N. 194 SENTENZA 9 LUGLIO 1984
Deposito in cancelleria: 11 luglio 1984. Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 197 del 18 luglio 1984. Pres. ELIA - Rel. CORASANITI
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Prof. LEOPOLDO ELIA, Presidente - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI - Prof. GIUSEPPE FERRARI - Dott. FRANCESCO SAJA - Prof. GIOVANNI CONSO - Prof. ETTORE GALLO - Dott. ALDO CORASANITI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 184 del codice civile nel testo anteriore alla legge 19 maggio 1975, n. 151; art. 227 legge 19 maggio 1975, n. 151 (Riforma del diritto di famiglia) promosso con la ordinanza emessa il 25 gennaio 1980 dal tribunale di Catania nel procedimento civile vertente tra Pitanza Lorenzo e Barbagallo Domenica iscritta al n. 251 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 145 dell'anno 1980. Udito nella camera di consiglio del 16 maggio 1984 il Giudice relatore Aldo Corasaniti.
Ritenuto in fatto:
1. - Nel corso di un procedimento civile promosso da Lorenzo Pitanza nei confronti della moglie Domenica Barbagallo per ottenere la "restituzione" di un immobile dotale (appartamento), da lei detenuto, al fine di svolgere attività di amministrazione dello stesso, il Tribunale di Catania, con ordinanza 25 gennaio 1980, ha sollevato, su eccezione della convenuta, questione di legittimità costituzionale in riferimento all'art. 29, comma secondo, Cost., dell'art. 184 cod. civ., nel testo anteriore alla legge 19 maggio 1975, n. 151 (Riforma del diritto di famiglia), nonché dell'art. 227 della predetta legge n. 151 del 1975. 2. - Premesse considerazioni sulla rilevanza, in relazione all'oggetto del giudizio davanti ad esso, della questione di legittimità costituzionale della normativa concernente la distribuzione fra i coniugi dei poteri di amministrazione dei beni dotali, il Tribunale ha osservato che l'art. 184 C.C. ora indicato, in quanto stabilisce che il marito (anche quando non acquista la proprietà dei beni dotali, come nella ipotesi di dote di specie) ha da solo l'amministrazione dei beni dotali e il diritto di riscuotere i frutti, e in quanto preclude in tal modo alla moglie ogni ingerenza nella detta amministrazione, costituisce espressione del principio della prevalenza del marito nei rapporti patrimoniali fra i coniugi. E ha soggiunto che l'art. 227 della legge n. 151 del 1975, in quanto dispone - in riferimento alla soppressione dell'istituto dotale stabilita con l'art. 166 bis del codice novellato dalla stessa legge - che le doti costituite anteriormente all'entrata in vigore della riforma, continuino a essere disciplinate dalle norme anteriori, finisce per conservare, sia pure nei limiti ora indicati, l'operatività di tale principio. Ma il principio stesso - osserva il giudice a quo - è incompatibile con quello dell'eguaglianza (anche giuridica) dei coniugi, che è consacrato nell'art. 29, comma secondo della Costituzione e che ha trovato attuazione nella riforma introdotta con la legge n. 151 del 1975, tanto che questa, a proposito della disciplina dei rapporti patrimoniali fra i coniugi, ha stabilito che i poteri di amministrazione, sia dei beni costituenti il fondo patrimoniale (art. 168, comma terzo del codice civile novellato), sia dei beni oggetto della comunione legale (art. 180, comma primo del codice civile novellato), siano esercitati anche dalla moglie (disgiuntamente quanto agli atti di ordinaria amministrazione, congiuntamente quanto agli atti eccedenti la medesima). 3. - Nel giudizio davanti a questa Corte non si è costituita alcuna delle parti del giudizio a quo, né è intervenuto il Presidente del Consiglio.
Considerato in diritto:
1. - Ipotizzando il contrasto con l'art. 29, comma secondo Cost. dell'art. 184 del codice civile nel testo anteriore alla riforma del diritto di famiglia - disposizione concernente l'amministrazione dei beni dotali - e dell'art. 227 della novella 19 maggio 1975, n. 151 introduttiva della riforma - disposizione diretta, in riferimento al divieto di costituire nuove doti (art. 166 bis del codice novellato), a sancire l'ultrattività del detto art. 184 stabilendo che le doti costituite continuino a essere disciplinate dalle norme anteriori - l'ordinanza di rimessione non revoca in dubbio la legittimità costituzionale dell'istituto della dote nella sua totalità. Ciò esime dall'affrontare il più ampio problema se il detto istituto trovi sostegno necessario (o soltanto premessa storica) in una concezione della famiglia, e della posizione in questa della donna, non coerente o addirittura incompatibile col principio di eguaglianza morale e giuridica fra i coniugi espresso nel cennato precetto costituzionale, senza trovare in pari tempo giustificazione in ragioni di garanzia dell'unità familiare. Ed esime altresì dall'indagine, conducente alla prima, se la soppressione ad opera della riforma sia dovuta a esigenze di adeguamento alla Costituzione, o soltanto di ammodernamento, della disciplina dei rapporti patrimoniali fra coniugi; nonché dall'indagine, correlata alla prima, se la conservata operatività della disciplina anteriore per i rapporti patrimoniali costituiti ripeta, o no, idonea giustificazione da effettive esigenze di diritto transitorio. 2. - Nella valutazione della rilevanza della questione contenuta in motivazione, e nella formulazione della questione espressa in dispositivo, l'ordinanza di rimessione prende di mira l'interna struttura dell'istituto dotale. In particolare essa denuncia la distribuzione fra i coniugi dei poteri di amministrazione dei beni dotali, come stabilita dalla normativa del codice civile non novellato - art. 184, e, di riflesso, art. 182 - distribuzione suscettiva di apparire, secondo il giudice a quo, gravemente sperequativa in danno della moglie, nonostante il temperamento apprestato dal rimedio della separazione della dote (artt. 202 ss. c.c. non novellato). L'ordinanza postula, in tal modo, un intervento additivo di questa Corte, volto a sostituire, a quella disposta dalla normativa impugnata, una distribuzione più equa e così più conforme al cennato precetto costituzionale. 3. - Ma la tecnica manipolativa e adeguatrice sollecitata non appare alla Corte sperimentabile nel caso concreto. È ardua, invero, la pura e semplice estensione (che sembra ipotizzata dall'ordinanza di rimessione) alla dote (particolarmente in riferimento all'ipotesi di acquisto da parte del marito della proprietà dei beni dotali, ma anche in riferimento alla ipotesi di conservazione della proprietà da parte della moglie) della struttura propria di altri regimi patrimoniali (quale quella del fondo patrimoniale, che si adegua in parte qua - artt. 168, comma terzo, 180 codice civile novellato - a quella della comunione legale, istituto certo non affine alla dote sotto il profilo del regime della proprietà dei beni che ne sono oggetto). Una siffatta soluzione non si presenta infatti come obbligata, ben potendo darsene altre (eventualmente differenziate in relazione all'ipotesi di modificato assetto dei rapporti personali fra i coniugi) non contrastanti sotto l'aspetto considerato con il precetto costituzionale in argomento: come quella, ad esempio, di conferire alla moglie, anche se non attributaria dell'amministrazione poteri di opposizione agli atti di amministrazione, del marito attributario. Non essendo configurabile una sola soluzione - e quindi una soluzione obbligata - ma più soluzioni, la sentenza additiva che ne adottasse una invaderebbe un ambito riservato alla discrezionalità insindacabile del legislatore. La questione va pertanto dichiarata inammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 184 cod. civ., nel testo anteriore alla legge 19 maggio 1975, n. 151, e 227 della detta legge n. 151 del 1975, sollevata, in riferimento all'art. 29, comma secondo Cost., dal Tribunale di Catania con ordinanza 25 gennaio 980. Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1984. F.to: LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI - GIUSEPPE FERRARI - FRANCESCO SAJA - GIOVANNI CONSO - ETTORE GALLO - ALDO CORASANITI. GIOVANNI VITALE - Cancelliere
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