardia reale, la qual guardia pertanto cesserà d’essere compresa nel budget del ministero della guerra.

Vi sarà inoltre una guardia particolare nella quale i fratelli, figli, nipoti, pronipoti, cugini germani dei membri dei collegi, o questi membri medesimi avranno essi soli il diritto d’entrare.

Art. 4 – I beni e le rendite assegnate alla corona dall’articolo precedente saranno amministrate da un intendente generale, e sottoposti alle stesse leggi e formalità dei beni e rendite della corona di Francia.

Art. 5 – Il re, allorquando le circostanze lo esigono, può fissare sulla lista civile un assegno vedovile alla regina, il quale in nessun caso ecceda la somma annua di trentamila lire.

L’atto contenente quest’assegno è ricevuto dal cancelliere guardasigilli della corona.

 

Titolo II

Del vice-re

 

Art. 6 – Durante il tempo in cui S.M. l’imperatore e re Napoleone conserva la corona d’Italia, può farsi rappresentare da un vice-re.

Art. 7 – Un decreto e delle speciali istruzioni determinano la natura ed estensione delle facoltà che sono delegate al vice-re.

Art. 8 – Il vice-re prima di assumere l’esercizio della sua dignità, presta nelle mani di S.M. ed alla presenza dei grandi uffiziali della corona, de’ membri del Consiglio di Stato il giuramento concepito come segue:

“Giuro di essere fedele alla costituzione e di obbedire al re, di cessare dalle mie funzioni al momento stesso in cui ne riceverò l’ordine dal re, e di rassegnare immediatamente l’autorità affidatami a chi sarà da esso lui delegato”.

Art. 9 – Il vice-re risiederà negli Stati del regno d’Italia.

Art. 10 – I grandi uffiziali della corona, e gli uffiziali del palazzo eseguiranno presso il vice-re le medesime funzioni che loro incumbono presso S.M. l’imperatore e re.

 

Titolo III

Dei collegi

 

Art. 11 – I collegi de’ possidenti, dei dotti e dei commercianti, si radunano separatamente, ed in conseguenza di una convocazione del re che indica il luogo della loro riunione, per completarsi e nominare i membri del corpo legislativo.

Art. 12 Il presidente della censura ed i presidenti de’ tre collegi sono nominati dal re.

Art. 13 – Quei membri dei tre collegi che risiedono nello stesso dipartimento si uniscono una volta ogni anno in collegio dipartimentale nel capoluogo, ed in seguito di una convocazione del re.

Art. 14 – Essi non formano che una sola adunanza nella quale i possidenti seggono a mano diritta, i commercianti a sinistra, i dotti dirimpetto al banco.

Art. 15 – Il presidente è nominato dal re.

Art. 16 – Ogni collegio dipartimentale presenta i candidati pei consigli generali di dipartimento e pei giudici di pace. Il numero de’ candidati presentati è triplo di quello delle piazze vacanti. Le presentazioni fatte per ciascun dipartimento sono rese pubbliche.

 

Titolo IV

Del Consiglio di Stato

 

Art. 17 – Il Consiglio di Stato è composto:

1) Del Consiglio dei consultori;

2) Del Consiglio legislativo;

3) Del Consiglio degli uditori.

Art. 18 – I membri di questi tre consigli sono nominati dal re.

 

§ 1

Del Consiglio dei consultori

 

Art. 19 – Il Consiglio dei consultori è composto di otto consiglieri di Stato consultori.

I grandi uffiziali della corona vi hanno voce e seduta.

Art. 20 – Il Consiglio dei consultori conosce dopo la comunicazione che gliene vien data da un ministro in virtù di un ordine del re:

1) Di tutto ciò che è relativo, sia alla interpretazione di uno o più articoli degli statuti costituzionali, sia alle modificazioni da farsi ai detti statuti;

2) Dei trattati di pace, di commercio, di sussidii che gli saranno presentati prima della loro pubblicazione.

Art. 21 – Il Consiglio dei consultori nel caso previsto all’art. 5 del secondo statuto costituzionale elegge il reggente fra i grandi uffiziali della corona.

Art. 22 – Nel caso previsto dall’art. 11 del medesimo statuto costituzionale, la trasmissione dell’atto di destinazione sia d’un reggente per la minorità, sia di un principe per la custodia del re, si fa al Consiglio dei consultori che procede come è prescritto nel detto articolo.

Art. 23 Il Consiglio dei consultori è presieduto da uno de’ suoi membri nominato dal re.

 

§ 2

Del Consiglio legislativo

 

Art. 24 – Il Consiglio legislativo è composto di dodici consiglieri di Stato al più.

Art. 25 – Questo consiglio, in seguito di trasmissione fatta per ordine di S.M. dei rapporti e delle proposizioni dei ministri, conosce:

1) Di ogni progetto di legge, qualunque siane l’oggetto;

2) Di tutti i progetti di regolamenti di amministrazione pubblica, spiegazioni e sviluppi, o interpretazioni di detti regolamenti.

Art. 26 Alcun regolamento d’amministrazione pubblica non può stabilir pene maggiori di quelle della giustizia correzionale.

Art. 27 – Il Consiglio legislativo è presieduto da uno de’ suoi membri nominato dal re.

 

§ 3

Del Consiglio degli uditori

 

Art. 28 – Questo Consiglio è composto al più di quindici consiglieri di Stato.

Art. 29 – Questo Consiglio, dopo la trasmissione fatta ad esso per ordine di S.M. dei rapporti e delle proposizioni dei ministri, conosce:

1) Di tutti gli affari contenziosi;

2) Di tutte le collisioni di giurisdizione per causa di rivendicazione d’affari, che inerendo agli interessi immediati del demanio dello Stato e alle quistioni di pubblica amministrazione, non sono della competenza dei tribunali ordinarii;

3) Delle traduzioni in giudizio degli agenti immediati dell’amministrazione pubblica;

4) Delle appellazioni dalle decisioni dei consigli di prefettura;

5) Delle domande di concessione di miniere e stabilimenti di officine sui fiumi e canali navigabili;

6) Delle autorizzazioni da accordarsi sia ai comuni, sia agli spedali ed altri istituti di pubblica beneficenza, sia agli stabilimenti del culto per l’accettazione di donazioni o legati, per vendite, permute, transazioni e sovrimposte locali.

7) Delle proposizioni di pensioni, e trattamento di ritirata, o di giubilazione a favore degli ufficiali e soldati, e degli impiegati civili.

Art. 30 – Il Consiglio degli uditori è presieduto da uno dei suoi membri nominato dal re.

Art. 31 – Gli affari contenziosi fra il demanio ed i particolari, e le appellazioni dalle decisioni dei consigli di prefettura, sono accennati sopra una tabella affissa alla segreteria generale del consiglio, affinché le parti possano esserne avvertite, e produrre le loro memorie per iscritto entro un mese perentorio.

 

§ 4

Divisione in servizio ordinario e straordinario, e in sezioni

Ordine del lavoro

 

Art. 32 – I membri del Consiglio di Stato sono divisi in servizio ordinario ed in servizio straordinario.

Le liste del servizio ordinario e straordinario sono fissate da S.M. il re ogni sei mesi.

Art. 33 – Il Consiglio legislativo, ed il Consiglio degli uditori si dividono in tre sezioni, cioè:

– Sezione di legislazione e del culto;

– Sezione dell’interno e delle finanze;

– Sezione di guerra e marina.

Art. 34 – Le sezioni fanno l’esame preventivo, e lo spoglio degli affari rimessi ai consigli legislativo e degli uditori. Un membro della sezione ne fa il rapporto.

Il Consiglio dei consultori, il Consiglio legislativo ed il Consiglio degli uditori stendono in seduta particolare, ed in forma di progetto di legge, regolamento, decreto o decisione, il loro parere sugli oggetti che loro saranno stati rimessi.

Questi progetti sono presentati dal presidente di ciascun consiglio al re, il quale pria di adottarli ne ordina la trasmissione al Consiglio di Stato.

Art. 35 – Il Consiglio di Stato è presieduto dal re, o in lui assenza, da un grande ufficiale della corona, o da un consigliere consultore delegato a quest’effetto da S.M.

Art. 36 – Il Consiglio di Stato non ha che voce consultiva.

Art. 37 – Allorché egli delibera sopra progetto di legge, o di regolamento di pubblica amministrazione, due terzi de’ membri in servizio ordinario debbono essere presenti.

Non può deliberare sugli altri oggetti, che allorquando vi sono almeno diciotto membri presenti.

Art. 38 – Avvi un segretario generale del Consiglio di Stato, il quale ha dei sostituti, il di cui numero è determinato in ragione dei bisogni del servizio.

 

§ 5

Disposizioni generali

 

Art. 39 – Dopo la primitiva fondazione, niuno potrà essere nominato membro del Consiglio legislativo, se non è stato membro del Consiglio degli uditori; niuno potrà essere nominato membro del Consiglio de’ consultori, se non è stato membro del Consiglio legislativo.

Art. 40 – Il trattamento dei membri del Consiglio degli uditori è fissato in 6.000 lire di Milano. Quello dei membri del Consiglio legislativo in 15.000. Quello dei membri del Consiglio dei consultori in 25.000 lire.

Art. 41 – I membri del Consiglio de’ consultori sono consiglieri di Stato a vita: non possono essere rivocati dal re, e se per un di lui ordine, o per qualunque siasi altra causa vengono a cessare dalle loro funzioni, conservano il loro titolo, il loro rango, le loro prerogative ed i loro appuntamenti.

Essi non li perdono che per le stesse cause che importano perdita dei diritti di cittadinanza.

Art. 42 – I ministri sono membri nati del Consiglio di Stato durante l’esercizio delle loro funzioni. Essi possono intervenire ai consigli sia dei consultori, sia legislativo, sia degli uditori, a misura che gli oggetti che vi sono trattati, riguardano il loro rispettivo dipartimento.

Art. 43 – Il re affida, quando lo giudica opportuno, ai membri del Consiglio di Stato, o qualche ramo di pubblica amministrazione o qualche dipartimento dei ministeri, ovvero delle missioni nell’interno, od all’estero.

 

Titolo V

Del corpo legislativo

 

Art. 44 – Il re fa l’apertura delle sessioni del corpo legislativo.

Art. 45 – La Camera degli oratori è soppressa. I progetti di legge sono rimessi ad una commissione, che il corpo legislativo nomina nel suo seno, e che gliene fa rapporto.

Art. 46 – Il corpo legislativo ha un presidente, e due questori che sono nominati dal re per due anni.

Art. 47 – Sono di competenza del corpo legislativo:

1) Il conto annuo delle entrate e spese dello Stato;

2) La coscrizione militare;

3) L’alienazione de’ beni nazionali;

4) Il sistema monetario;

5) I cambiamenti da introdursi nel sistema delle contribuzioni pubbliche collo stabilimento o di nuove imposte o di nuove tariffe per le imposte esistenti;

6) Le modificazioni da farsi alla legislazione, sia civile, sia d’alto criminale, sia commerciale.

Tutt’altro oggetto è di competenza della pubblica amministrazione.

Art. 48 – Ogni anno è fatto sul tesoro pubblico un fondo di 300.000 lire per sostenere le spese del corpo legislativo, sia per le riparazioni ed il mantenimento del suo palazzo, sia per le spese dei di lui ufficii, sia per le indennizzazioni da accordarsi a ciascheduno dei di lui membri.

Questo fondo è amministrato dal presidente e dai questori, conformemente ad un decreto che sarà fatto ogni due anni in comitato segreto, col quale il corpo legislativo ne regola l’impiego.

Su questa somma è prelevato l’onorario annuo del presidente e dei questori, il quale è fissato per il presidente a 25.000 lire, e pei questori a 10.000 lire per ciascuno.

Art. 49 – Il re può disciogliere il corpo legislativo.

Entro i sei mesi che seguono lo scioglimento del corpo legislativo, i collegi sono convocati per procedere a nuove elezioni.

 

Titolo VI

Dell’ordine giudiziario

 

Art. 50 – I giudici sono nominati dal re: le loro funzioni sono a vita.

Art. 51 – Tutti i tribunali, eccettuati quelli della giustizia di pace, sono composti di più giudici che deliberano e pronunciano a maggiorità di voti.

Art. 52 – Le cause criminali, sono sempre giudicate dai giudici che hanno ascoltati i testimonii. I giudici devono sedere in numero pari.

Art. 53 – Le sessioni de’ tribunali, sia civili, sia criminali, sono pubbliche.

I testimonii ed i difensori degli accusati saranno sempre ascoltati nell’udienza.

Art. 54 – Ogni qualvolta il tribunale di cassazione viene in cognizione, che il senso di una legge, o di un articolo di legge dia luogo per parte dei tribunali ad una falsa interpretazione, ne informa il gran giudice il cui rapporto su quest’oggetto viene presentato alla discussione del Consiglio di Stato. In seguito di che il re pronuncia sopra il senso che si deve dare ai termini della legge.

Art. 55 – Non vi sarà che un solo Codice civile per tutto il regno d’Italia.

Art. 56 – Il Codice Napoleone sarà messo in attività, ed avrà forza di legge a datare dal 1° gennaio prossimo.

A quest’effetto il gran giudice nominerà una commissione di sei giureconsulti per farne la traduzione in lingua latina ed italiana.

Questa traduzione sarà presentata alla approvazione del re il primo novembre prossimo al più tardi.

Il Codice sarà in seguito stampato e pubblicato in latino, in italiano ed in francese. La sola traduzione italiana potrà essere citata ne’ tribunali, ed avere forza di legge.

Art. 57 – Non vi potrà essere fatto cambiamento alcuno per lo spazio di 5 anni. Dopo questo tempo il tribunale di cassazione e gli altri tribunali essendo stati consultati, il Consiglio di Stato propone una legge, tendente a modificare ciò che sarà ritenuto difettoso nel Codice.

 

Titolo VII

Del diritto di far grazia

 

Art. 58 – Il re ha il diritto di far grazia. Egli lo esercita dopo avere inteso il parere di un consiglio privato composto del gran giudice, di un grande ufficiale civile della corona, di un grande ufficiale militare, d’un membro del Consiglio dei consultori, e di un membro del primo tribunale del regno.

 

Titolo VIII

Dell’ordine della corona di ferro

 

Creazione ed organizzazione

 

Art. 59 – Affine di assicurare con dei contrassegni d’onore una degna ricompensa ai servigli resi alla corona, tanto nella carriera delle armi che in quella dell’amministrazione, della magistratura, delle lettere e delle arti, sarà un ordine sotto la denominazione di ordine della corona di ferro.

Art. 60 – Quest’ordine sarà composto di cinquecento cavalieri, cento commendatori e venti dignitarii.

Art. 61 – I re d’Italia saranno gran maestri dell’ordine.

Nulladimeno l’imperatore e re Napoleone, nella sua qualità di fondatore, ne conserverà, fin che vive, il titolo e le funzioni di cui essi non godranno che dopo lui.

Art. 62 – Duecento posti di cavalieri, venticinque di commendatori e cinque di dignitarii sono specialmente destinati per la prima formazione agli ufficiali e soldati francesi che hanno avuta una parte gloriosa nelle battaglie, il cui successo ha più contribuito alla formazione del regno.

 

§ 2

Decorazione

 

Art. 63 – La decorazione dell’ordine consisterà nell’emblema della corona lombarda, intorno alla quale saranno scritte queste parole: “Dio me l’ha data, guai a chi la toccherà”.

Questa decorazione sarà sospesa ad un nastro color di arancio con striscie verdi all’orlo.

Art. 64 – I cavalieri la porteranno d’argento attaccata al lato sinistro. I commendatori la porteranno d’oro attaccata nella stessa maniera.

I dignitarii la porteranno pendente al collo.

Art. 65 – Il gran maestro nominerà a tutti i posti dell’ordine.

 

§ 3

Nomina, ricevimento e giuramento

 

Art. 66 – I commendatori saranno scelti fra i cavalieri, ed i dignitarii fra i commendatori. In conseguenza e per la prima formazione, tutti i membri dell’ordine saranno nominati cavalieri.

Art. 67 – Ogni anno il giorno dell’Ascensione sarà provveduto alle piazze vacanti.

Art. 68 – Tutti i cavalieri, commendatori e dignitarii si riuniranno il giorno suddetto in capitolo generale nella chiesa metropolitana di Milano; niuno potrà essere dispensato dall’assistere senza aver fatti approvare i motivi della sua assenza dal gran consiglio di cui si parlerà in seguito.

Art. 69 – I nuovi cavalieri presteranno giuramento in capitolo generale, e sarà proceduto alla loro accettazione conformemente al cerimoniale che verrà regolato.

Art. 70 – Le notizie storiche dei membri dell’ordine che fossero morti nell’anno saranno lette in questa solennità. L’oratore farà la storia dei loro servizii che avranno resi dopo la loro nomina. Egli ricorderà i principii sui quali l’ordine è fondato, e le circostanze che hanno preceduto la sua formazione.

Art. 71 – Il giuramento dei cavalieri è concepito in questi termini: “Io giuro di dedicarmi alla difesa del re, della corona e dell’integrità del regno d’Italia, ed alla gloria del suo fondatore”.

Art. 72 – I principi della casa del gran maestro, i principi delle case straniere, e gli altri stranieri ai quali le decorazioni dell’ordine saranno accordate, non calcoleranno nel numero fissato all’art. 62.

 

§ 4

Dotazione ed amministrazione

 

Art. 73 – Sarà applicato alla dotazione dell’ordine un reddito di 400.000 lire di Milano sul Monte Napoleone.

Art. 74 – I membri dell’ordine godranno d’un onorario annuo, cioè:

– Pei cavalieri: L. 300;

– Pei commendatori: L. 700;

– Pei dignitarii: L. 3.000.

Art. 75 – Sul reddito di questa dotazione sarà prelevata una somma annua di 100.000 lire per le pensioni straordinarie che il gran maestro giudicherà a proposito di accordare a dei cavalieri, commendatori, o dignitarii. Le pensioni saranno a vita.

Art. 76 – I gran dignitarii comporranno il gran consiglio d’amministrazione dell’ordine.

Saranno scelti fra i gran dignitarii un cancelliere, ed un tesoriere dell’ordine.

Fra i commendatori, un maestro delle cerimonie.

Fra i cavalieri due aiutanti delle cerimonie.

 

Titolo ultimo

Disposizioni generali

 

Art. 77 – Le disposizioni della costituzione di Lione, che non sono contrarie agli statuti costituzionali, sono confermate.

 

F. Marescalchi, Caprara, Paradisi, Fenaroli, Costabili, Luosi, Moscati, Guicciardi, consultori.

Aldini presidente della censura, Stanislao Bovara, Giovanni Famasia, segretarii della censura.

Giuseppe Taverna, G. Soresina Vidoni, L. Scazzo, B. Oriani, Fè Marcantonio, V. Brunetti, G. B. Verteva, F. Conti, G. B. Piazzoni, L. Castiglioni, C. Bignami, C. Bentivoglio, L. Salina, F. Peregalli, S. Bologna, L. Massari, Odescalchi, Barzetta, membri della censura.

 

Comandiamo, ed ordiniamo che le presenti munite dei sigilli dello Stato ed inserite nel bollettino delle leggi siano dirette ai tribunali, ed alle autorità amministrative perché le trascrivano nel loro registro, le osservino e le facciano osservare, ed il nostro segretario di Stato del nostro regno d’Italia è incaricato d’invigilare sulla esecuzione.

 

Dato dal nostro palazzo di Milano il giorno 6 giugno 1805, primo del nostro regno.

Napoleone

 

V. da noi cancelliere guardasigilli della corona

Melzi

 

Per l’imperatore e re, il consigl. e segret. di Stato

L. Vaccari

 

 

QUARTO STATUTO COSTITUZIONALE

(16 FEBBRAIO 1806)

 

 

NAPOLEONE

Per la grazia di Dio e per le Costituzioni

imperatore de’ Francesi e re d’Italia

 

Visto il primo Statuto costituzionale del nostro regno d’Italia del 17 marzo 1805;

Abbiamo decretato e decretiamo quanto segue.

Art. 1 – Il principe Eugenio Napoleone, arcicancelliere di Stato del nostro impero di Francia e vice-re del nostro regno d’Italia è adottato nostro figlio.

Art. 2 – La corona d’Italia dopo noi, e in mancanza de’ nostri figli discendenti maschi, legittimi e naturali, è ereditaria nel principe Eugenio, e nella sua discendenza diretta legittima e naturale di maschio in maschio, con ordine di regolare primogenitura, escluse in perpetuo le femmine e la loro discendenza.

Art. 3 – In mancanza de’ nostri figli e discendenti maschi, legittimi e naturali, e de’ figli e discendenti maschi, legittimi e naturali del principe Eugenio, la corona d’Italia si devolverà al figlio o al parente più prossimo di quello tra principi del nostro sangue, che allora regnerà in Francia.

Art. 4 – Il principe Eugenio nostro figlio godrà di tutti gli onori annessi alla nostra adozione.

Art. 5 – Il diritto che gli dà la nostra adozione alla corona d’Italia non potrà mai, in verun caso e in veruna circostanza, autorizzare né lui né i suoi discendenti a promuovere pretese alla corona di Francia, la di cui successione è irrevocabilmente regolata dalle costituzioni dell’impero.

Art. 6 – Comandiamo ed ordiniamo che le presenti munite dei sigilli dello Stato sieno comunicate ai collegii elettorali del nostro regno d’Italia, inserite nel bollettino delle leggi, e dirette ai tribunali ed autorità amministrative, perché le trascrivano ne’ loro registri; le osservino e le facciano osservare ed il segretario di Stato del nostro regno d’Italia è incaricato d’invigilare sulla esecuzione.

 

Dato dal nostro palazzo imperiale delle Tuileries questo dì 16 febbraio 1806.

Napoleone

 

Per l’imperatore e re, il ministro segretario di Stato

A. Aldini

 

 

QUINTO STATUTO COSTITUZIONALE

con cui viene eretto il Senato consulente

 

 

NAPOLEONE

Per la grazia di Dio e per le Costituzioni

imperatore de’ Francesi, re d’Italia e protettore della Confederazione del Reno

 

Abbiamo decretato e decretiamo quanto segue:

Art. 1 Il Consiglio de’ consultori cessa di far parte del Consiglio di Stato, e assume il nome di Senato consulente.

Art. 2 – Egli aggiunge alle attuali sue attribuzioni il registro delle leggi, e la repressione di qualunque abuso relativo alla libertà civile.

Art. 3 – Vi sarà necessariamente nel Senato un senatore d’ogni dipartimento. Questi saranno nominati dal re sopra lista tripla formata dai collegi elettorali.

Art. 4 – Il Senato consulente verrà organizzato per mezzo di statuti speciali.

Art. 5 – Comandiamo ed ordiniamo che le presenti munite del sigillo dello Stato, sieno comunicate ai collegi elettorali del nostro regno d’Italia, inserite nel bollettino delle leggi, e dirette ai tribunali e alle autorità amministrative, perché le trascrivano ne’ loro registri, le osservino e le facciano osservare; ed il segretario di Stato del nostro regno d’Italia è incaricato d’invigilare sull’esecuzione.

 

Napoleone

 

V. da noi cancelliere guardasigilli della Corona

(l.s.) Melzi d’Eril

 

Per l’imperatore e re, il ministr. segr. di Stato

A. Aladini

 

 

SESTO STATUTO COSTITUZIONALE

Relativo all’organizzazione del Senato consulente

Istituito col quinto statuto 21 marzo 1808

 

 

NAPOLEONE

Per la grazia di Dio e per le Costituzioni

imperatore de’ Francesi, re d’Italia e protettore della Confederazione del Reno

 

Abbiamo decretato e decretiamo quanto segue:

 

Sesto Statuto Costituzionale

 

Titolo I

Organizzazione del Senato

 

Art. 1 – Il Senato consulente, istituito col quinto Statuto costituzionale, è composto:

1) Dei, principi della famiglia reale, i quali sono fuori di minorità;

2) De’ grandi ufficiali della corona;

3) Dell’arcivescovo di Milano, del patriarca di Venezia, e degli arcivescovi di Bologna, Ravenna e Ferrara, grandi ufficiali del regno;

4) Di tanti benemeriti cittadini nominati dal re, quanti in ragione di otto per ogni milione di abitanti corrispondono alla popolazione del regno.

Il re ne sceglie due di ciascun dipartimento, uno dei quali sopra liste dei tre collegi elettorali.

Art. 2 – Per la formazione delle liste, il collegio de’ possidenti presenta due candidati di ogni dipartimento.

Gli altri due collegi ne presentano uno solo per ciascheduno.

Collo stesso metodo si formano le liste per rimpiazzare i posti vacanti, togliendo i candidati da que’ dipartimenti relativamente ai quali la vacanza si è verificata.

Art. 3 – Il re può accrescere il numero de’ senatori quando giudichi che il bene dello Stato lo esiga, ed in tal caso accresce proporzionatamente la dotazione del Senato.

Art. 4 – Il re presiede il Senato, e può anche farlo straordinariamente presiedere da qualche grande ufficiale della corona.

Nomina però un presidente ordinario, le di cui funzioni durano un anno.

Art. 5 – Il presidente convoca il Senato dietro un ordine del re, ovvero sulla domanda di qualche commissione senatoria, o di qualche senatore ufficiale del Senato per affari interni del suo corpo.

Art. 6 – Esso rende conto al re dell’oggetto delle convocazioni senatorie fatte sulla domanda di qualche commissione, o di qualche senatore, e del risultato delle deliberazioni del Senato.

Art. 7 – Un cancelliere, un tesoriere e due pretori sono nominati dal re per sei anni sopra una lista tripla del Senato.

Art. 8 – Il cancelliere ha la custodia dei registri, degli archivi e del sigillo del Senato.

Il tesoriere soprintende alla percezione delle rendite ed alle spese.

I pretori sono incaricati di tutto ciò che riguarda la polizia interna ed esterna del loro corpo.

 

Titolo II

Attribuzioni

 

Art. 9 – Tutte le attribuzioni del Consiglio dei consultori passano nel Senato.

Art. 10 – I progetti di statuti e di leggi sono presentati al Senato, e discussi avanti il medesimo dagli oratori del governo.

Art. 11 – Sugli statuti il Senato delibera a scrutinio segreto, e alla pluralità di due terzi di voti.

Art. 12 – Delibera a maggiorità assoluta sui progetti di legge, che per istraordinarii bisogni dello Stato portassero accrescimento delle imposte attuali.

Art. 13 – Sopra qualunque altro progetto di legge il Senato può presentare al re le sue osservazioni entro dieci giorni dopo la comunicazione che gliene vien fatta.

Art. 14 – Sono registrati dal Senato:

1) Gli statuti costituzionali;

2) Le leggi;

3) I titoli che il re giudicherà conveniente di accordare per maggior lustro della corona;

4) I maggioraschi che il re permetterà di creare a qualche famiglia benemerita dello Stato.

Art. 15 – Dietro una commissione del re il Senato pronunzia:

1) Sulla incostituzionalità degli atti dei collegi elettorali;

2) Sui ricorsi per eccesso o abuso della giurisdizione ecclesiastica;

3) Sulla rimessione dei giudici inamovibili per titolo di prevaricazione, o di altra grave delinquenza in ufficio.

Art. 16 – Sono comunicati al Senato, prima della loro pubblicazione, i trattati di pace, di alleanza, di commercio, le dichiarazioni di guerra, le convenzioni relative alla cessione o al cambiamento di qualche parte del territorio, e i conti dei ministri.

Art. 17 – Il Senato è autorizzato a presentare ogni anno al re, col mezzo di una deputazione, le sue osservazioni sul conto dei ministri, ed a fargli conoscere i bisogni e i voti della nazione.

Art. 18 – È creata nel seno del Senato una commissione della libertà individuale, per reprimere qualunque abuso relativo alla libertà civile.

Art. 19 – Un determinato numero di senatori forma parte dell’alta Corte reale, che risiede nel palazzo del Senato.

Art. 20 – Due senatori sono ammessi nel consiglio privato del re per gli affari di grazia.

 

Titolo III

Dotazione

 

Art. 21 – Il palazzo attualmente all’uso del ministro di guerra è posto alla disposizione del Senato per la sua residenza.

Sono affetti alla dotazione del Senato:

1) Un annuo assegno di lire 400.000 sul tesoro dello Stato;

2) Tanti beni stabili quanti diano un’annua rendita di un milione.

Art. 22 – Le rendite accordate nell’articolo precedente sono impiegate:

1) Nelle spese di riparazione, manutenzione e ammobigliamento del palazzo senatorio;

2) Nelle altre spese ordinarie e straordinarie del Senato;

3) Nel trattamento de’ senatori.

Art. 23 – Le rendite della dotazione del Senato decorrono dal primo gennaio 1808.

Il trattamento de’ senatori dal giorno della loro nomina.

Gli avanzi sono erogati nelle prime spese del Senato.

Art. 24 – Vi è alla fine d’ogni anno un gran consiglio di amministrazione, presieduto dal re composto d’un determinato numero di senatori, in cui viene fissato il budget per l’anno prossimo, e definitivamente regolato il trattamento de’ senatori per l’anno cadente. Vengono pure fissate le pensioni alle vedove de’ senatori.

Art. 25 – Il presidente ha un trattamento doppio, il cancelliere il tesoriere ed i pretori hanno la metà più degli altri senatori.

 

Titolo IV

Disposizioni speciali

 

I grandi ufficiali, di cui all’art. 1, num. 3, in luogo di trattamento sono provveduti dallo Stato di benefizii ecclesiastici.

Art. 26 – Nessuno può essere senatore prima di quarant’anni compiti.

Art. 27 – La carica di senatore non si perde se non se per quelle cause per cui perdesi il diritto di cittadinanza.

Art. 28 – Non è incompatibile colla carica di senatore quella di ministro o di direttore generale di qualsivoglia parte della pubblica amministrazione.

Art. 29 – Le sessioni del Senato sono segrete.

Non sono legittime senza l’intervento di più della metà de’ suoi membri.

Art. 30 – Il Senato delibera a maggiorità assoluta di suffragi, eccettuato il caso di cui all’art. 11.

Art. 31 – I quattro consiglieri di Stato consultori passano di diritto nel Senato.

Comandiamo ed ordiniamo che le presenti munite dei sigilli dello Stato, siano comunicate ai collegi elettorali del nostro regno d’Italia, inserito nel bollettino delle leggi e dirette ai tribunali ed alle autorità amministrative, perché le trascrivano ne’ loro registri, le osservino e le facciano osservare; ed il segretario di Stato del nostro regno d’Italia è incaricato di invigilare sulla esecuzione.

 

Dato dal nostro palazzo imperiale delle Tuileries, questo dì 21 marzo 1808.

Napoleone

 

Per l’imperatore e re, il ministro segretario di Stato

A. Aldini

 

 

SETTIMO STATUTO COSTITUZIONALE

Relativo ai titoli ed al maggioraschi del regno 21 settembre 1808

 

 

NAPOLEONE

Per la grazia di Dio e per le Costituzioni

imperatore de’ Francesi, re d’Italia e protettore della Confederazione del Reno

 

A tutti quelli che vedranno le presenti, salute,

Volendo noi dare compimento alle istituzioni preordinate al titolo II del sesto statuto costituzionale;

Abbiamo ordinato e decretato, ed ordiniamo e decretiamo quanto segue:

 

Settimo Statuto Costituzionale

 

Titolo I

Dei titoli

 

Art. 1 – Quegli elettori che per tre volte saranno stati presidenti dei collegi elettorali generali porteranno il titolo di duca, e potranno trasmetterlo a quello de’ loro figli, in favore del quale abbiamo istituito un maggiorasco di un annuo reddito di L. 200.000, o in fondi stabili, o in rendite sul Monte Napoleone rese inalienabili.

Art. 2 – I grandi ufficiali della corona porteranno il titolo di conte.

Art. 3 – I figli primogeniti de’ grandi ufficiali della corona avranno il titolo di conte, sempre che il padre abbia istituito a loro favore un maggiorasco della rendita di lire 30.000.

Questo titolo e questo maggiorasco saranno trasmissibili alla loro discendenza diretta e legittima, naturale o adottiva, di maschio in maschio, e per ordine di primogenitura.

Art. 4 – I grandi ufficiali del regno potranno istituire pel loro figlio primogenito o cadetto dei maggioraschi ai quali saranno attaccati i titoli di conte o di barone, secondo le condizioni determinate qui appresso.

Art. 5 – I nostri ministri, i senatori, consiglieri di Stato incaricati di qualche parte della pubblica amministrazione, e gli arcivescovi porteranno durante la loro vita il titolo di conte.

Art. 6 – Questo titolo sarà trasmissibile alla discendenza diretta legittima, naturale o adottiva, di maschio in maschio, per ordine di primogenitura, di quello che ne sarà stato rivestito; e per gli arcivescovi a quello dei loro nipoti che avranno scelto, presentandosi davanti il nostro cancelliere guardasigilli, a fine di ottenere le nostre lettere patenti sotto le condizioni infrascritte.

Art. 7 – Il titolare giustificherà, nelle forme che noi ci riserviamo di determinare, una rendita netta di trentamila lire, in beni della natura di quelli che dovranno entrare nella formazione dei maggioraschi. Un terzo di detti beni sarà affetto alla dotazione del titolo menzionato nell’art. 5, e passerà con lui sopra tutte le persone ove questo titolo si fisserà.

Art. 8 – I titoli menzionati nell’art. 4, potranno istituire a favore del loro figlio primogenito o cadetto, e quanto agli arcivescovi, in favore del loro nipote primogenito o cadetto, un maggiorasco al quale sarà attaccato il titolo di barone, secondo le condizioni determinate qui sotto.

Art. 9 – I presidenti de’ nostri collegi elettorali del dipartimento, il primo presidente ed il procuratore generale della nostra corte di cassazione, i primi presidenti ed i procuratori generali della nostra corte di appello, i vescovi, i podestà delle seguenti città, cioè Milano, Venezia, Bologna, Verona, Brescia, Modena, Reggio, Mantova, Ferrara, Padova, Udine, Ancona, Macerata, Ravenna, Rimini, Cesena, Cremona, Novara, Vicenza, Bergamo, Faenza, Forlì, porteranno durante la loro vita il titolo di barone, cioè: i presidenti dei collegi elettorali, allorché avranno presieduto il collegio per tre sessioni; i primi presidenti, procuratori generali e podestà, allorché avranno dieci anni di esercizio, e che gli uni e gli altri avranno adempiute le loro funzioni con nostra soddisfazione.

Art. 10 – Potranno pure i membri de’ collegi elettorali generali prendere il titolo di barone, sopra la dimanda che ci sarà stata fatta, e trasmetterlo a quello dei loro figli in favore del quale avranno istituito un maggiorasco di lire 15.000 di annuo reddito, o in fondi stabili, o in rendite sul Monte Napoleone rese inalienabili.

Art. 11 – Le disposizioni degli articoli 6 e 7 saranno applicabili a quelli che porteranno, loro vita durante, il titolo di barone; nondimeno, non saranno tenuti a giustificare che una rendita di lire 15.000 il di cui terzo sarà destinato alla dotazione del titolo, ed insieme con questo passerà sopra tutte le persone ove lo stesso titolo si fisserà.

Art. 12 – I dignitarii, i commendatori ed i cavalieri dell’ordine della corona di ferro potranno trasmettere il titolo di cavaliere alla loro discendenza diretta e legittima, naturale o adottiva, di maschio in maschio per ordine di primogenitura, presentandosi davanti al cancelliere guardasigilli, a fine di ottenere le nostre lettere-patenti, e giustificando una rendita netta di 3.000 lire.

Art. 13 – Noi ci riserviamo d’accordare i titoli che giudicheremo convenienti, ai generali, prefetti, uffiziali civili e militari, ed altri de’ nostri sudditi i quali si saranno distinti per servigi resi allo Stato.

Art. 14 Quelli fra i nostri sudditi, a’ quali noi avremo conferito de’ titoli, non potranno portare altri stemmi, né avere altre livree se non quelle che saranno enunciate nelle lettere-patenti d’istituzione.

Art. 15 – Proibiamo a tutti i nostri sudditi di arrogarsi titoli e qualificazioni che noi non avessimo loro conferito, ed agli ufficiali dello Stato civile, notari ed altri di darli loro; rinnovando in caso di bisogno contro i contravventori, le leggi attualmente in vigore.

 

Titolo II

De’ Maggioraschi

 

Capitolo I

Delle forme da seguirsi per parte di quelli che sono autorizzati a trasmettere il loro titolo, formando un maggiorasco

 

Sezione prima

Formazione de’ maggioraschi, modo ed esame della domanda per l’istituzione

 

Art. 16 – Non potranno entrare nella formazione d’un maggiorasco, che beni immobili, liberi da ogni privilegio ed ipoteca, e non gravati da restituzione in virtù degli art. 1048 e 1049 del Codice Napoleone.

Art. 17 – Le rendite sul Monte Napoleone potranno essere ammesse nella formazione d’un maggiorasco, purché siano rese inalienabili, nella forma regolata dagli articoli seguenti.

Art. 18 – Le rendite saranno rese inalienabili mediante dichiarazione che farà il proprietario nella medesima forma che si pratica per le traslazioni delle rendite.

Art. 19 – Le rendite in tal modo rese inalienabili continueranno ad essere inscritte sul gran libro del debito pubblico per memoria, con dichiarazione dell’inalienabilità e saranno inoltre portate sopra un libro particolare.

Art. 20 – Gli estratti d’iscrizione che ne saranno rilasciati, porteranno un bollo che le annunzierà affette a maggiorasco.

Art. 21 – Quella parte di rendite d’un maggiorasco che sarà in rendite sul Monte Napoleone, verrà sottoposta a una ritenzione annuale di un decimo, che sarà successivamente ciascun anno reimpiegata in rendite sopra lo Stato a profitto del titolare del maggiorasco, e dei chiamati dopo di lui. Queste rendite saranno parimenti inalienabili.

 

Sezione seconda

Dei maggioraschi formati da quelli che hanno la facoltà di trasferire il loro titolo

 

Art. 22 – Quei nostri sudditi ai quali il titolo di duca, di conte e di barone sono conferiti di pieno diritto, e che vorranno approfittare della facoltà di rendere il loro titolo trasmissibile, formando un maggiorasco, dirigeranno a tale effetto una petizione al cancelliere guardasigilli.

Art. 23 – La petizione sarà motivata ed annunzierà:

1) La natura e la durata delle funzioni che rendono il petente capace d’istituire un maggiorasco;

2) La specie di maggiorasco per il quale la domanda è fatta;

3) I beni che il petente intende di applicare alla dotazione del maggiorasco;

4) Il prodotto di questi beni;

5) Il certificato del conservatore delle ipoteche che i detti beni non sono gravati d’alcuna ipoteca o privilegio;

6) Il numero de’ figli viventi del petente, distinguendo i maschi e le femmine.

Art. 24 – Il prodotto de’ beni immobili sarà giustificato:

1) Dagli scritti d’affitto per la durata di ventisette anni;

2) Dall’estratto de’ registri della imposizione.

In mancanza d’istrumento, il petente produrrà uno stato estimativo delle rendite, ed un atto di notorietà fatto davanti il giudice di pace od un notaio, da sette notabili del circondario ove i beni sono situati, e comprovanti la pubblica fama.

Tutti questi documenti saranno uniti alla petizione.

Art. 25 – Il cancelliere guardasigilli farà trascrivere la domanda sopra un registro del segretario generale del consiglio menzionato qui sotto, e farà rilasciare al petente un bollettino di registro.

Art. 26 – Il cancelliere procederà all’esame della dimanda, assistito da un consiglio nominato da noi e composto come segue:

– Tre senatori;

– Due consiglieri di Stato;

– Un procuratore generale;

– Un segretario generale;

Il consiglio sarà denominato, Consiglio del Sigillo dei titoli.

Art. 27 – Il segretario generale terrà registro delle deliberazioni, e ne sarà il depositario.

Art. 28 – Il consiglio delibererà alla maggiorità dopo d’aver inteso il rapporto del procuratore generale fatto sopra la domanda e i documenti uniti.

Art. 29 – Se il consiglio non si trova bastantemente istruito, il nostro cancelliere guardasigilli potrà ordinare che siano prese nuove informazioni dal procuratore generale, il quale a tale effetto corrisponderà coi magistrati, funzionari e particolari.

Art. 30 – Tosto che la dimanda sia registrata, il cancelliere guardasigilli darà la specifica dei beni proposti per formare il maggiorasco.

Art. 31 – In virtù di quest’atto, incominciando dal quindicesimo giorno dopo la sua trascrizione agli uffizii delle ipoteche ove i beni sono situati, i beni che vi saranno descritti, diverranno inalienabili durante un anno, e non potranno essere sottoposti né a privilegio, né ad ipoteca, né a’ carichi menzionati negli articoli 1048 e 1049 del Codice Napoleone né a condizione alcuna che ne diminuisca la proprietà ed il prodotto.

Art. 32 – Il procuratore generale del sigillo invigilerà per l’iscrizione sopra i registri del conservatore delle ipoteche, il quale sarà obbligato di dare avviso al procuratore generale delle iscrizioni o trascrizioni che fossero sopravvenute fino alla scadenza dei detti 15 giorni.

Art. 33 – Nel tempo stesso che il procuratore generale del sigillo farà fare la trascrizione per render liberi i beni dalle ipoteche giudiziarie e convenzionali, metterà altresì ogni diligenza per render liberi i beni dalle ipoteche legali, o per verificarle secondo le forme volute dalle leggi, e ne sarà fatto da lui medesimo un certificato prima di rilasciare il parere di cui si parlerà nell’articolo seguente.

Art. 34 – Se il parere è favorevole alla dimanda, il nostro cancelliere guardasigilli ci presenterà, unitamente ai documenti e al detto parere, un progetto di decreto conferente il titolo dimandato, ed autorizzante l’istituzione del maggiorasco.

Art. 35 – Quando il consiglio sarà di parere che i beni proposti non abbiano le condizioni ordinate per la formazione dei maggioraschi, la dimanda, i documenti prodotti ad appoggiarla e il detto parere ci saranno presentati dal cancelliere guardasigilli. Se noi approviamo il parere del consiglio, la richiesta ed i documenti saranno restituiti al petente dal segretario generale.

Art. 36 – La detta restituzione sarà menzionata nel registro, e il procurator generale indirizzerà ai conservatori delle ipoteche ove sono situati i beni, una istanza, in virtù della quale verrà cancellata ogni trascrizione.

Art. 37 – Allorché noi avremo firmato il decreto, l’istanza ed i suoi documenti saranno deposti agli archivii del sigillo de’ titoli, con una spedizione del decreto.

 

Sezione terza

Rilascio, pubblicazione e registro delle lettere patenti

 

Art. 38 – Sopra la dimanda dell’impetrante gli saranno spedite le lettere-patenti.

Art. 39 – A quest’effetto egli sarà obbligato di versare nella cassa dell’ordine della corona di ferro una somma eguale alla quinta parte d’un’annata delle rendite del maggiorasco.

Art. 40 – Metà di questa somma apparterrà all’ordine della corona di ferro, l’altra metà sarà destinata per le spese del sigillo.

Art. 41 – Le lettere-patenti saranno scritte in pergamena, e munite del nostro gran sigillo.

Art. 42 – Esse indicheranno:

1) Il motivo della distinzione che noi avremo accordata;

2) Il titolo da noi affetto al maggiorasco;

3) I beni che ne formano la dotazione;

4) Gli stemmi e le livree accordate all’impetrante.

Art. 43 – Le lettere-patenti saranno trascritte per intiero sopra un registro specialmente destinato a questo uso, e che rimarrà depositato agli archivii del Consiglio del sigillo dei titoli. Di tutto sarà fatta menzione sopra le lettere-patenti dal segretario generale del sigillo.

Art. 44 – Il nostro cancelliere guardasigilli, dietro i nostri ordini si porterà al Senato per comunicargli le nostre lettere-patenti, e farle trascrivere sui registri, conformemente all’articolo 14, § 3 e 4 del titolo II del sesto statuto costituzionale.

Art. 45 – Le lettere–patenti saranno, ad istanza tanto del procuratore generale, quanto dell’impetrante, e sulla requisitoria del ministero pubblico, pubblicate e registrate alla corte di appello, e al tribunale di prima istanza del domicilio dello impetrante e del luogo ove sono situati i beni affetti al maggiorasco.

Art. 46 – Il cancelliere di ciascheduna di queste corti e tribunali farà menzione sull’originale delle patenti della pubblicazione all’udienza e della trascrizione sui registri.

Art. 47 – Queste patenti, saranno pure iscritte per intiero nel bollettino delle leggi, e trascritte sul registro del conservatore delle ipoteche ove i beni sono situati.

Art. 48 – Le spese di pubblicazione e di registro sono a carico dell’impetrante.

 

Capitolo II

Delle forme da seguirsi pei maggioraschi creati sia di proprio moto, sia sulla domanda di quelli che non hanno il diritto di ricercare la trasmissione del titolo

 

Sezione prima

Maggioraschi di proprio moto

 

Art. 49 – Allorché sarà stata da noi accordata la totalità della dotazione del titolo, il nostro decreto e lo stato de’ beni affetti al maggiorasco, saranno diretti al nostro cancelliere guardasigilli, il quale, sull’istanza dell’impetrante, farà spedire le patenti. Entro il mese dopo la loro spedizione, le patenti saranno registrate, pubblicate e trascritte, come viene ordinato agli art. 43 e 44.

Art. 50 – Allorché la dotazione del titolo sarà stata fatta in tutto o in parte dal titolare, le patenti non potranno essere spedite se non dopo la verificazione ed adempimento delle disposizioni prescritte nella sezione II del capitolo II del presente titolo.

 

Sezione seconda

Maggioraschi sopra domanda

 

Art. 51 – Quelli fra i nostri sudditi i quali brameranno d’istituire nella loro famiglia un maggiorasco, conformemente all’articolo 1, § 4 del sesto statuto costituzionale, c’indirizzeranno direttamente una petizione a quest’oggetto.

Art. 52 – Questa petizione sarà motivata, e porterà, oltre l’indicazione de’ servigii del requirente e della sua famiglia, le diverse dichiarazioni prescritte dall’art. 23.

Art. 53 – Allorché la domanda ci parrà suscettibile d’esser presa in considerazione, sarà rimessa coi relativi documenti al nostro cancelliere guardasigilli, il quale li farà esaminare dal Consiglio del sigillo de’ titoli, secondo le forme prescritte negli articoli 25, 26, 27 e 28.

Art. 54 – Il cancelliere guardasigilli ci presenterà le conclusioni del procurator generale, ed il parere del consiglio, non solo sopra i mezzi di formazione del maggiorasco, ma ancora sopra i servigi, costumi e vita onorevole del petente e della sua famiglia.

Art. 55 – Lo stesso cancelliere, dietro i nostri ordini, ci presenterà, se vi è luogo, il progetto di decreto, tendente all’istituzione del maggiorasco, alle condizioni che ci piacerà di imporre.

Art. 56 – Nel caso in cui la domanda fosse rigettata, il cancelliere ordinerà la consegna delle carte al petente con annotazione della detta consegna nei registri.

Art. 57 – Allorché la domanda sarà accordata, il cancelliere guardasigilli farà spedire le patenti. Se a noi sarà piaciuto imporre delle condizioni, il cancelliere guardasigilli, prima della spedizione delle lettere-patenti, ci renderà conto del loro adempimento.

Art. 58 – Le forme da seguirsi per la consegna, la pubblicazione, e il registro delle patenti, saranno quelle prescritte al capitolo I sezione III del titolo II.

 

Capitolo III

Degli effetti della creazione de’ maggioraschi rispetto alle persone

 

Sezione prima

 

Art. 59 – Il titolo che ci sarà piaciuto di conferire a ciascun maggiorasco, sarà affetto esclusivamente a quello in favore del quale avrà avuto luogo la creazione, e passerà alla sua discendenza legittima, naturale o adottiva, di maschio in maschio per ordine di primogenitura.

Art. 60 – Niuno per altro de’ nostri sudditi, investito d’un titolo, potrà adottare un figlio maschio, secondo le regole determinate dal Codice Napoleone, o trasmettere il titolo che gli sarà accordato o pervenuto, ad un figlio adottato prima che egli sia investito del titolo, se ciò non è con nostra autorizzazione enunciato nelle patenti rilasciate a quest’effetto.

Quegli che vorrà ottenere una tale autorizzazione si presenterà davanti il nostro cancelliere guardasigilli, il quale prenderà a questo riguardo i nostri ordini.

Art. 61 – Quelli fra i nostri sudditi ai quali saranno conferiti di pieno diritto i titoli di duca, conte, barone e cavaliere, e quelli che avranno ottenuto in loro favore la creazione d’un maggiorasco, presteranno entro il mese il seguente giuramento:

“Io giuro d’essere fedele al re ed alla sua dinastia, di ubbidire alle costituzioni, leggi e regolamenti del regno, di servire sua maestà da buono, leale e fedel suddito, e di educare i miei figli negli stessi sentimenti di fedeltà ed ubbidienza, e di marciare alla difesa della patria ogni volta che il territorio sarà minacciato, e che S.M. andrà all’armata”.

Art. 62 – Lo stesso giuramento verrà prestato entro tre mesi da quelli che saranno chiamati a ricevere un maggiorasco.

Art. 63 – I duchi e i conti presteranno il giuramento nelle nostre mani, e ci saranno presentati dal cancelliere guardasigilli. I baroni ed i cavalieri lo presenteranno nelle mani di quello o di quelli che noi avremo delegati a quest’oggetto.

 

Sezione seconda

Dell’effetto della creazione dei maggioraschi relativamente ai beni che li compongono

 

Art. 64 – I beni che formano i maggioraschi sono inalienabili; non possono essere né ipotecati, né sequestrati.

Nondimeno i figli del fondatore, i quali non fossero provveduti della loro legittima sui beni liberi del padre, potranno domandare il compimento sui beni dati dal padre per la formazione del maggiorasco.

Art. 65 – Ogni atto di vendita, donazione od altra alienazione di questi beni fatta dal titolare; ogni atto che desse loro privilegio od ipoteca, ogni giudizio che convalidasse questi atti, eccetto i casi qui sotto espressi, sono nulli di pieno diritto.

Art. 66 – La nullità de’ giudizii sarà pronunciata dal nostro Consiglio di Stato, nella forma regolata dal terzo statuto costituzionale, relativamente agli affari del contenzioso della amministrazione, sia ad istanza del titolare del maggiorasco, sia del procuratore generale del sigillo de’ titoli.

Art. 67 – Proibiamo ai notari di ricevere gli atti enunciati nell’art. 65, agli impiegati dell’ufficio del registro di registrarli, ai giudici di pronunciare la validità.

Art. 68 – Proibiamo parimenti a tutti gli agenti di cambio, sotto pena di destituzione, ed anche di pene più gravi, se occorre, e di tutti i danni e spese delle parti, di negoziar direttamente, né indirettamente le iscrizioni del Monte Napoleone marcate col bollo stabilito all’art. 20.

Art. 69 – I beni de’ maggioraschi non potranno essere aggravati d’alcuna ipoteca legale né giudiziaria.

Art. 70 – Nondimeno, se in virtù di una ipoteca legale acquistata anteriormente alle formalità enunciate negli articoli 30, 31, 32 e 33, e della quale i beni non fossero pur anche stati liberati, a termini del Codice Napoleone, vi fosse luogo a diminuzione del valore dei beni del maggiorasco, il titolare dovrà, se ne è ricercato, compiere o rimpiazzare i fondi affetti al suo titolo, e che ne fossero stati stralciati per effetto della detta ipoteca.

Art. 71 – Il godimento de’ beni seguirà il titolo sopra tutte le teste che lo porteranno, secondo le disposizioni dell’articolo 59.

Art. 72 – Alla morte del titolare, sia che egli lasci una posterità mascolina, sia che per mancanza di posterità mascolina, il maggiorasco si trovi estinto, o trasportato fuori della discendenza mascolina, la sua vedova avrà diritto ad una pensione, che verrà presa sul reddito de’ beni affetti al maggiorasco.

Art. 73 – Questa pensione sarà della metà del prodotto se il maggiorasco è estinto o traslocato, e del terzo se il maggiorasco sussiste ancora: in quest’ultimo caso la pensione non sarà dovuta:

1) Se la vedova abbia ne’ suoi beni particolari un reddito uguale a quello che dato le avrebbe la pensione;

2) Se si rimaritasse senza nostro permesso.

Art. 74 – Il titolare di maggiorasco sarà tenuto:

1) Di pagare le imposizioni ed altri carichi reali;

2) Di mantenere i beni da buon padre di famiglia;

3) Di pagare la pensione alla vedova del titolare precedente;

4) Di pagare i debiti del titolare pei quali, a termine dell’art. 76 avessero potuto essere delegati i redditi, senza però che il titolare attuale sia obbligato d’impiegarvi più del terzo del prodotto dei beni, durante i due primi anni;

5) Di pagare, in difetto d’altri beni sufficienti, i debiti della natura di quelli che sono enunciati nell’articolo 2101 del Codice Napoleone, e che fossero stati lasciati dal padre e madre defunti del titolare attuale.

Questi pagamenti non sono che fino alla concorrenza d’un’annata del reddito.

Art. 75 – I redditi del maggiorasco non saranno soggetti a sequestro, che nel caso e nella proporzione in cui avrebbero potuto essere delegati.

Art. 76 – Essi non potranno essere delegati che pei debiti privilegiati indicati dall’articolo 2101 del Codice Napoleone, e dai numeri 4 e 5 dell’articolo 2103; ma la delegazione non sarà permessa, per quest’ultimo caso, se non in quanto che le riparazioni non eccedessero quelle che sono a carico degli usufruttuarii.

Nell’uno e nell’altro caso, la delegazione non potrà aver luogo se non per la concorrenza della metà del reddito.

Art. 77 – Ove sopravvengano de’ casi che esigano dei lavori o delle riparazioni considerabili agli edifizii o proprietà componenti il maggiorasco, ed eccedenti le somme la cui disposizione è qui sopra autorizzata, vi sarà provveduto da un decreto fatto da noi, in Consiglio di Stato, sulla domanda del titolare, e sul parere del Consiglio del sigillo dei titoli.

 

Capitolo IV

Dell’autorizzazione d’alienare i beni affetti ai maggioraschi: delle forme di queste alienazioni e del reimpiego

 

Sezione prima

Dell’autorizzazione d’alienare i beni affetti ad un maggiorasco

 

Art. 78 – Potranno i titolari che avranno formato essi stessi la dotazione, ottenere, se vi è necessità od utilità l’autorizzazione di cambiare in tutto o in parte i beni che la compongono.

Art. 79 – Nell’uno e nell’altro caso i titolari indirizzeranno la loro dimanda coi documenti giustificativi, voluti dagli articoli 23 e 24 al cancelliere guardasigilli, il quale prenderà i nostri ordini per farla esaminare, se vi è luogo, dal Consiglio del sigillo de’ titoli.

Art. 80 – Il consiglio procederà sulla domanda nelle forme prescritte dagli articoli 28 e 29.

Se il suo parere è favorevole, il cancelliere guardasigilli ci presenterà, col detto parere e rapporto del procuratore generale, un progetto di decreto tendente ad autorizzare l’alienazione od il cambio, e specificare il modo e le condizioni della vendita; ed ordinando, se vi è luogo, il deposito del prezzo alla cassa d’ammortizzazione, fino al compimento del detto reimpiego.

Art. 81 – La vendita potrà esser fatta amichevolmente o all’incanto.

Art. 82 – Fino a che la vendita sia consumata, il titolare continuerà a percepire i redditi del maggiorasco.

Art. 83 – L’impetrante sottoporrà al Consiglio del sigillo dei titoli il progetto, sia di vendita, sia di cambio, o il libro dei carichi.

Art. 84 – Il consiglio, dopo d’aver preso gli schiarimenti necessarii, darà, sulle conclusioni del procuratore generale, il suo parere, che ci sarà presentato dal cancelliere guardasigilli.

Art. 85 – Quando noi crederemo di dover approvare il parere, saranno spedite delle patenti, le quali verranno rilasciate, registrate, pubblicate e trascritte come è detto nel capitolo I, sezione III, titolo II.

Da questo momento i beni, di cui sarà permessa l’alienazione, rientreranno nel commercio.

Art. 86 – Il contratto di vendita o di cambio, o l’aggiudicazione avrà luogo in presenza del procuratore generale del Consiglio del sigillo dei titoli, un suo delegato.

Art. 87 – Ogni aggiudicazione, vendita o cambio in cui non fossero state osservate alcune delle formalità stabilite negli articoli precedenti della presente sezione, saranno nulli e di nessun effetto.

Art. 88 – Le nullità saranno pronunciate dal nostro Consiglio di Stato, il quale, sulla istanza del procuratore generale decreterà nelle forme stabilite dal terzo statuto costituzionale, relativamente alle vertenze contenziose d’amministrazione.

Proibiamo alle nostre corti e tribunali di mischiarsene.

Art. 89 – L’acquirente dovrà di pieno diritto al titolare gli interessi del prezzo sino al pagamento, ancorché non fossero stati stipulati, e senza che vi sia bisogno di sentenza.

Egli non ne sarà dispensato, se non col versarne il prezzo, a termini convenuti nella cassa d’ammortizzazione, la quale ne pagherà l’interesse al titolare.

 

Sezione seconda

Del reimpiego del prezzo de’ beni alienabili

 

Art. 90 – Il reimpiego del prezzo de’ beni alienati sarà fatto entro sei mesi dall’alienazione in beni della natura di quelli che, secondo gli articoli 16 e 17, devono formare i maggioraschi.

Esso verrà effettuato nella forma e modi seguenti.

Art. 91 – Il titolare, s’egli si propone di fare il reimpiego in immobili reali, presenterà al Consiglio del sigillo de’ titoli:

1) Lo stato de’ beni che egli desidera di acquistare;

2) I titoli che ne fanno constare la proprietà ed il valore;

3) Le carte che ne giustificano il prodotto;

4) Le condizioni del contratto.

Art. 92 – Il consiglio, dopo aver preso gli schiarimenti necessarii, stenderà il suo parere, che ci sarà presentato dal cancelliere guardasigilli, per essere da noi definitivamente decretato come sarà di ragione.

Art. 93 – Nel caso in cui non giudicassimo a proposito di autorizzare l’acquisto, ci riserviamo di prorogare il termine che è accordato al titolare per trovare un reimpiego.

Nel caso contrario, il nostro decreto di approvazione sarà munito di patenti, le quali saranno rilasciate, registrate, pubblicate e trascritte, come è detto nel capitolo I, sezione III, titolo II.

Art. 94 – I beni ammessi in reimpiego vestiranno la natura e la condizione che avevano i beni che rimpiazzeranno, prima che fossero stati rimessi nel commercio.

Art. 95 – Allorché, a termini dei decreto d’alienazione, o per decreto susseguente, il reimpiego sarà stato permesso in rendite sul Monte Napoleone, il prefetto del Monte darà al titolare che avrà fatto l’acquisto delle rendite per la somma del reimpiego, la dichiarazione della loro inalienabilità, secondo le forme prescritte nella sezione I, del capitolo I, titolo II.

Art. 96 – Una dupla di questa dichiarazione sarà deposta negli archivii del sigillo per essere unita allo stato dei beni del maggiorasco, e sulla rappresentanza dell’altra dupla il prefetto del Monte Napoleone farà eseguire il pagamento fino alla concorrenza del valore delle dette rendite, corrente al momento del loro acquisto.

Art. 97 – Le proprietà possedute in maggiorasco non avranno e non conferiranno a quelli, in favore de’ quali sono eretti, alcun privilegio relativamente ai nostri sudditi ed alle loro proprietà.

In conseguenza i titolari resteranno soggetti alle leggi civili e criminali, ed a tutte le leggi che reggono i nostri Stati, in quanto non v’è derogato dalle presenti; essi sopporteranno le contribuzioni, personali, mobiliarie ed immobiliarie, dirette ed indirette nella stessa proporzione degli altri cittadini.

Art. 98 – Se la discendenza mascolina e legittima d’un titolare che avrà fornito i beni componenti la dotazione si estinguerà, il titolo resterà soppresso, i beni affetti al maggiorasco diverranno liberi nella successione dell’ultimo titolare, e passeranno nei suoi eredi.

Noi ci riserviamo però, secondo le circostanze e sulla domanda del titolare, di trasportare il maggiorasco sulla testa di uno de’ suoi generi, ovvero s’egli non ha figli, d’uno dei suoi eredi collaterali, senza che la presente disposizione pregiudicar possa ai diritti di legittima che potrebbero esser dovuti sui beni componenti la dotazione.

Art. 99 – Allorché la dotazione del maggiorasco sarà stata, in tutto od in parte, da noi accordata, a condizione della reversione nel caso d’estinzione della discendenza mascolina e legittima, occorrendo il caso la condizione si adempierà sopra questi beni o sopra quelli che avessero potuto essere acquistati in reimpiego; ed il nostro procuratore generale del Consiglio del sigillo de’ titoli, i nostri procuratori generali presso le corti, i nostri procuratori presso i tribunali, ed i nostri agenti del demanio ne sorveglieranno la esecuzione.

Comandiamo ed ordiniamo, che le presenti munite dei sigilli dello Stato, siano comunicate ai collegi elettorali del nostro regno d’Italia, inserite nel bullettino delle leggi e dirette ai tribunali ed alle autorità amministrative, perché le trascrivano ne’ loro registri, le osservino e le facciano osservare.

 

Dato dal nostro palazzo imperiale di Saint-Cloud, il 21 settembre 1808.

Napoleone

 

Per l’imperatore e re, il ministro segretario di Stato

A. Aldini

 

 

OTTAVO STATUTO COSTITUZIONALE

Relativo alla dotazione della corona, ed agli appannaggi dei principi e delle principesse d’Italia

15 marzo 1810

 

 

NAPOLEONE

Per la grazia di Dio e per le Costituzioni

imperatore de’ Francesi, re d’Italia, protettore della Confederazione del Reno e mediatore della Confederazione Svizzera

 

Vista la deliberazione del Senato, in data del 26 febbraio 1810, sul progetto di statuto statogli presentato il dì 22 detto mese, e discusso in conformità degli articoli 10 e 11 del sesto statuto costituzionale;

Abbiamo decretato e decretiamo quanto segue:

 

Ottavo Statuto Costituzionale

Estratto de’ registri del Senato consulente del giorno 26 febbraio 1810

 

Il Senato consulente, riunito nel numero dei membri prescritto dall’articolo 29 del sesto statuto costituzionale;

Visto il progetto dello statuto, e inteso sui motivi del medesimo gli oratori del governo, ed il rapporto della commissione speciale nominata nella seduta del 22 febbraio 1810;

Essendo stata deliberata l’adozione col numero di voti prescritto dall’articolo 11 del sesto statuto, decreta quanto segue:

 

Titolo I

Della dotazione della corona

 

Sezione prima

 

Art. 1 – La dotazione della corona è composta dei palazzi, case, parchi, demanii, rendite e beni compresi nelle disposizioni del terzo statuto e dei decreti 11 giugno e 18 luglio 1806, 11 gennaio e 5 ottobre 1807, e 19 settembre 1808.

Art. 2 – Lo stato de’ beni componenti la suddetta dotazione sarà trasmesso al Senato, e annesso alla minuta del presente statuto.

Art. 3 – I diamanti, le perle, gioie, quadri, statue, pietre incise ed altri monumenti delle arti che trovansi nei palazzi reali, fanno parte della dotazione della corona.

Ne sarà fatto l’inventario e trasmesso al Senato per essere annesso alla minuta del presente statuto.

Art. 4 – Le suppellettili, le carrozze, i cavalli, ecc. fanno egualmente parte della dotazione della corona sino alla concorrenza di una somma di L. 5.000.000.

I re possono però aumentare, sia per testamento, sia per donazione fra vivi, le suppellettili della corona.

 

Sezione seconda

Della conservazione dei beni che formano la dotazione della corona

 

Art. 5 – I beni formanti la dotazione della corona sono inalienabili e imprescrittibili.

Art. 6 – Non possono essere né dati in pegno, né aggravati di pesi e d’ipoteche.

Art. 7 – La permuta degli immobili affetti alla dotazione della corona, non può aver luogo che in vista di un senatoconsulto.

 

Sezione terza

Dell’amministrazione dei beni che formano la dotazione della corona

 

Art. 8 – I beni della corona sono amministrati da un intendente generale, il quale esercita le azioni giudiziarie del re, e contro del quale vengono dirette tutte le azioni a carico del re, e pronunziate le sentenze.

Art. 9 – I beni stabili fruttiferi che trovansi affetti alla dotazione della corona, possono essere affittati, a condizione che la durata delle locazioni non ecceda il tempo prefisso dagli articoli 595, 1429, 1430 e 1718 del Codice Napoleone. Si eccettua il caso in cui una locazione enfiteutica fosse stata autorizzata con decreto deliberato in Consiglio di Stato.

Art. 10 – Il taglio di boschi dipendenti dalla corona è regolato conformemente alle discipline vigenti pei boschi dello Stato.

 

Sezione quarta

Dei carichi della dotazione della corona

 

Art. 11 – I beni che formano la dotazione della corona soggiacciono a tutti i carichi civili della proprietà, ma non sono soggetti alle pubbliche imposte.

Art. 12 – I beni della corona non rimangono gravati dai debiti del re defunto: tali debiti vengono pagati sul demanio privato.

Art. 13 – Tutte le pensioni accordate dal re defunto, non possono essere pagate che sul demanio privato. In mancanza o in caso d’insufficienza di questo, non saranno pagate, se non vengano confermate dal nuovo re.

Art. 14 – Tutte le pensioni di ritirata accordate ad impiegati nel servizio della casa del re sono pagate col fondo di ritenzione fatto sul trattamento dei detti impiegati. Questo fondo non può ricevere alcun’altra destinazione, ed è posto sotto l’amministrazione e la responsabilità dell’intendente generale.

 

Titolo II

Del demanio straordinario

 

Art. 15 – Il demanio straordinario è composto dei beni mobili e immobili che il re acquista, esercitando il diritto di pace e di guerra in virtù di conquiste o di trattati, siano pubblici, siano segreti.

Art. 16 – Il re dispone del demanio straordinario:

1) Per sovvenire alle spese delle armate;

2) Per ricompensare i soldati ed i grandi servigi civili e militari resi allo Stato;

3) Per innalzare monumenti, eseguire opere pubbliche, incoraggiare le arti ed accrescere lo splendore del regno.

Art. 17 – I beni appartenenti al demanio straordinario sono soggetti a tutti i carichi della proprietà ed a tutte le contribuzioni pubbliche imposte, come i beni dei particolari.

Art. 18 – Vi sarà un intendente generale ed un tesoriere del demanio straordinario.

Art. 19 – L’intendente generale esercita le azioni giudiziarie del re. Tutte le azioni a carico del re sono dirette contro l’intendente, e contro il medesimo ne sono pronunciate le sentenze.

Art. 20 – La contabilità del tesoriere sarà verificata ciascun anno da una commissione del Consiglio di Stato.

Art. 21 – Il re dispone del demanio straordinario mobile o immobile per decreto, o per decisione.

Art. 22 – Se la disposizione cade sui beni mobili, l’intendente rilascerà in favore del donatario un ordine sopra il tesoriere generale. Senza quest’ordine niun assegno gli sarà fatto buono ne’ suoi conti.

Art. 23 – Se la disposizione cade su di un immobile, l’intendente formerà lo stato dei beni e lo invierà al cancelliere guardasigilli, il quale farà fare l’atto d’investitura dal Consiglio del sigillo dei titoli in favore del donatario. Nell’investitura sarà sempre espresso il caso di reversione dei beni dati dal re.

Art. 24 – Ogni disposizione fatta o da farsi dal re sul demanio straordinario è irrevocabile.

 

Titolo III

Del demanio privato del re

 

Art. 25 – Il re ha un demanio privato proveniente sia da donazioni, sia da successioni, sia da acquisti, conformemente alle regole del diritto civile.

Art. 26 – I beni del demanio sono amministrati da un intendente generale che esercita le azioni giudiziarie del re. Contro dell’intendente sono dirette le azioni e pronunciate le sentenze a carico del re.

Art. 27 – Tutti i mobili della corona al di là del valore di 5 milioni fissato dall’articolo 4 appartengono al demanio privato.

Art. 28 – Il demanio privato sopporta tutti i carichi della proprietà, tutte le contribuzioni e i pesi pubblici come i beni dei particolari.

Art. 29 – Il danaro contante ed i valori di ogni specie che trovansi depositati nelle casse della corona e del demanio privato, allorché si fa luogo alla successione, appartengono al demanio privato.

Art. 30 – Il re dispone del suo demanio privato, sia per atto tra vivi, sia per ultima volontà, senza essere legato da alcune delle disposizioni proibitive del Codice Napoleone.

Art. 31 – Le disposizioni tra vivi dei beni del demanio privato sono fatte con un decreto reale controfirmato dall’intendente generale.

Art. 32 – Se la disposizione è fatta sui beni mobili, si procede come all’articolo 22.

Art. 33 – Se la disposizione è fatta sui beni immobili, l’intendente formerà lo stato de’ beni, ed il donatario n’entrerà in possesso, adempiendo le formalità prescritte dalle leggi.

Art. 34 – Le disposizioni testamentarie, in virtù delle quali il re dispone de’ beni del suo demanio privato, sono ricevute dal cancelliere guardasigilli, assistito dal segretario di Stato, nelle forme determinate dagli articoli 23 e 24 dello Statuto dell’impero 30 marzo 1806.

Art. 35 – Il re non può prima dell’età d’anni 25 disporre per atto tra vivi del suo demanio privato.

Art. 36 – Il re all’età d’anni 16 potrà disporre per atto di ultima volontà sino alla somma di 2.000.000.

Art. 37 – In caso di morte del re senza aver disposto in tutto o in parte del suo demanio privato, la successione sarà regolata come segue:

Art. 38 – Se il re non lascerà che un figlio maschio, questi succede in tutti i beni del demanio privato.

Art. 39 – Se il re lascia più figli maschi, o maschi e femmine, essi divideranno egualmente tra loro i beni, siano mobili, siano immobili, del demanio privato sino alla concorrenza di un capitale di 500.000 lire di rendita per ciascuno d’essi, e ciò indipendentemente dal loro appannaggio, caso ne siano forniti, il soprappiù apparterrà al primogenito.

Art. 40 – Se il re non lascia che delle principesse, succedono come i principi, e sino alla stessa concorrenza. La primogenita di dette principesse potrà ereditare sino alla concorrenza di un milione di rendita.

Il nuovo re avrà i medesimi diritti, come se fosse figlio del re defunto, ed erediterà come all’art. 39.

Art. 41 – I principi e le principesse chiamati a qualche regno straniero, sono esclusi dalle eredità. Per altro le principesse, in caso di vedovanza, i principi secondogeniti, le principesse ed i loro discendenti possono essere ripristinati re nella loro eredità.

Art. 42 – I beni immobili ed i diritti appartenenti al demanio privato dal re, non sono in alcun tempo, né sotto qualsivoglia pretesto riuniti di pieno diritto al demanio dello Stato. La riunione non può farsi che per istatuto.

Art. 43 – La riunione dei beni non è presunta neppure nel caso in cui il re avesse giudicato a proposito di farli amministrare confusamente col demanio dello Stato o della corona, e per mezzo degli stessi ufficiali.

Art. 44 – Il demanio privato resterà obbligato al pagamento delle somme cui il re defunto lo avesse affetto per pubblici servigi, come costruzione di edifizii, monumenti, strade, canali ed altre spese.

Art. 45 – Qualunque diamante e pietra preziosa intagliata od incisa del valore al disopra di L. 300.000, ogni pittura di artista famoso, ogni statua, medaglia o manoscritto antico, sono riuniti di diritto alle suppellettili della corona.

Art. 46 – I beni appartenenti al re, dati col patto di reversione, ritornano al demanio privato o straordinario, secondo che dall’uno o dall’altro provengono.

Art. 47 – Le regole stabilite da questo statuto per l’acquisto, godimento e disposizione del demanio privato saranno osservate nonostante qualunque disposizione contraria delle leggi civili.

 

Titolo IV

Del vedovile delle regine e degli appannaggi

Dei principi italiani

 

Sezione prima

Disposizioni generali

 

Art. 48 – Il vedovile delle regine è a carico dello Stato. Il quantitativo del vedovile è fissato da un senatoconsulto all’atto del matrimonio del re o del principe reale, o all’avvenimento al trono del principe secondogenito, se ha preso moglie avanti l’epoca in cui ha acquistata la qualità di crede presuntivo della corona.

Art. 49 – Gli appannaggi sono dovuti:

1) Ai principi figli secondogeniti del re regnante o del re e del principe reale defunti;

2) Ai discendenti maschi di questi principi, quando non sia stato accordato verun appannaggio al loro padre od avo.

Art. 50 – Non è dovuto appannaggio alle principesse ed ai loro discendenti. Esse però hanno i diritti espressi nel titolo V.

Art. 51 – Gli appannaggi dei principi sono formati per la maggior parte di beni stabili, situati nel territorio del regno.

Art. 52 – I beni immobili del demanio straordinario, o privato del re, servono di preferenza a formare gli appannaggi dei principi.

In caso d’insufficienza, vi è provveduto da un senatoconsulto.

Art. 53 – I beni particolari dei principi appannaggisti non si confondono coi beni formanti il loro appannaggio.

Art. 54 – I principi appannaggisti posseggono i loro beni particolari patrimonialmente, ne godono e ne dispongono conformemente alle regole del diritto civile.

 

Sezione seconda

Della trasmissione degli appannaggi

 

Art. 55 – Dopo la morte dei principi appannaggisti, il figlio primogenito eredita l’appannaggio.

Art. 56 – In caso di estinzione della linea mascolina, l’appannaggio ritorna, sia al demanio dello Stato, sia al demanio straordinario e privato del re, secondo che ciascuno di essi lo abbia somministrato.

Art. 57 – Non si fa luogo all’esercizio del diritto agli appannaggi, che allorquando i principi, ai quali appartiene, si ammoglino o siano giunti all’anno diciottesimo.

Art. 58 – In caso di mancanza di uno o più rami mascolini della linea appannaggista, l’appannaggio passa nel ramo mascolino più prossimo sino alla totale estinzione della discendenza mascolina.

Art. 59 – I beni appannaggiati sono trasmessi ai principi d’ogni grado, chiamati a succedervi, liberi da debiti, obblighi ed ipoteche contratte dai precedenti appannaggisti, salve le locazioni fatte nei termini degli articoli 475, 1429, 1430 e 1718 del Codice Napoleone, e gli affitti enfiteutici fatti conformemente alle disposizioni dell’art. 9.

Art. 60 – Le contestazioni sull’ordine dell’eredità degli appannaggi, o sulla loro trasmissione o conservazione sono decise dal consiglio di famiglia.

 

Sezione terza

Della concessione degli appannaggi

 

Art. 61 – Gli appannaggi, sia sul demanio straordinario, sia sul demanio privato, sono fatti con decreto del re, e registrati negli atti del Senato. Gli appannaggi sullo Stato non sono concessi che in virtù di un senatoconsulto, dietro proposizione fatta in nome del re, dopo l’epoca in cui si fa luogo al diritto di ottenerli.

Art. 62 – Può il re differire, finché lo giudica conveniente, la proposizione dell’appannaggio, senza che il ritardo possa mai essere riputato rinunzia.

Art. 63 – Il re può proporre e costituire l’appannaggio in più volte e per parti. Se l’appannaggio è costituito sullo Stato, non si presume che il re abbia rinunziato al diritto di addimandare il compimento, senza una espressa rinunzia.

Art. 64 – Se il re muore prima d’aver fatta o esaurita la costituzione o la proposizione dell’appannaggio, usano del di lui diritto i re successori, nei limiti determinati dall’articolo seguente.

 

Sezione quarta

Della fissazione degli appannaggi

 

Art. 65 – La fissazione degli appannaggi non è uniforme. Viene determinata dal re entro i limiti di un’annua rendita di un milione.

 

Sezione quinta

Della fissazione degli appannaggisti

 

Art. 66 – La rendita degli appannaggi è affetta:

1) Per l’educazione dei principi, e delle principesse, figli naturali e legittimi dell’appannaggista;

2) Pel loro mantenimento fino al loro matrimonio e stabilimento;

3) Pel vedovile che sarà stato costituito alle vedove.

Non potrà però il vedovile oltrepassare la terza parte della rendita.

Art. 67 – A qualunque grado della discendenza mascolina sia pervenuto l’appannaggio, le principesse, figlie di alcuno degli appannaggisti attuali, caso non siano maritate, hanno diritto, maritandosi, al conseguimento di una congrua dote da determinarsi dal consiglio della famiglia reale.

Il capitale della dote è pagato o dal demanio straordinario o privato, o in sussidio dallo Stato, mediante un senatoconsulto.

Art. 68 – Gli appannaggi sono trasmessi ai principi chiamati a succedervi, liberi da ogni debito e ipoteca dei precedenti appannaggisti, all’eccezione del vedovile, come è detto all’art. 66. Tuttavia l’erede dell’appannaggio è obbligato di pagare i debiti del suo antecessore sino alla concorrenza della metà di un’annata del reddito, prendendo quelle dilazioni che saranno fissate dal consiglio di famiglia.

 

Sezione sesta

Della conservazione dell’appannaggio

 

Art. 69 – Sono comuni ai beni stabili componenti gli appannaggi le disposizioni portate dagli art. 5, 6 e 10.

Art. 70 – Non possono essere permutati che in virtù d’un senatoconsulto. Qualunque permuta altrimenti fatta, è nulla.

Art. 71 – È proibito alle corti ed ai tribunali di conoscere della nullità. Viene questa pronunciata dal Consiglio di Stato sopra denuncia del gran giudice, ministro della giustizia.

 

Sezione settima

Dell’estinzione degli appannaggi

 

Art. 72 – Gli appannaggi si estinguono, 1) per la mancanza della discendenza mascolina del primo concessionario, salvi però i vedovili di cui trovansi affetti; 2) per la vocazione dell’appannaggista attuale ad un regno estero allorché non esistono principi collaterali dello stesso ramo, chiamati a succedere nell’appannaggio; 3) per la sortita del principe appannaggista dal territorio del regno, senza la permissione del re, allorché non esiste alcun principe chiamato dopo di lui all’appannaggio. In questi due casi l’appannaggio passa al principe collaterale chiamato ad ereditarlo; in difetto, del principe appannaggiato e de’ suoi figli.

Art. 73 – I principi, il cui appannaggio è, o sarebbesi estinto per la vocazione ad un regno estero, possono essi od i loro discendenti essere spropriati, mediante indennizzazione dei loro beni patrimoniali, situati nel regno al momento della loro assunzione al trono.

Art. 74 – I beni dei principi in tal modo espropriati rimangono nella famiglia reale, e sono riuniti di pieno diritto al demanio privato del re; l’indennizzazione dovuta ai principi espropriati viene regolata dal consiglio di famiglia, e pagata sul tesoro della corona, oppure sul demanio privato.

Art. 75 – I discendenti maschi e le figlie dei principi espropriati non sono esclusi dalle donazioni che il re può far loro dei beni che compongono il suo demanio privato e il demanio straordinario.

Art. 76 – La proprietà dei beni che il re loro concede, rimane nelle loro mani, sino al quinto grado esclusivamente della loro discendenza, sotto condizioni stabilite dagli articoli della sez. V del presente titolo per gli appannaggi. Dopo il quinto grado i beni sono affrancati da queste condizioni, ed i concessionarii acquistano i diritti di prima ed assoluta proprietà.

Art. 77 – Se fino al quinto grado inclusivamente i concessionarii vanno a stabilirsi nell’estero senza la permissione del re, la concessione cessa di pien diritto, ed i beni ritornano al demanio privato o al demanio straordinario, secondo provengano dall’uno o dall’altro.

 

Titolo V

Della dotazione delle principesse

 

Art. 78 – Le principesse figlie del re regnante, o defunto e le figlie dei principi, figli dell’uno o dell’altro, quando queste hanno perduto il loro padre, o che il padre non ha appannaggio, sono dotate dal re sopra il suo demanio privato, o sopra il demanio straordinario; e nel caso che queste non sieno bastanti, dallo Stato, in virtù di un senatoconsulto.

Art. 79 – Quando la principessa non isposa un italiano regnicolo, la dote non può essere costituita che in danaro.

Art. 80 – Essa non è accordata che sopra proposizione del re, ed è regolata da un senatoconsulto, nella somma indicata dal re.

Art. 81 – Le principesse giunte all’età dei 18 anni compiti e non maritate, avranno diritto ad un’annua pensione.

Art. 82 – Questa pensione sarà fissata per ciascuna di loro, come è detto all’art. 61, sez. III, tit. IV.

Art. 83 – Il presente statuto sarà trasmesso con messaggio al re.

 

Il presidente ed i segretarii

Firmato, Conte Paradisi, presidente

Firmato, Mengotti, Lamberti, segretarii

 

Veduto e sigillato

Pel cancelliere del Senato assente

Firmato, Mengotti

 

Comandiamo ed ordiniamo che il presente Statuto, munito dei sigilli dello Stato, sia registrato dal Senato, pubblicato ed inserito nel bollettino delle leggi elettorali del nostro regno, e diretto ai tribunali ed autorità amministrative, perché lo trascrivano nei loro registri, l’osservino e facciano osservare: ed il segretario di Stato del nostro regno è incaricato d’invigilare sull’esecuzione.

 

Dato dal nostro palazzo imperiale delle Tuileries, questo dì 15 marzo 1810

Napoleone

 

V. da noi cancelliere guardasigilli della Corona

(l.s.) Il duca di Lodi

 

Per l’imperatore re, il ministr. segr. di Stato

A. Aldini

 

 

NONO STATUTO COSTITUZIONALE

Sulla fissazione dell’appannaggio a S.A.I. il principe viceré d’Italia 15 marzo 1810

 

 

NAPOLEONE

Per la grazia di Dio e per le Costituzioni

imperatore de’ Francesi, re d’Italia, protettore della Confederazione del Reno, e mediatore della Confederazione Svizzera

 

Vista la deliberazione del Senato, in data del 2 marzo 1810 sul progetto di statuto statogli presentato il 27 febbraio, e discusso in conformità degli art. 10 e 11 del sesto statuto costituzionale;

Abbiamo decretato e decretiamo:

 

Nono Statuto Costituzionale

 

Estratto de’ registri del Senato consulente

del giorno 2 marzo 1810

 

Il Senato, riunito nel numero dei membri prescritto dall’art. 29 del sesto statuto costituzionale;

Visto il progetto dello statuto, e inteso sui motivi del medesimo gli oratori del governo, ed il rapporto della commissione speciale nominata nella seduta del 27 febbraio p.p.

Essendo stata deliberata l’adozione col numero de’ voti prescritto dall’art. 11 del sesto statuto, decreta quanto segue:

Art. 1 – L’appannaggio del principe Eugenio Napoleone, nostro amatissimo figlio adottivo, sarà formato di tanti beni demaniali, quanti in ragione del cinque per cento diano un’annua rendita di un milione di lire italiane.

Apparterrà pure all’appannaggio la villa Bonaparte.

Art. 2 – Il predetto appannaggio sia riguardo alle persone che vi hanno interesse, sia riguardo ai beni che lo compongono, sarà regolato in tutto e per tutto a norma delle disposizioni portate dal titolo IV dello statuto del 26 febbraio p.p.

Art. 3 – Il presente statuto sarà trasmesso con messaggio al re.

 

Il presidente ed i segretarii

Firmato, Conte Paradisi, presidente

Firmato, Mengotti, Lamberti, segretarii

 

Veduto e sigillato

Pel cancelliere del Senato assente

Firmato, Mengotti

 

Comandiamo ed ordiniamo che il presente statuto, munito dei sigilli dello Stato, sia registrato dal Senato, pubblicato ed inserito nel bollettino delle leggi, ed inoltre comunicato ai collegi elettorali del nostro regno, e diretto ai tribunali ed autorità amministrative, perché lo trascrivano ne’ loro registri, l’osservino e lo facciano osservare: ed il segretario di Stato del nostro regno è incaricato d’invigilare sull’esecuzione.

 

Dato dal nostro palazzo imperiale delle Tuileries, questo dì 15 marzo 1810.

 

V. da noi cancelliere guardasigilli della Corona

(l.s.) Il duca di Lodi

 

Per l’imperatore re, il ministr. segr. di Stato

A. Aldini

 

 

 

 

 

FONTE:

A. Aquarone, M. D’Addio e G. Negri, Le Costituzioni italiane, Edizioni Comunità, Milano 1958.



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