Università di Torino: Dipartimento di Scienze Giuridiche

Tecniche Interpretative della Corte Costituzionale

Sentenza numero 0101 del 1965 inserita nel sistema il 10/11/2012
Pronuncia: Pronuncia di rigetto con monito al legislatore
Disposizione oggetto: codice di procedura penale art.23:
-Argomento sistematico: c) concettualistico (argomento dogmatico)
Disposizione oggetto: codice di procedura penale art.22:
-Argomento sistematico: c) concettualistico (argomento dogmatico)
Disposizione oggetto: codice di procedura penale art.91:
-Argomento sistematico: c) concettualistico (argomento dogmatico)

N. 101
SENTENZA 16 DICEMBRE 1965

Deposito in cancelleria: 27 dicembre 1965.
Pubblicazione in "Gazzetta Ufficiale" n. 326 del 31 dicembre 1965.
Pres. AMBROSINI - Rel. PETROCELLI

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente - Prof.
GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO - Prof. ANTONINO PAPALDO - Prof. NICOLA JAEGER
- Prof. GIOVANNI CASSANDRO - Prof. BIAGIO PETROCELLI - Dott. ANTONIO
MANCA - Prof. ALDO SANDULLI - Prof. GIUSEPPE BRANCA - Prof. MICHELE
FRAGALI - Prof. COSTANTINO MORTATI - Prof. GIUSEPPE CHIARELLI - Dott.
GIUSEPPE VERZÌ - Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - Prof. FRANCESCO
PAOLO BONIFACIO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 316, 317 e
320 del Codice civile e 22, 23 e 91 del Codice di procedura penale,
promosso con ordinanza emessa il 10 giugno 1964 dal Pretore di
Tricarico nel procedimento penale a carico di Evangelista Rocco,
iscritta al n. 144 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 225 del 12 settembre 1964.
Udita nella camera di consiglio del 18 novembre 1965 la relazione
del Giudice Biagio Petrocelli.

Ritenuto in fatto:

Nel corso del procedimento penale davanti al Pretore di Tricarico a
carico di Evangelista Rocco imputato di lesioni colpose in danno della
minore Schiavone Rosa, si costituiva parte civile nell'interesse di
quest'ultima la madre Bolettieri Caterina. Contro tale atto faceva
opposizione la difesa dell'imputato, osservando che il diritto di
costituirsi parte civile avrebbe potuto essere legittimamente
esercitato solo dal padre della minore, non risultando nei suoi
riguardi alcuna ragione di impedimento.
Nell'ulteriore corso del processo, essendosi intanto il Pretore
riservato di pronunciarsi sulla opposizione, il difensore della
Bolettieri eccepiva la illegittimità costituzionale degli artt. 316,
317 e 320 del Codice civile e 22, 23 e 91 del Codice di procedura
penale in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione. In tale
sede si faceva espresso richiamo alla sentenza della Corte
costituzionale n. 9 del 5 febbraio 1964, con cui fu dichiarata la
illegittimità costituzionale in riferimento all'art. 29, secondo
comma, della Costituzione, degli artt. 573 e 574 del Codice penale, che
prevedono rispettivamente i reati di sottrazione consensuale di
minorenne e di sottrazione di incapace, in quanto le predette norme
limitavano il diritto di querela al solo genitore esercente la patria
potestà.
Il Pretore, ritenute sussistenti le condizioni di cui all'art. 23
della legge 11 marzo 1953, n. 87, con ordinanza del 10 giugno 1964 ha
sollevato questione di legittimità costituzionale "del combinato
disposto degli artt. 22, 23 e 91 del Codice di procedura penale e 316,
317 e 320 del Codice civile" in riferimento al solo art. 29, secondo
comma, della Costituzione e ha rimesso gli atti alla Corte
costituzionale, sospendendo il giudizio.
Nell'ordinanza si osserva che in virtù del combinato disposto
delle suddette norme, il diritto all'esercizio dell'azione civile nel
procedimento penale compete, quando l'offeso è un minore, solo al
genitore esercente la patria potestà. Da ciò discenderebbe - ad
avviso del Pretore - una limitazione del principio della eguaglianza
morale e giuridica dei coniugi, limitazione però non giustificata dal
fine di garantire l'unità familiare. Questa infatti - sempre secondo
l'opinione del Pretore - non potrebbe dirsi compromessa per il solo
fatto di possibili dissensi fra i coniugi circa la opportunità di
esercitare o meno l'azione civile nell'interesse di un figlio minore
offeso da un reato.
L'ordinanza è stata regolarmente comunicata e notificata e risulta
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, n. 225 del 12 settembre 1964.
Non vi è stata costituzione di parti.

Considerato in diritto:

visualizza testo argomento visualizza testo argomento visualizza testo argomento La Corte ritiene insussistente la lesione del principio della
eguaglianza morale e giuridica dei coniugi nel caso denunziato
nell'ordinanza del Pretore. Il diritto di costituirsi parte civile nel
procedimento penale nell'interesse del minore è attribuito nel vigente
ordinamento al genitore esercente la patria potestà non da una
particolare norma limitatrice della posizione dell'altro coniuge,
bensì in applicazione del sistema generale della rappresentanza
dell'incapace, di cui la rappresentanza in giudizio è una delle
manifestazioni. L'esercizio dell'azione civile nel procedimento penale
mediante la costituzione di parte civile, non ostante la sua
particolare disciplina, in nulla differisce da una qualsiasi azione
civile per risarcimento di danni; ed è ben noto che le ragioni del
danneggiato dal reato possono essere esercitate anche autonomamente
davanti al magistrato civile. Pertanto, nei confronti del minore
incapace essa altro non è che una delle tante azioni che nel suo
interesse possono essere esercitate dal suo legittimo rappresentante.
Né la posizione del coniuge non esercente la patria potestà subisce
in questo caso una limitazione che possa dirsi diversa da quella che si
verifica in ogni altra ipotesi di rappresentanza del minore.
La Corte ritiene d'altra parte che non a proposito, nel giudizio di
merito, nella istanza della difesa con cui si proponeva la questione,
sia stata invocata la sentenza n. 9 del 1964. Con questa sentenza fu
dichiarata la illegittimità costituzionale degli artt. 573 e 574 del
Codice penale nella parte in cui limitavano il diritto di querela al
solo genitore esercente la patria potestà; ma ciò avvenne per ragioni
che se, in via generale, possono farsi rientrare nella tutela degli
interessi dei minori, in realtà non sono identificabili con quelle che
specificamente riguardano il sistema della rappresentanza degli
interessi civili, e risalgono invece a quelle preminenti esigenze di
interesse pubblico che si riassumono nel principio del favor querelae e
in rapporto alle quali la disparità fra i due coniugi non ha ragione
di essere.
Ritiene tuttavia la Corte che le questioni di legittimità
costituzionale che vengono in materia sollevate, a parte la loro
fondatezza in ciascun caso, stiano a rivelare uno stato della pubblica
coscienza assai sensibile al principio costituzionale della parità
morale e giuridica dei coniugi, per la cui piena attuazione, nel
rispetto dell'altro principio costituzionale dell'unità familiare, è
da auspicare un organico intervento del legislatore.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
sollevata dal Pretore di Tricarico con ordinanza del 10 giugno 1964,
degli artt. 22, 23, 91 del Codice di procedura penale in relazione agli
artt. 316, 317, 320 del Codice civile, in riferimento all'art. 29 della
Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1965.
GASPARE AMBROSINI - GIUSEPPE CASTELLI
AVOLIO - ANTONINO PAPALDO - NICOLA
JAEGER - GIOVANNI CASSANDRO - BIAGIO
PETROCELLI - ANTONIO MANCA - ALDO
SANDULLI - GIUSEPPE BRANCA - MICHELE
FRAGALI - COSTANTINO MORTATI -
GIUSEPPE CHIARELLI - GIUSEPPE VERZÌ
- GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI -
FRANCESCO PAOLO BONIFACIO.

 
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