N. 104 SENTENZA 30 MARZO 1983
Deposito in cancelleria: 21 aprile 1983. Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 114 del 27 aprile 1983. Pres. ELIA - Rel. REALE
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Prof. LEOPOLDO ELIA, Presidente - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI - Prof. GIUSEPPE FERRARI - Dott. FRANCESCO SAJA - Prof. GIOVANNI CONSO - Prof. ETTORE GALLO, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 154 cod. civ., nel testo risultante dalle modifiche apportate dall'art. 35 della legge 19 maggio 1975, n. 151, (Separazione dei coniugi - riconciliazione) promosso con ordinanza emessa il 29 aprile 1976 dal tribunale di Firenze, nel procedimento civile vertente tra Corti Gian Paolo e Picchi Giuliana, iscritta al n. 597 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 294 del 3 novembre 1976. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 22 febbraio 1983 il Giudice relatore Oronzo Reale; udito l'avvocato dello Stato Stefano Onufrio, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto:
Con ordinanza datata 29 aprile 1976, il tribunale di Firenze ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 154 del codice civile (quale risulta dalle modifiche apportate dalla legge 19 maggio 1975, n. 151, art. 35) nella parte in cui, in relazione alle separazioni personali chieste da uno dei coniugi per fatti addebitabili all'altro coniuge, a norma dell'art. 151, secondo comma, dello stesso codice, dà rilievo anche a fatti precedenti ad una riconciliazione, avvenuta prima della proposizione della domanda giudiziale di separazione; si ravvisa contrasto con gli artt. 3 e 29 della Costituzione. Il collegio era chiamato a decidere sul reclamo presentato da una delle parti a seguito della reiezione da parte del giudice istruttore di una sua istanza intesa a fornire prove relative al comportamento tenuto dall'altro coniuge prima di una riconciliazione; il tutto nel corso di una causa per separazione addebitabile all'altro coniuge. Premesso che la riconciliazione in questione erasi verificata nell'estate del 1974, mentre la domanda di separazione all'esame del tribunale era stata proposta nel novembre dello stesso anno, il collegio concludeva nel senso che, alla stregua della vigente normativa, il reclamo doveva essere accolto. Ma proprio la considerazione secondo cui l'attuale formulazione dell'art. 154 c.c., a differenza di quanto disponeva nel vecchio testo, consente che a fondamento della domanda di separazione possa essere posto anche il comportamento, antecedente alla avvenuta riconciliazione, del coniuge cui si intende addebitare la responsabilità della separazione stessa, induce il tribunale di Firenze a dubitare della costituzionalità di tale norma. Il collegio a quo parte dal presupposto che l'unità familiare sia bene costituzionalmente tutelato dall'art. 29 della Costituzione, "sia pure sotto il profilo dei limiti stabiliti all'eguaglianza dei coniugi", e che anche in tema di separazione personale tale principio può essere invocato essendo la separazione una deroga al principio della unità familiare. E poiché in tema di separazione si tratta di comportamenti volontari (ché tali devono essere se si intende addebitarli all'altro coniuge), come volontario è il fatto della avvenuta riconciliazione, questa ultima deve essere considerata un evento preclusivo alla riproposizione di quegli stessi fatti che erano stati oggetto di perdono; e in tal senso disponeva non solo il vecchio testo dell'art. 154 c.c., ma anche l'attuale testo dell'art. 157 c.c., secondo comma, in fattispecie "del tutto simile". Rimane, per ciò che attiene all'attuale dettato dell'art. 154 c.c., che anche fatti lontanissimi nel tempo possono essere posti a base di una richiesta di separazione; ad avviso del collegio a quo il potere del giudice di valutarne la gravità alla luce della riconciliazione "intermedia" non sarebbe garanzia giudiziaria sufficiente. Ne deriverebbe un contrasto con l'art. 29 della Costituzione il quale prevede proprio che la legge limiti i diritti dei coniugi a garanzia del valore dell'unità familiare. A ciò deve aggiungersi che l'art. 157 c.c. (nel testo vigente) prevede che, cessati per riconciliazione gli effetti di una (precedente) separazione giudiziale, la separazione può essere accordata solo in relazione a fatti o comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione. Le due situazioni (che il collegio valuta come analoghe e, talora, identiche) sarebbero pertanto regolate in maniera difforme, con violazione dell'art. 3 della Costituzione, perché l'art. 154 c.c. dà rilievo puramente processuale alla riconciliazione tra coniugi, mentre il secondo comma dell'art. 157 c.c. dà alla stessa riconciliazione un rilievo anche sostanziale. In punto di rilevanza, il collegio a quo osserva che una pronuncia di accoglimento della proposta questione avrebbe indubbia incidenza nel giudizio sottoposto al suo esame, specie ove l'eventuale pronuncia della Corte portasse a ripristinare il vecchio testo dell'art. 154 c.c., a norma del quale il contrasto tra le parti dovrebbe essere risolto in maniera diversa. Non si aveva costituzione di parti; spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato chiedendo che la proposta questione fosse dichiarata infondata. Nell'atto di intervento, l'Avvocatura pone innanzitutto in dubbio l'esattezza della interpretazione, fatta dal collegio a quo, della norma su cui verte la questione di legittimità costituzionale. Ad avviso dell'Avvocatura, infatti, va considerato che l'espressione letterale del nuovo testo dell'art. 154 c.c. è identica a quello che era il secondo comma del vecchio testo dello stesso articolo; con la dizione "abbandono della domanda" si intendeva prima e deve intendersi adesso estinzione dell'azione. Pertanto, la portata della riforma dovrebbe intendersi limitata alla prima parte dell'originario art. 154 c.c., in cui si prevedeva che la riconciliazione avvenuta anteriormente al processo estingue il diritto di chiedere la separazione. E poiché nel caso di specie la riconciliazione era anteriore alla proposizione della domanda, sarebbe rilevante la soppressione della prima parte del vecchio testo dell'art. 154 c.c., norma che non sarebbe stata denunciata di incostituzionalità sotto questo profilo. Comunque, i motivi di incostituzionalità prospettati sarebbero infondati. Infatti, il preteso contrasto con l'art. 29 della Costituzione sarebbe inesistente, atteso che corrisponderebbe a criteri di ragionevolezza negare efficacia alla riconciliazione di fatto, la cui effettività sarebbe problematica. Andrebbe pure considerato che l'attuale vasta gamma delle ipotesi che possono legittimare la separazione comporta che tutta la pregressa vita coniugale può essere dedotta come causa di separazione, e che perciò la incidenza di una riconciliazione (in ipotesi, anche breve e precaria) non può essere tale da negare rilevanza a fatti ad essa antecedenti. In ogni caso, parrebbe discrezionale facoltà del legislatore quella di regolare nel modo ritenuto più congruo le situazioni meritevoli di esame ai fini della separazione. Si sottolinea ancora che ove alla riconciliazione di cui all'art. 154 c.c. si attribuisca valore di estinzione dell'azione, si rafforzano i suoi effetti e nel contempo si creano ostacoli ben più seri all'attuazione di essa, data la gravità, ai fini processuali, di un perdono che implica rinuncia a far valere in seguito ogni pregresso comportamento addebitabile all'altro coniuge. Ove invece la riconciliazione abbia valore solo processuale, se ne facilita la conclusione, con ciò contribuendo a prolungare l'unità della famiglia. È si afferma, un problema di scelta tra due soluzioni normative che spetta al legislatore e che, comunque risolto, è sempre volto a dare attuazione all'art. 29 della Costituzione. Quanto detto varrebbe pure a delineare in maniera netta la differenza di situazioni che vengono ipotizzate negli artt. 154 e 157 c.c.; nel primo caso parrebbe infatti ragionevole ammettere una riconciliazione che sia solo espressione della "buona volontà coniugale di tentare una continuazione dell'unità familiare senza rinunziare ad una futura separazione", mentre nel caso previsto dall'art. 157 c.c. la riconciliazione che fa venir meno gli effetti di una sentenza precedente non può non comportare la rinunzia a domandare una nuova separazione basata sugli stessi fatti; non sussisterebbe perciò alcun contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
Considerato in diritto:
1. - In un giudizio di separazione personale innanzi al tribunale di Firenze le parti avevano rispettivamente dedotto dodici e tredici capitoli di prova quale fondamento in fatto delle rispettive domande di separazione. Avendo il giudice istruttore ammesso solo uno dei dodici capitoli articolati dal marito, su reclamo di questi al collegio, il tribunale riteneva che, benché riferentisi a circostanze anteriori alla riconciliazione dopo la separazione di fatto (ragione della non ammissione della prova da parte del giudice istruttore), questi capitoli, a norma del novellato art. 154 c.c., avrebbero dovuto essere ammessi. Ma riteneva altresì - nell'ordinanza di rimessione di cui in narrativa - che la detta norma fosse di dubbia costituzionalità perché in contrasto con gli artt. 29 e 3 della Costituzione. Con l'art. 29 che tutela l'unità familiare, perché escludere che la riconciliazione, fatto "volontario", basti a "cancellare" la rilevanza nel giudizio di separazione di comportamenti pure "volontari" addebitabili ai coniugi in periodo precedente alla riconciliazione significa dimenticare che "l'art. 29 Cost. prevede che la legge limiti i diritti dei coniugi a garanzia dell'unità familiare". Con l'art 3 perché l'art. 154 c.c. nega alla riconciliazione - violando il principio di eguaglianza - quell'effetto che in situazione analoga l'art. 157 c.c. attribuisce alla riconciliazione che avvenga dopo una separazione giudiziale, stabilendo che "la separazione può essere pronunciata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione". 2. - La questione è rilevante (al contrario di quanto ritiene l'Avvocatura dello Stato), ma non è fondata. L'art. 154 c.c. nel testo previgente alla riforma del diritto di famiglia del 1975, stabilisce: "La riconciliazione estingue il diritto di chiedere la separazione; essa importa anche l'abbandono della domanda che sia stata proposta". Nel testo novellato stabilisce soltanto: "La riconciliazione tra i coniugi comporta l'abbandono della domanda di separazione personale già proposta". L'Avvocatura dello Stato eccepisce la irrilevanza della questione osservando che, trattandosi nella specie di riconciliazione dopo la separazione di fatto e prima della domanda di separazione giudiziale, "nella decisione di merito sarebbe rilevante la modificazione consistita nella soppressione della prima parte del vecchio testo dell'art. 154, cioè l'eliminazione della rilevanza della riconciliazione anteriore alla proposizione della domanda. Non sembra però che la norma sia denunciata sotto tale profilo, ossia non per quel che dispone ma per quello che non dispone". L'eccezione non ha fondamento, perché, avendo il giudice interpretato l'art. 154 nel senso che esso attribuisce rilevanza in giudizio ai fatti precedenti alla riconciliazione, egli si duole di ciò denunziandone il ritenuto contrasto con gli artt. 29 e 3 della Costituzione. Ed era abilitato a questa denunzia avendo ritenuto e dichiarato che dalla soluzione della questione derivava l'ammissibilità o l'inammissibilità delle prove dedotte. 3. - Ma, come si è già detto, la questione nel merito non è fondata. Nonostante le incerte e contraddittorie indicazioni dei lavori preparatori della riforma del 1975 relativi all'art. 154 c.c.; nonostante le differenze delle posizioni dottrinali, fra le quali peraltro è prevalente quella che attribuisce alla riconciliazione sia nel nuovo, come nel vecchio testo dell'art. 154, effetto sostanziale e non solo processuale, sta di fatto che la giurisprudenza della Cassazione sia sulla base del vecchio, sia sulla base del nuovo testo dell'art. 154 c.c., ha stabilito che i fatti anteriori alla riconciliazione e al giudizio di separazione, posti in essere nel periodo di convivenza o di separazione di fatto, non possono "da soli" giustificare una pronunzia di separazione, pur potendo valere a lumeggiare nuovi fatti successivi alla riconciliazione. Ciò evidentemente significa che vecchi e nuovi fatti confluiscono, sia pure con peso diverso, a formare il libero convincimento del giudice. Né il tribunale a quo rifiuta questa interpretazione dell'art. 154 che non esclude la valutazione, ai fini del giudizio, dei fatti precedenti alla riconciliazione, riconoscendo anzi espressamente che è "salvo il potere del giudice di valutarne la gravità appunto alla luce della intermedia riconciliazione". Ma "questa garanzia giudiziaria non (gli) appare da sola sufficiente a garantire l'unità familiare, allo stesso grado in cui sarebbe una norma che prevedesse sempre l'irrilevanza dei fatti anteriori alla riconciliazione". Opinione questa non solo discutibile perché, come osserva l'Avvocatura, ben potrebbe ritenersi, al contrario, che proprio l'effetto di totale cancellazione dei fatti antecedenti che si vorrebbe attribuire alla riconciliazione potrebbe scoraggiarne o ritardarne la conclusione; ma, quel che è decisivo, opinione il cui apprezzamento appartiene sicuramente all'ambito delle valutazioni e decisioni del legislatore.4. - Esclusa per le ragioni dette la violazione dell'art. 29 della Costituzione, risulta indebolita la censura relativa all'art. 3 che, del resto, è di per sé infondata. La violazione del principio di eguaglianza si riferirebbe, come si è visto, alla diversa valutazione che l'art.154 e l'art.157 c.c. fanno dei fatti verificatisi prima o dopo la separazione giudiziale: l'art. 154 riconoscendone, l'art. 157 negandone la rilevanza ai fini della pronunzia della separazione. Senonché questa diversa valutazione in parte non esiste, e in ogni caso è giustificata dalla diversità delle situazioni. In parte non esiste perché - come si è visto - anche nella situazione considerata dall'art. 154 i fatti precedenti alla riconciliazione da soli non possono costituire fondamento della domanda di separazione, ma, secondo il diritto vivente, valgono solo per lumeggiare i comportamenti dei coniugi successivi alla riconciliazione. In ogni modo la situazione considerata dall'art. 157 non è eguale a quella considerata dall'art. 154. L'art. 157 si riferisce infatti a un nuovo giudizio di separazione dopo una precedente pronunzia di separazione seguita da riconciliazione fra i coniugi. In questo caso solo i "fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione" possono costituire il fondamento di una nuova pronunzia. E ciò perché nel giudizio conclusosi con la precedente sentenza i fatti anteriori sono stati già dedotti o comunque potevano essere dedotti; i precedenti rapporti fra i coniugi sono stati giudicati e, per così dire, assorbiti nella pronunzia di separazione. Se a questa ha fatto seguito la riconciliazione, è ragionevole che solo nuovi fatti e comportamenti possano motivare una nuova pronunzia di separazione. Pertanto la parziale diversità di rilevanza che i fatti precedenti alla riconciliazione hanno nella situazione dell'art. 154 e in quella dell'art. 157 c.c. non può essere considerata in contrasto con il principio di eguaglianza.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del novellato art. 154 c.c. sollevata dal tribunale di Firenze in riferimento agli artt. 29 e 3 della Costituzione con l'ordinanza 29 aprile 1976 di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 marzo 1983. F.to: LEOPOLDO ELIA - MICHELE ROSSANO - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI - GIUSEPPE FERRARI - FRANCESCO SAJA - GIOVANNI CONSO - ETTORE GALLO. GIOVANNI VITALE - Cancelliere
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