N. 187 SENTENZA 14 GIUGNO 1974
Deposito in cancelleria: 26 giugno 1974. Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 173 del 3 luglio 1974. Pres. BONIFACIO - Rel. ASTUTI
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Presidente - Dott. GIUSEPPE VERZÌ - Avv. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - Dott. LUIGI OGGIONI - Avv. ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI - Prof. ENZO CAPALOZZA - Prof. VEZIO CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE - Prof. PAOLO ROSSI - Avv. LEONETTO AMADEI - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 215 del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 24 aprile 1972 dal tribunale di Novara nel procedimento civile vertente tra Greggio Bruna e Bolzani Ermanno, iscritta al n. 306 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 279 del 25 ottobre 1972. Udito nella camera di consiglio del 30 aprile 1974 il Giudice relatore Guido Astuti.
Ritenuto in fatto:
Nel corso di un procedimento di separazione vertente tra Greggio Bruna e Bolzani Ermanno il tribunale di Novara ha sollevato di ufficio, in riferimento all'art. 29 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 215 del codice civile, in quanto non prevede che la comunione incidentale degli acquisti sia presunta tra coniugi, indipendentemente dalla stipula di atto pubblico, imposto a pena di nullità dall'art. 162 del codice civile. Si afferma nell'ordinanza di rinvio che la norma impugnata violerebbe il principio di cui all'art. 29 della Costituzione, della eguaglianza morale e giuridica dei coniugi. Infatti, nelle ipotesi in cui uno dei coniugi non collabori direttamente con l'altro nell'esercizio di una attività specifica, pur prestando quotidianamente la propria opera per l'incremento del benessere familiare, come nel caso della moglie, che provvede alla cura del marito, dei figli e della casa, mentre da un lato non è ipotizzabile una comunione tacita familiare, dall'altro, in caso di separazione, non può essere riconosciuto al coniuge predetto, alla stregua della disciplina vigente ed ove non sia stata convenuta con atto pubblico la comunione degli acquisti, alcun diritto sugli incrementi patrimoniali avvenuti a favore dell'altro coniuge. Nel giudizio innanzi alla Corte costituzionale non vi è stata costituzione delle parti private né intervento del Presidente del Consiglio.
Considerato in diritto:
1. - Il tribunale di Novara ha sollevato d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 215 del codice civile, in riferimento all'art. 29 della Costituzione, "in quanto (l'art. 215) non prevede che la comunione incidentale degli acquisti sia presunta tra coniugi, indipendentemente dalla stipula di atto pubblico, imposto a pena di nullità dall'art. 162 del codice civile". Secondo l'ordinanza di rimessione, il vigente regime legale di separazione dei beni sarebbe in grave contrasto con l'articolo 29 della Costituzione, che vuole il matrimonio ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i soli limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare, in quanto, ove i coniugi non abbiano convenzionalmente stipulato la comunione dei beni, nella forma richiesta dall'art. 162 sotto pena di nullità, in caso di separazione personale, la moglie non esplicante attività professionali estranee all'ambito della famiglia si troverebbe nella impossibilità di far valere i propri diritti sulla casa coniugale, e in genere sui beni immobili e mobili acquistati dal marito durante il matrimonio con i proventi del lavoro e risparmio comune, alla cui formazione essa abbia contribuito con l'opera di casalinga e collaboratrice del marito nell'economia familiare. Una congrua tutela del coniuge economicamente più debole, generalmente della donna, potrebbe attuarsi a giudizio del tribunale di Novara, ove al regime di separazione dei beni si sostituisse "l'altro principio, scaturente da un diverso regime, non attuato dalla vigente legislazione, caratterizzato dalla presunta comunione tra coniugi, non certo di tutti i loro beni e relativi utili, ma almeno degli acquisti effettuati durante la convivenza coniugale": "abrogato il principio normativo della presunzione di appartenenza ad un solo dei coniugi dei beni a lui intestati, automaticamente verrebbe a sostituirsi l'opposto principio della presunzione di appartenenza in comunione ad entrambi i coniugi dei beni acquistati durante il periodo di convivenza coniugale, salva, nei singoli casi, la prova del contrario". 2. - La questione non è fondata. Il principio dell'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, sancito dall'art. 29 della Costituzione, esige certamente che ad esso si adegui ed informi anche il regime positivo dei rapporti patrimoniali; ed è incontestabile che la vigente disciplina legislativa di questi rapporti può dar luogo a situazioni di inadeguata tutela giuridica, tra le quali appare particolarmente grave e meritevole di protezione, specie nel caso di separazione personale, quella della donna priva di un proprio lavoro professionale autonomo, che abbia dedicato la sua attività all'adempimento dei doveri di moglie e di madre, occupandosi assiduamente delle cure e faccende domestiche. In regime di separazione dei beni, il contributo recato dall'operosità e dall'abnegazione della casalinga all'economia familiare e al risparmio dell'azienda domestica, molto spesso ragguardevole anche se difficilmente valutabile in denaro, rimane privo di efficace tutela, specie quando il marito abbia investito i risparmi, frutto delle comuni fatiche e rinunzie, nell'acquisto a nome proprio di beni immobili o mobili. Se, sotto questo profilo, si deve riconoscere che il vigente ordinamento italiano presenta una vera lacuna, occorre tuttavia dichiarare, con eguale chiarezza, che il potere di colmare tale lacuna compete esclusivamente al legislatore. Ciò appare con sicura evidenza dalla stessa motivazione dell'ordinanza di rinvio, ove si prospetta la questione di costituzionalità dell'art. 215 del codice civile, proponendo la sostituzione del regime legale di separazione dei beni con quello della comunione, e addirittura di uno speciale tipo di "comunione incidentale presunta", limitata agli acquisti effettuati dall'uno o dall'altro coniuge durante la convivenza coniugale, salva la facoltà di prova contraria. A prescindere da ogni riserva sul merito della questione - poiché la formula proposta non sembra, di per sé, sufficiente ad assicurare in ogni caso l'uguaglianza dei coniugi nel regolamento dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di separazione, e dà luogo a molteplici motivi di perplessità -, è ovvio che una siffatta radicale riforma del regime dei rapporti patrimoniali tra coniugi non può che spettare al legislatore. È superfluo aggiungere che la riforma del regime dei rapporti patrimoniali tra coniugi si inserisce necessariamente in una più ampia, organica riforma dell'intero ordinamento del matrimonio e del diritto di famiglia, con riflessi sul sistema delle successioni, legittime e testamentarie. Solo in tale sede il legislatore potrà procedere ad una piena attuazione del principio costituzionale della parità giuridica dei coniugi anche sotto il profilo dei rapporti patrimoniali.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 215 del codice civile sollevata con l'ordinanza indicata in epigrafe in riferimento all'art. 29 della Costituzione. Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1974. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO - GIUSEPPE VERZÌ - GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI - LUIGI OGGIONI - ANGELO DE MARCO - ERCOLE ROCCHETTI - ENZO CAPALOZZA - VEZIO CRISAFULLI - NICOLA REALE - PAOLO ROSSI - LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI. ARDUINO SALUSTRI - Cancelliere
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