N. 19 SENTENZA 5 MARZO 1959
Deposito in cancelleria: 18 marzo 1959. Pubblicazione in "Gazzetta Ufficiale n. 70 del 21 marzo 1959. Pres. AZZARITI - Rel. CASTELLI AVOLIO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Dott. GAETANO AZZARITI, Presidente - Avv. GIUSEPPE CAPPI - Prof. TOMASO PERASS1 Prof. GASPARE AMBROSINI - Dott. MARIO COSATTI - Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI - Prof. GIUSEPPE CASTELL1 AVOLIO - Prof. ANTONINO PAPALDO - Prof. GIOVANNI CASSANDRO - Prof. BIAGIO PETROCELLI - Dott. ANTONIO MANCA, Giudici,
ha deliberato in camera di consiglio la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del primo comma dell'art. 158 del T.U. delle leggi di p.s. approvato con R.D. 13 giugno 1931, n. 773, promosso con ordinanza 26 settembre 1957 emessa dalla Corte di appello di Trento nel procedimento penale a carico di Kamelger Giovanni, iscritta al n. 95 del Registro ordinanze 1957 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 301 del 5 dicembre 1957. Udita nella camera di consiglio del 17 febbraio 1959 la relazione del Giudice Giuseppe Castelli Avolio.
Ritenuto in fatto:
1. - I carabinieri di Villabassa (Bolzano) con rapporto del 10 ottobre 1955 denunciavano all'autorità giudiziaria tale Kamelger Giovanni quale responsabile di "espatrio clandestino" in Austria, "ove aveva chiesto asilo politico", specificando che il medesimo si era indotto a varcare il confine per sottrarsi alle conseguenze del giudizio a suo carico per vilipendio della Nazione e oltraggio a pubblico ufficiale, reati per i quali era stato condannato alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione dalla Corte di assise di primo grado di Bolzano con sentenza del 23 maggio 1955, appellata da esso Kamelger. Il Pretore di Vipiteno trasmise gli atti, per ragione di competenza, alla Procura della Repubblica di Bolzano e, dinanzi a quel Tribunale, venne iniziato il processo a carico del Kamelger per il detto reato di espatrio clandestino per motivi politici, in base al disposto dell'art. 158, primo comma, del T.U. delle leggi di p.s., con l'aggravante di cui all'art. 61, n. 2, Cod. pen., per aver commesso il fatto al fine di assicurarsi l'impunità dai precedenti delitti. Il Tribunale di Bolzano, con sentenza 11 aprile 1957, escluse il motivo politico, ritenendo che il Kamelger si fosse determinato ad espatriare per ragioni di lavoro e di studio (infatti, studente di ingegneria, era stato sospeso dall'Università di Padova a seguito della precedente condanna); e, ritenendolo colpevole della ipotesi contravvenzionale di semplice espatrio clandestino, di cui al secondo comma dello stesso art. 158 T.U. delle leggi di p.s., ed escludendo altresì l'aggravante di cui al n. 2 dell'art. 61 Cod. pen., lo condannava a due mesi di arresto e 12 mila lire di ammenda, con la concessione delle attenuanti generiche. 2. - Avverso questa sentenza produceva gravame il P.M., e la Corte di appello di Trento, nell'udienza di dibattimento del 26 settembre 1957, sollevava, di ufficio, la questione circa la legittimità costituzionale del primo comma dell'art. 158 del T.U. delle leggi di p.s., con l'ordinanza che si trascrive: "Visto l'art. 23 legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e art. 1 D.L.L. 27 luglio 1944, n. 159, ed art. 16 capov. della Costituzione della Repubblica italiana, rimette gli atti alla Corte costituzionale ritenuto che sorge nella fattispecie la questione della abrogazione della prima parte dell'art. 158 legge p.s. e sull'applicabilità in tal caso dell'aggravante di cui all'art. 61, n. 2, Cod. pen., questione che non appare manifestamente infondata. "Conseguentemente sospende il procedimento ordinando la trasmissione degli atti a norma di legge alla Corte costituzionale in Roma". 3. - L'ordinanza veniva notificata il 10 ottobre 1957 al Presidente del Consiglio dei Ministri, e comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato, ed era pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 301 del 5 dicembre 1957. Non vi è stato intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri, né costituzione nell'interesse del Kamelger. Pertanto, ai sensi dell'art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e dell'art. 9, primo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, la causa è stata trattata in camera di consiglio.
Considerato in diritto:
1. - Pure attraverso la non perfetta formulazione dell'ordinanza, sopra trascritta, della Corte d'appello di Trento, che si richiama ad un inesistente art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, mentre si tratta dell'art. 23 della legge (ordinaria) di pari data n. 87; che parla di "abrogazione" del primo comma dell'art. 158 della legge di p.s., indifferentemente, tanto in relazione al disposto dell'art. 1 del D.L.L. 27 luglio 1944, n. 159, contenente "sanzioni contro il fascismo", quanto in riferimento all'art. 16 della Costituzione; e che sembra, infine, voglia rimettere alla Corte costituzionale anche la questione circa l'applicabilità, nel caso, dell'aggravante dell'art. 61, n. 2, del Cod. pen.; è chiaro che la Corte d'appello di Trento ha inteso sottoporre al giudizio di questa Corte la questione circa la legittimità costituzionale del primo comma dell'art. 158 del T.U. delle leggi di p.s., che contempla, com'è noto, il reato di espatrio per motivi politici. È evidente che è di questa questione che la Corte deve occuparsi. 2. - È il caso di ricordare che del secondo comma dell'art. 158, che si riferisce al semplice espatrio clandestino, figura di reato contravvenzionale, si occupò questa Corte con la sentenza del 23 gennaio 1957, n. 34. Con questa sentenza, escludendo dal suo esame - perché allora non in controversia - l'ipotesi del primo comma del menzionato articolo, che riguarda il fatto commesso per motivo politico e previsto come delitto, la Corte ritenne la legittimità costituzionale del disposto del detto secondo comma dell'art. 158, in riferimento all'art. 16 della Costituzione, affermando che fra "gli obblighi di legge", di cui parla l'art. 16, ben può essere compreso quello di munirsi di passaporto per potere uscire dai confini dello Stato. 3. - Ciò ricordato, e tenendosi presente siffatto obbligo di munirsi del passaporto - o di altro documento che sia dichiarato equipollente - in tutti i casi in cui si passi la frontiera, non può questa Corte non rilevare come, in ordine alla questione ora in discussione, e cioè la legittimità costituzionale del primo comma dell'art. 158, debba essere affermata la fondatezza del dubbio adombrato dalla Corte d'appello di Trento, e debba conseguentemente essere pronunciata la illegittimità costituzionale di tale norma, perché in contrasto con l'art. 16 della Costituzione e con i principi fondamentali da questa posti, di libertà e di eguaglianza di tutti i cittadini. Mentre, infatti, nel secondo comma dell'art. 158, il legislatore ha avuto di mira la disciplina delle modalità dell'attuazione di un diritto di libertà - l'uscita cioè dal territorio nazionale, nel che si concreta il diritto di libertà di espatrio -, il primo comma dell'art. 158 disconosce questo diritto nell'ipotesi che l'uscita dal territorio dello Stato sia stata determinata da motivi politici. Vero è che la Costituzione ha espressamente sancito il divieto di porre restrizioni per ragioni politiche alla libertà di circolazione e di soggiorno nel territorio della Repubblica, nel primo comma dell'art. 16; ma è altrettanto vero che è la medesima ratio legis che regge tutti e due i commi di questo articolo in ordine al precetto legislativo che essi contengono. Il quale ha riferimento al medesimo ed unico principio di libertà, qual'è la libertà di circolazione all'interno del territorio della Repubblica e la libertà di uscire dal territorio e di rientrarvi, salva la ricordata ottemperanza degli obblighi di legge. D'altronde, una eventuale deroga, per motivi politici, al principio di libertà, in particolare garantito rispetto alla circolazione dall'art. 16 della Costituzione, sarebbe in patente contrasto con quel principio fondamentale della libertà politica che di sé informa tutta la Carta costituzionale e si concreta, nei suoi termini più generali ed espliciti, nell'art. 3. Una differenziazione della sanzione penale comminata per un reato, in funzione della natura politica dei moventi, equivarrebbe, infatti, a stabilire davanti alla legge una vera e propria discriminazione di trattamento dei cittadini in ragione delle loro opinioni politiche, discriminazione evidentemente inammissibile. 4. - Anche la genesi della norma costituzionale conferma che il divieto di restrizione per ragioni politiche è comune ai due commi dell'art. 16. È noto, infatti, che l'originario art. 10 del progetto di costituzione presentato dalla Commissione dei 75 non conteneva il secondo comma relativo all'espatrio, ma due commi, invece, relativi alla libertà di emigrazione. Dai lavori preparatori risulta che questi commi furono poi inseriti nell'art. 35; il comma relativo all'espatrio fu aggiunto in un momento successivo, e soltanto per un difetto di coordinamento il divieto di restrizioni per ragioni politiche non fu esplicitamente riferito a tutta la materia regolata dall'art. 16.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
visti gli artt. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma primo, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale; dichiara la illegittimità costituzionale del primo comma dell'art. 158 del T.U. delle leggi di pubblica sicurezza approvato con R.D. 13 giugno 1931, n. 773, in riferimento all'art. 16 della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 marzo 1959. GAETANO AZZARITI - GIUSEPPE CAPPI - TOMASO PERASSI - GASPARE AMBROSINI - MARIO COSATTI - FRANCESCO PANTALEO GABRIELI - GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO - ANTONINO PAPALDO - GIOVANNI CASSANDRO - BIAGIO PETROCELLI - ANTONIO MANCA.
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