N. 158 SENTENZA 28 GIUGNO 1971
Deposito in cancelleria: 6 luglio 1971. Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 177 del 14 luglio 1971. Pres. BRANCA - Rel. TRIMARCHI
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Prof. GIUSEPPE BRANCA, Presidente - Prof. MICHELE FRAGALI - Prof. COSTANTINO MORTATI - Prof. GIUSEPPE CHIARELLI - Dott. GIUSEPPE VERZÌ - Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - Dott. LUIGI OGGIONI - Dott. ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI - Prof. ENZO CAPALOZZA - Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE - Prof. PAOLO ROSSI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 5 giugno 1967, n. 431, sull'adozione speciale, promosso con ordinanza emessa il 9 dicembre 1969 dal tribunale dei minorenni di Bologna nel procedimento di adozione speciale di Dalla Turca Giovan Battista, iscritta al n. 33 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 57 del 4 marzo 1970. Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 18 maggio 1971 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi; udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto:
1. - I coniugi Giuseppe Cavazzini e Adele Zambernardi, premesso che il 13 giugno 1936 avevano avuto in affidamento il minore Giovan Battista Dalla Turca e che sin da allora lo avevano mantenuto, educato ed istruito, chiedevano al tribunale per i minorenni di Bologna e nei di lui confronti la dichiarazione di adozione speciale ai sensi dell'art. 6 della legge 5 giugno 1967, n. 431. Eseguiti gli accertamenti di legge e sentito il p.m., il quale concludeva per il rigetto del ricorso, non rientrando il caso in esame, dato che il Dalla Turca era maggiorenne, tra le ipotesi previste dalle denunciate norme transitorie, il tribunale, con ordinanza del 9 dicembre 1969, riteneva che il citato art. 6 consentisse l'adozione speciale per gli adottati ex art. 291 e seguenti del codice civile, anche se maggiorenni, e per gli affidati o affiliati ex art. 404 e seguenti dello stesso codice, solo se minorenni; che in tal modo sarebbe stata creata per gli affidati o affiliati ultraventunenni una situazione deteriore sia nei confronti dei primi che dei secondi; e sarebbero stati danneggiati coloro che "maggiormente hanno necessità e bisogno di una certezza giuridica che li leghi al nucleo familiare nel quale sono da grandissimo tempo integrati"; e si avrebbe, per ciò, la violazione dell'art. 3 della Costituzione. La richiamata disciplina, poi, ad avviso dello stesso tribunale, non servirebbe a "proteggere i minori allorché i genitori siano incapaci di adempiere i loro compiti" e a "dare altresì una tutela giuridica e sociale pari a quella dei membri della famiglia legittima"; e sarebbe, per questa ragione, in contrasto con gli artt. 29 e 30 della Costituzione. Stante ciò, il tribunale sollevava questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 29 e 30 della Costituzione, dell'art. 6 della citata legge n. 431 del 1967 nella parte in cui "esclude dall'adozione speciale coloro che abbiano compiuto il ventunesimo anno d'età alla data di entrata in vigore della legge stessa e siano affidati o affiliati". Davanti a questa Corte non si costituivano le parti. Spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, con atto depositato il 16 marzo 1970. 2. - L'Avvocatura generale dello Stato, con l'atto di intervento, chiedeva che la questione fosse dichiarata non fondata. Dopo aver illustrato la portata e la funzione dell'adozione speciale e precisato che questa si prefigge di risolvere il problema dell'infanzia abbandonata, "procurando agli 'orfani dei vivi' gli affetti di una famiglia e la serenità di un focolare domestico, di cui altrimenti essi non sarebbero in grado di conoscere il bene, per le colpe e gli egoismi dei genitori naturali", dichiarava di non condividere l'interpretazione data dall'ordinanza di rimessione alla norma denunciata e riteneva che "la richiesta di adozione speciale per poter essere accolta, debba concernere, comunque, persone ancora minorenni, siano esse affidate o affiliate ovvero adottate secondo le norme del codice civile". Ad avviso dell'Avvocatura, codesta interpretazione, che sarebbe sostenuta da autorevole dottrina, si ricaverebbe con sicurezza dal disposto del quarto comma dello stesso art. 6, che, a proposito della partecipazione degli adottandi al procedimento, distingue solo tra minori infra ed ultradiciottenni, ribadendo così che "il complesso della normativa contenuta nel citato art. 6 concerne unicamente soggetti minori di età". Interpretata così la norma, la questione non avrebbe ragione di essere. Ma secondo l'Avvocatura, i dubbi circa la legittimità costituzionale dell'art. 6 non sussisterebbero anche quando si dovesse accedere alla tesi del tribunale. Le categorie di persone previste dall'art. 6 ed in particolare quelle degli adottati e degli affiliati sono infatti diverse. Ed appare quindi giustificato ed equo l'intendimento del legislatore di permettere in ogni caso, anche oltre il limite della minore età, che della adozione speciale possano beneficiare quelli (già adottati) che solo a causa dei limiti esistenti nell'ordinamento precedente, non poterono a suo tempo conseguire il pieno inserimento nella famiglia dell'adottante, e non anche gli affiliati, stante che il rapporto di affiliazione è stato legislativamente previsto con dati effetti e codesta disciplina non è stata ampliata o modificata con la legge n. 431 del 1967. Non si avrebbe infine la denunciata violazione degli articoli 29 e 30 della Costituzione; la legge tende a tutelare la infanzia abbandonata, e del resto (all'art. 314/17) pone precisi limiti di età anche per coloro che si trovino nello stato di affidamento preadottivo che è assimilabile a quello degli affidati o affiliati secondo il codice civile.
Considerato in diritto:
1. - Il tribunale per i minorenni di Milano, con l'ordinanza del 9 dicembre 1969, ritiene che sia in contrasto con gli artt. 3, 29 e 30 della Costituzione l'art. 6 della legge 5 giugno 1967, n. 431 (modifiche al titolo VIII del libro I del codice civile "Dell'adozione" ed inserimento del nuovo capo III con il titolo "Dell'adozione speciale"), nella parte in cui "esclude dall'adozione speciale coloro che abbiano compiuto il ventunesimo anno d'età alla data di entrata in vigore della legge stessa e siano affidati o affiliati". 2. - Con l'art. 6 della citata legge n. 431 del 1967 si consente, in via eccezionale e per la durata di cinque anni, che venga dichiarata l'adozione speciale, prescindendosi dai limiti di età previsti dalla legge per gli adottanti e per gli adottandi, di coloro che siano adottati e dei minori che siano in affidamento o siano affiliati alla data di entrata in vigore della legge. Il legislatore, ad avviso della Corte, richiede che a quella data tutti i possibili adottandi non siano divenuti maggiorenni. La contraria tesi, secondo cui solo gli affidati e gli affiliati e non anche gli adottati debbano essere minorenni, poggia sopra argomenti letterali di dubbio valore. Ritenere come fa il giudice a quo, che gli adottati possano essere anche maggiorenni, solo perché l'art. 6, comma primo, ammette la dichiarazione di adozione speciale "nei confronti di chi... è già adottato"; e che gli affidati e gli affiliati debbano essere minorenni, solo perché, quando fa ad essi riferimento, la norma usa ripetutamente il termine "minori", significa non tenere nel dovuto conto altri argomenti di indubbia importanza, e soprattutto la ratio dell'intera legge ed in particolare del regime transitorio. Va, infatti, considerato che nello stesso art. 6, e nel quarto comma, si dispone che i soggetti, nei cui confronti è chiesta la dichiarazione di adozione speciale, se sono di età compresa tra i quattordici ed i diciotto anni debbono essere sentiti e se hanno compiuto gli anni diciotto debbono, altresì, prestare il loro assenso, e si qualificano codesti soggetti come "minori". E nulla si dice al riguardo di coloro che eventualmente abbiano superato il ventunesimo anno di età, implicitamente ammettendosi che solo la categoria dei minori è destinataria del regime dettato per i primi cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge. Ed ancora non può essere trascurato che il legislatore, dopo avere dettato, al terzo comma, norme per i minori affidati, col successivo comma si è riferito ai "minori" ed evidentemente a tutti i minori, compresi gli affidati e quindi a tutti i soggetti eccezionalmente legittimati a conseguire lo status di figlio legittimo per adozione speciale. Ma è soprattutto allo spirito della legge n. 431 del 1967, valutata nel suo insieme, che bisogna far capo. Con le norme istitutive dell'adozione speciale, il legislatore ha inteso tutelare l'infanzia abbandonata ed in particolare i minori, privi di assistenza materiale e morale, che siano di regola di età inferiore agli anni otto ed eccezionalmente di età superiore (nel caso in cui abbiano superato gli otto anni durante il corso del procedimento). Con il detto regime transitorio ha reso possibile l'accesso al nuovo status alle categorie di soggetti la cui situazione maggiormente si avvicina a quella degli adottabili secondo il regime definitivo, e per tutte ha richiesto la minore età come quella che di solito lascia presumere il bisogno di avere una famiglia, in chi non ne faccia stabilmente parte. A proposito, poi, di coloro che siano in affidamento o affiliati alla data dell'entrata in vigore della legge, anche se si potesse accedere all'interpretazione che dell'art. 6 dà il tribunale di Bologna, la asserita disparità di trattamento in danno di quelli maggiorenni apparirebbe pienamente giustificata: chi è già adottato ha una posizione personale nella famiglia che è ben diversa da quelle dell'affiliato o dell'affidato. Attiene, infine, al merito della normativa, riservato alle scelte discrezionali del legislatore, l'affermazione del giudice a quo secondo cui l'esclusione dall'adottabilità, ai sensi dell'art. 6, opererebbe in danno di coloro che "hanno necessità e bisogno di una certezza giuridica che li leghi al nucleo familiare nel quale sono da grandissimo tempo integrati". Non sussiste per ciò la asserita violazione dell'art. 3 della Costituzione. 3. - E non ricorre neppure il preteso contrasto con gli artt. 29 e 30 della Costituzione. Dal rilievo che "con l'adozione speciale si è creato uno strumento per proteggere i minori allorché i genitori siano incapaci di adempiere i loro compiti e per dare altresì una tutela giuridica e sociale pari a quella dei membri della famiglia legittima" non si può trarre la conseguenza che l'art. 6, là ove esclude la possibilità dell'adozione speciale per gli affidati ed affiliati ultraventunenni, sia in contrasto con le citate disposizioni della Costituzione. Non appare violato l'art. 29 perché questo tutela la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio e garantisce l'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi con il rispetto dell'unità familiare. E neppure risultano disapplicati i principi e le disposizioni dell'art. 30, e segnatamente dei primi due commi (essendo gli altri del tutto estranei alla materia di cui alla specie), atteso che in ordine ai doveri dei genitori verso i figli ed in caso di mancata osservanza degli stessi, non è costituzionalmente imposta una disciplina unica o unitaria. È ben possibile, infatti, che, sia pure rivolti a finalità concorrenti o comuni, coesistano istituti distinti, quali l'affidamento e l'affiliazione, e le due forme di adozione, e le norme circa l'assistenza pubblica all'infanzia abbandonata, ecc., e che la complessiva disciplina sia variamente articolata; e che nel campo specifico dell'adozione speciale, questa sia consentita alle condizioni ed entro i limiti risultanti dalle scelte discrezionali che il legislatore abbia posto in essere in modo adeguato e razionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 5 giugno 1967, n. 431 (modifiche al titolo VIII del libro I del codice civile "Dell'adozione" ed inserimento del nuovo capo III con il titolo "Dell'adozione speciale"), nella parte in cui esclude dall'adozione speciale coloro che abbiano compiuto il ventunesimo anno di età alla data di entrata in vigore della legge stessa e siano affidati o affiliati, questione sollevata con l'ordinanza indicata in epigrafe in riferimento agli artt. 3, 29 e 30 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 giugno 1971. GIUSEPPE BRANCA - MICHELE FRAGALI - COSTANTINO MORTATI - GIUSEPPE CHIARELLI - GIUSEPPE VERZÌ - GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - LUIGI OGGIONI - ANGELO DE MARCO - ERCOLE ROCCHETTI - ENZO CAPALOZZA - VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI - NICOLA REALE - PAOLO ROSSI.
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