N. 455 SENTENZA 26 SETTEMBRE-16 OTTOBRE 1990
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6, primo e secondo comma, della legge della Provincia di Trento 15 marzo 1983, n. 6 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Provincia autonoma di Trento - Legge finanziaria), promosso con ordinanza emessa il 13 ottobre 1989 dal Tribunale regionale di Giustizia Amministrativa di Trento sul ricorso proposto dal Comune di Trento contro la Provincia autonoma di Trento ed altra, iscritta al n. 313 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1990; Visti gli atti di costituzione del Comune di Trento e della Provincia autonoma di Trento; Udito nell'udienza pubblica del 10 luglio 1990 il Giudice relatore Antonio Baldassarre; Uditi l'Avv. Paolo Stella Richter per il Comune di Trento e Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Trento;
Ritenuto in fatto
1. - Il Tribunale regionale di Giustizia amministrativa di Trento ha adottato l'ordinanza da cui ha origine l'attuale giudizio nel corso di una controversia promossa dal Comune di Trento, il quale ha convenuto la Provincia autonoma di Trento allo scopo di: a) accertare che gli oneri conseguenti al ricovero nelle case di riposo degli anziani c.d. non autosufficienti siano di esclusiva pertinenza del Servizio sanitario provinciale; b) dichiarare che la somma pagata alla Casa di riposo civica di Trento dal Comune ricorrente per il ricovero della Signora Adelia Bonvecchio costituisca un debito della Provincia autonoma di Trento e, per essa, della Unità Sanitaria Locale competente per territorio e, conseguentemente, condannare in solido queste ultime al pagamento della predetta somma. Il giudice a quo, dopo aver respinto con separata sentenza il ricorso del Comune nella parte in cui chiedeva di dichiarare che spettassero al Servizio sanitario provinciale gli oneri conseguenti al ricovero nelle case di riposo degli anziani non autosufficienti per le prestazioni c.d. alberghiere o comunque di natura non sanitaria, ha sospeso il giudizio relativo agli altri capi della domanda attrice sollevando questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, primo e secondo comma, della legge della Provincia di Trento 15 marzo 1983, n. 6, nella parte in cui, nel disporre che le Unità Sanitarie Locali assumono a proprio carico la spesa inerente a prestazioni di natura sanitaria erogate a favore di persone anziane non autosufficienti ricoverate in casa di riposo, prevede che la Giunta provinciale stabilisca, in base ad appositi parametri, i limiti riferiti al numero delle persone assistibili e al costo pro-capite, entro i quali le Unità Sanitarie Locali assumono l'anzidetta spesa. Ad avviso del giudice a quo, le disposizioni impugnate contrasterebbero, innanzitutto, con l'art. 32, primo comma, della Costituzione. Quest'ultimo articolo, infatti, garantirebbe a ogni cittadino un vero e proprio diritto soggettivo, di natura costituzionale, ad ottenere le prestazioni sanitarie di prevenzione, di cura e di riabilitazione erogate dal Servizio sanitario nazionale, il quale, proprio perché diritto soggettivo perfetto, non potrebbe essere sacrificato da norme di legge volte a subordinarne il godimento alle disponibilità organizzative e finanziarie del Servizio sanitario, né potrebbe esser trasformato in una pretesa eventuale e aleatoria in conseguenza della previsione di interventi surrogatori di altri enti (nella specie il Comune) non onerati giuridicamente a sostenere le relative prestazioni. In secondo luogo, la stessa norma impugnata violerebbe l'art. 3, primo comma, della Costituzione, dal momento che il principio di eguaglianza risulterebbe leso dalla mancata garanzia ai ricoverati contemplati dalla suddetta norma del medesimo livello di prestazioni sanitarie assicurato alla generalità dei cittadini e, in particolare, ad altri anziani non autosufficienti che, trovandosi in condizioni soggettive diverse da quelle conducenti al ricovero in caso di riposo, usufruiscano di forme di assistenza sanitaria alternative (domiciliare, ambulatoriale, ospedaliera), non soggette alle limitazioni finanziarie previste nella norma censurata. Infine, in base a considerazioni analoghe, lo stesso giudice a quo prospetta la violazione, da parte delle norme impugnate, dell'art. 116, primo comma, della Costituzione e degli artt. 5 e 9, n. 10, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, dal momento che risulterebbero lesi i principi fondamentali enunciati dagli artt. 1, 19 e 3, secondo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, i quali garantiscono, da un lato, la tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo e, dall'altro, la parità nei livelli delle prestazioni sanitarie garantite a tutti i cittadini da parte delle Unità Sanitarie Locali. In punto di rilevanza, il giudice a quo osserva che nella somma (lire 23.330.606) pagata dal Comune di Trento alla Casa di riposo e pretesa in restituzione sarebbe ricompresa, oltre a una prevalente quota imputabile a spese "alberghiere" o comunque a spese di natura socio-assistenziale (legittimamente gravanti sul bilancio comunale a seguito di quanto deciso con sentenza parziale), una quota di spesa sanitaria non sostenuta direttamente dalla Unità Sanitaria Locale per effetto dei parametri limitativi, riferiti ai numeri dei posti letto e alla spesa pro-capite, fissati dalla Giunta provinciale con la delibera n. 5663 del 1983 e con le altre delibere successive. Infatti, avendo concorso l'Unità Sanitaria Locale al pagamento della retta per il ricovero contestato nella misura di un terzo, non si potrebbe dubitare, a parere del giudice a quo, che su tale quota abbiano inciso le limitazioni stabilite in base alla disposizione impugnata, di modo che, anche al fine di ottenere il rimborso della quota anticipata per prestazioni di carattere sanitario (costituente parte del petitum nel giudizio a quo) il Comune di Trento dovrebbe preliminarmente conseguire la caducazione della norma censurata, sulla quale si fonda il potere della Giunta provinciale di porre le limitazioni contestate. 2. - Il Comune di Trento, attore nel giudizio a quo, si è costituito solo formalmente facendo propri tutti gli argomenti addotti nell'ordinanza di rimessione. 3. - Si è regolarmente costituita la Provincia autonoma di Trento chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale sollevate siano dichiarate irrilevanti e, comunque, infondate. A sostegno della richiesta relativa all'inammissibilità delle questioni, la Provincia osserva, innanzitutto, che la rilevanza è soltanto affermata dal giudice a quo, ma non dimostrata, tanto che vengono posti a base della stessa fatti tutt'altro che provati, come ad esempio il rilievo che nell'importo rivendicato dal Comune rientri sicuramente anche una quota di spesa sanitaria. In secondo luogo, oltre a essere vaga e indeterminata, la valutazione della rilevanza è operata dal giudice a quo soltanto in via ipotetica, nel senso che le norme impugnate "sembrano" costituire la premessa affinché il costo di determinate prestazioni possa essere sostenuto dal Servizio sanitario nazionale. In ogni caso, conclude la Provincia sul punto, l'irrilevanza delle questioni si dedurrebbe agevolmente dalla stessa ordinanza di rimessione. Le questioni relative all'art. 6, primo comma, infatti, non avrebbero potuto essere sollevate dopo che lo stesso giudice a quo, con sentenza parziale adottata separatamente, aveva respinto le richieste imperniate su quel comma dichiarando manifestamente infondate le relative questioni di costituzionalità. Mentre, le questioni relative al secondo comma dello stesso articolo, considerato che le contestazioni del Comune di Trento concernono soltanto i limiti di spesa riferiti al numero delle persone assistibili e non anche quelli relativi al costo pro-capite, sarebbero anche per questa parte irrilevanti, dal momento che, come afferma la stessa ordinanza di rimessione, l'Unità Sanitaria Locale ha provveduto a pagare almeno una quota della spesa sanitaria, mostrando così di non aver escluso l'assistita della cui spesa si discute dal numero dei beneficiari delle prestazioni sanitarie in questione. Quanto al merito, la Provincia, attraverso un esame della disciplina statale esistente in materia e in particolare dell'art. 30 della legge 27 dicembre 1983, n. 730 e dell'atto di indirizzo e coordinamento approvato con D.P.C.M. 8 agosto 1985, deduce che i ricoveri di persone non autosufficienti in case di riposo non rientrerebbero integralmente fra le attività esclusivamente sanitarie, né in quelle "di rilievo sanitario connesse con le attività socio- assistenziali" (le quali sono a carico del Fondo sanitario nazionale), non essendo dirette, come richiede la predetta disciplina, in via esclusiva o comunque prevalente "alla cura degli anziani, limitatamente agli stati morbosi non curabili a domicilio". Qui si sarebbe in presenza, invece, di attività sanitarie non disgiungibili da quelle socio-assistenziali, per le quali, continua la Provincia, a norma dell'art. 6 del citato atto di indirizzo e coordinamento, il riparto tra spese assistenziali (non imputabili al fondo sanitario) e spese sanitarie dovrebbe avvenire in modo forfettario e proporzionale all'incidenza della tutela sanitaria su quella assistenziale "con eventuale partecipazione da parte dei cittadini". Anche alla luce della suddetta disciplina, la Provincia contesta l'assunto del giudice a quo, secondo il quale l'impugnato art. 6 comporta sia l'eventuale esclusione, per eccedenza della "quota di riserva", di anziani non autosufficienti dai posti letto delle case di riposo convenzionate con il Servizio sanitario, sia la possibilità che il suddetto Servizio non si accolli le spese relative a prestazioni sanitarie rese nelle anzidette case di riposo. Ad avviso della Provincia, infatti, i parametri previsti dalla disposizione impugnata (cioè quello relativo al numero dei soggetti assistibili e quello riferito al costo pro-capite) non costituirebbero limiti operanti nei confronti dei singoli utenti e non mirerebbero quindi a fissare un "tetto" dei soggetti assistibili, ma sarebbero invece semplici criteri per stabilire il quantum complessivo del fondo sanitario da destinare agli anzidetti interventi e per permettere alla Giunta provinciale di operare il riparto delle quote di quel fondo fra le singole case di riposo in proporzione al numero (presuntivo) dei ricoverati e in relazione agli standards di assistenza che ogni casa di riposo è in grado di garantire dati certi costi per le unità di personale. Questa interpretazione, che la Provincia ha seguìto in tutte le delibere di Giunta applicative della disposizione impugnata (v. delibere nn. 5663/83, 9741/84, 3650/86, 5010/87, 107/88, 182/89), ha portato la Provincia stessa a includere tra le "prestazioni sanitarie" di cui all'impugnato art. 6, oltre a quelle che lo sono in senso stretto, anche attività "di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali" o non disgiungibili da queste ultime e, persino attività esclusivamente socio-assistenziali, con un impegno finanziario molto superiore alla quota riferibile alle prestazioni propriamente sanitarie. In ogni caso, conclude la Provincia, ove in ipotesi astratta i ricoverati fossero in numero superiore ai limiti prefissati, si potrà avere nell'immediato una riduzione proporzionale della quota di intervento finanziario provinciale in relazione a ciascun ospite, con conseguente maggiorazione della retta di ricovero posta a carico degli assistiti o, ricorrendone i presupposti, del Comune: maggiorazione che, in ogni caso, non può arrivare a incidere sulla spesa per le attività sanitarie, che resta sempre a carico della Provincia. Da ultimo, la Provincia sottolinea che, in relazione all'ipotesi dedotta in giudizio, non si può parlare, come fa l'ordinanza di rimessione, di un diritto soggettivo "perfetto" a ottenere le prestazioni sanitarie del Servizio nazionale, per il fatto che le case di riposo e l'assistenza, anche sanitaria, da esse erogata ai sensi delle disposizioni impugnate si collocherebbero al di fuori del sistema del Servizio sanitario nazionale, pur se sono collegate ad esso. Di modo che la tutela assicurata al cittadino riguardo alle prestazioni sanitarie offerte dalle case di riposo potrebbe essere anche diversa, in termini di garanzia delle prestazioni e di tendenziale gratuità delle stesse, rispetto a quella assicurata direttamente dalle strutture appartenenti al Servizio sanitario nazionale. 4. - In prossimità dell'udienza il Comune di Trento ha presentato un'ampia memoria portando argomenti a favore della rilevanza e della fondatezza delle questioni sollevate. Riguardo alla rilevanza dell'estensione della questione di costituzionalità al primo comma dell'art. 6 della legge provinciale n. 6 del 1983, il Comune sottolinea che è proprio quel comma a prevedere la possibilità (poi sviluppata dal comma successivo) di limiti nell'assunzione, da parte dell'Unità Sanitaria Locale, della spesa inerente a prestazioni di natura sanitaria e che non può avere alcuna efficacia preclusiva la sentenza parziale adottata dallo stesso giudice rimettente riguardo all'esclusione dell'assunzione da parte del Servizio sanitario delle spese "alberghiere" o comunque di natura non sanitaria. Né, sempre ad avviso del Comune, l'irrilevanza dell'intera questione potrebbe derivare dal supposto pagamento da parte della Provincia (come asserisce la difesa di questa) dell'intera spesa sanitaria, sia perché spetta solo al giudice a quo determinare se in ipotesi il Servizio sanitario provinciale si sia accollato solo una parte (come egli ha ritenuto) o la totalità della spesa sanitaria (come ritiene la Provincia), sia perché il ricorso introduttivo del giudizio a quo conteneva una domanda di accertamento generale, per la quale la questione è sempre e necessariamente rilevante. Nel merito il Comune, dopo aver sottolineato la non pertinenza delle adduzioni della Provincia relative agli atti di amministrazione attiva della Giunta provinciale (peraltro successivi al fatto dedotto nel giudizio a quo) che avrebbero evitato la lesione del diritto all'assistenza sanitaria piena "modificando" il significato della norma impugnata, afferma che la questione sottoposta alla Corte costituzionale è se la norma impugnata, per quel che dice, contrasta con il diritto costituzionale alla salute, garantito dagli artt. 32 della Costituzione e degli artt. 1, 3 e 19 della legge n. 833 del 1978. E tale diritto, secondo il Comune, sussiste anche in relazione al ricovero nelle case di riposo, sia perché si deve escludere che si tratti di un interesse legittimo la cui soddisfazione dipenda dalle disponibilità organizzative e finanziarie del Servizio sanitario pubblico, sia perché l'accertamento della qualifica di anziano non autosufficiente e il ricovero nelle case di riposo sono decisi dallo stesso Servizio tramite l'Unità Sanitaria Locale competente per territorio e prescindono dalla volontà dell'interessato (sicché apparrebbe arbitraria la postulazione della Provincia relativa alla diversità di tutela che potrebbe essere assicurata al cittadino dalle case di riposo rispetto a quella accordata dalle strutture del Servizio Sanitario).
Considerato in diritto
1. - La questione sottoposta al giudizio di questa Corte dal Tribunale regionale di Giustizia amministrativa di Trento con l'ordinanza di rimessione indicata in epigrafe consiste nel verificare se contrasti con gli artt. 32, primo comma, 3, primo comma, della Costituzione, nonché con gli artt. 5 e 9, n. 10, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e con l'art. 116 della Costituzione, in connessione con gli artt. 1, 3, secondo comma, e 19 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), l'art. 6, primo e secondo comma, della legge della Provincia di Trento 15 marzo 1983, n. 6 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Provincia autonoma di Trento - Legge finanziaria), nella parte in cui prevede che la Giunta provinciale stabilisca, in base ad appositi parametri, i limiti, riferiti al numero delle persone assistibili e al costo pro- capite, entro i quali le Unità Sanitarie Locali assumono la spesa inerente a prestazioni di natura sanitaria erogate a favore di persone anziane "non autosufficienti" ricoverate in case di riposo. In via pregiudiziale la Provincia autonoma di Trento eccepisce l'irrilevanza della questione sollevata sotto svariati profili. 2. - Le eccezioni di inammissibilità non possono essere accolte. Al fine di decidere le numerose eccezioni d'irrilevanza proposte dalla Provincia autonoma di Trento occorre ripercorrere sinteticamente le vicende del giudizio a quo. Adito dal Comune di Trento allo scopo di accertare se gli oneri conseguenti al ricovero nelle case di riposo degli anziani non autosufficienti spettino in via esclusiva al Servizio sanitario provinciale e, per esso, alla Unità Sanitaria Locale competente per territorio, nonché allo scopo di ottenere la restituzione da quest'ultima della somma pagata dal ricorrente per le prestazioni erogate a una cittadina ricoverata presso la casa di riposo civica di Trento, il giudice rimettente ha applicato l'art. 6 della legge provinciale n. 6 del 1983, il quale prevede, al primo comma, che "in attesa dell'entrata in vigore del piano sanitario provinciale le Unità sanitarie Locali assumono a proprio carico, entro i limiti e secondo le direttive di cui al successivo comma e sulla base di convenzioni con gli enti o istituzioni pubbliche interessate, la spesa inerente a prestazioni di natura sanitaria erogate a favore di persone anziane non autosufficienti ricoverate in case di riposo". In base a tale disposizione legislativa il giudice rimettente ha innanzitutto emesso una sentenza parziale con la quale ha respinto la richiesta del Comune ricorrente per quanto riguarda la ripetizione delle somme pagate a titolo di prestazioni "alberghiere" o comunque di natura non sanitaria o socio-assistenziale, poiché la disposizione di legge appena ricordata pone a carico delle Unità Sanitarie locali soltanto le spese inerenti alle prestazioni sanitarie. In relazione a queste ultime, invece, il giudice a quo ha ritenuto di non poter definire il giudizio in mancanza della previa risoluzione da parte di questa Corte di un dubbio di legittimità costituzionale concernente l'art. 6, primo e secondo comma, della legge provinciale n. 6 del 1983. Egli, infatti, sospetta che contrasti con il diritto costituzionale alla salute (art. 32 della Costituzione), con i principi fondamentali della legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale (artt. 1, 3, secondo comma, e 19 della legge n. 833 del 1978) e con il principio costituzionale di eguaglianza, la previsione, contenuta nell'impugnato art. 6, secondo la quale le prestazioni sanitarie erogate dalle case di riposo alle persone anziane "non autosufficienti" ricoverate siano poste a carico delle Unità Sanitarie Locali, non già integralmente, ma nei limiti che la Giunta provinciale stabilisce in riferimento al numero delle persone assistibili e al costo pro-capite. 2.1. - Secondo una prima eccezione presentata dalla Provincia autonoma di Trento, la rilevanza della questione di costituzionalità proposta dal giudice a quo non sarebbe affatto dimostrata e, in ogni caso, sarebbe meramente ipotetica. In realtà così non è, poiché il giudice a quo, nel suo libero apprezzamento dei fatti relativi al giudizio amministrativo, ha rilevato che, avendo la convenuta Unità Sanitaria Locale "concorso per circa un terzo al pagamento della retta per il ricovero", non si possono non ritenere ricomprese nella quota pagata dal Comune di Trento spese per prestazioni sanitarie, se pure ridotte in base alle limitazioni disposte dalla Provincia con le delibere applicative dell'impugnato art. 6. E, conclude il giudice a quo, poiché il Comune ricorrente chiede anche il rimborso delle quote anticipate per prestazioni di carattere sanitario e non coperte dal pagamento effettuato dall'Unità Sanitaria Locale, pregiudiziale alla definizione del giudizio pendente presso di lui è la risoluzione della questione relativa alla legittimità costituzionale del potere di limitazione attribuito dall'art. 6 alla Giunta provinciale per quanto attiene il concorso finanziario delle Unità Sanitarie Locali alle spese per le prestazioni di carattere sanitario. Non vi può esser dubbio, dunque, che la rilevanza della questione di costituzionalità sia adeguatamente motivata. Essa, inoltre, non risulta del tutto ipotetica rispetto al caso dedotto in giudizio, nel senso che non è tale da indurre a ritenere che la previsione legislativa del ricordato potere provinciale di limitazione non possa avere la minima applicazione nel caso dedotto nel giudizio a quo. 2.2. - Con una seconda eccezione di inammissibilità la Provincia autonoma di Trento postula l'irrilevanza della questione relativa al primo comma dell'impugnato art. 6, sul presupposto che il giudice a quo, nell'adottare la sentenza parziale precedentemente ricordata, abbia definito tutte le richieste relative all'anzidetto primo comma pronunziando la manifesta infondatezza delle connesse questioni di legittimità costituzionale. In realtà, l'effetto preclusivo prospettato dalla Provincia di Trento non si è prodotto per il semplice fatto che non è vero che il giudice a quo abbia definito con l'accennata sentenza parziale tutte le questioni relative al primo comma. Con tale decisione, infatti, il Tribunale regionale di Giustizia amministrativa di Trento ha respinto il ricorso del Comune per quanto riguarda la ripetizione delle spese dovute per le prestazioni di natura non sanitaria o socio-assistenziale, dichiarando manifestamente infondate le relative questioni di legittimità costituzionale. Ma questa sentenza non può avere un effetto di preclusione nei confronti delle questioni di costituzionalità relative all'assunzione delle spese conseguenti alle prestazioni sanitarie, le quali non rientrano certo nell'oggetto della medesima decisione. Per tali motivi, non può essere censurato il coinvolgimento dell'art. 6, primo comma, della legge provinciale n. 6 del 1983 nella questione di legittimità costituzionale sollevata con l'ordinanza di rimessione in questione, dal momento che è proprio in quel comma che è contenuta la disposizione per la quale "le Unità sanitarie locali assumono a proprio carico, entro i limiti e secondo le direttive di cui al successivo comma (...), la spesa inerente a prestazioni di natura sanitaria erogate a favore di persone anziane non autosufficienti ricoverate in case di riposo". E, considerato che il giudice a quo contesta la legittimità costituzionale del potere conferito alla Provincia di limitare l'assunzione a carico del proprio bilancio delle spese dovute per le prestazioni sanitarie erogate agli anziani "non autosufficienti" ricoverati nelle case di riposo, l'oggetto dell'impugnazione ora discussa è stato individuato non solo nel primo comma, relativamente all'inciso in cui ammette la limitabilità dell'assunzione a carico della Provincia delle spese per prestazioni sanitarie, ma anche nel secondo comma, il quale, svolgendo la precedente disposizione, attribuisce quel potere di limitazione alla Giunta provinciale e lo subordina a una parametrazione riferita al numero delle persone assistibili e al costo pro-capite. 2.3. - Infine, va pure rigettata un'ulteriore eccezione di inammissibilità prospettata dalla Provincia di Trento, per la quale, sul presupposto che nel giudizio a quo sia venuto in questione soltanto il limite numerico, e non già quello riferito al costo pro-capite, dovrebbe considerarsi irrilevante non solo la questione relativa ai limiti attinenti al costo pro-capite, ma anche ogni altra questione sollevata, dal momento che l'aver provveduto l'Unità Sanitaria Locale ad assumersi almeno una quota della spesa sanitaria dimostrerebbe che l'assistita di cui è causa nel giudizio a quo non sarebbe stata esclusa dal numero dei beneficiari delle prestazioni a carico del medesimo Servizio sanitario pubblico. Anche in questo caso il presupposto sul quale si basa l'eccezione esaminata non è esatto. Secondo l'impugnato art. 6, il limite entro il quale l'Unità Sanitaria Locale assume la spesa conseguente alle ricordate prestazioni sanitarie viene fissato dalla giunta provinciale in sede di programmazione finanziaria sulla base di una duplice previsione: il numero presuntivo degli anziani "non autosufficienti" che nell'anno finanziario considerato usufruirà delle prestazioni sanitarie erogate dalle case di riposo e il costo preventivato che l'amministrazione erogante sopporterà per ogni ricoverato bisognevole di prestazioni sanitarie in relazione a un determinato standard minimo di attività (mediche, infermieristiche, rieducative, etc.) da garantire. Poiché i parametri indicati costituiscono i criteri, legislativamente prestabiliti, per la quantificazione dell'intervento finanziario della Provincia ai fini dell'integrazione del fondo sanitario provinciale e per la ripartizione dei finanziamenti tra i singoli enti erogatori, essi sono praticamente inscindibili, considerato che l'impegno finanziario, tanto nel suo complesso quanto nelle singole quote da distribuire ai singoli enti erogatori, non può esser determinato che attraverso la moltiplicazione degli indici numerici relativi agli assistibili previsti con quelli concernenti la spesa pro-capite stimata. Né il fatto che l'Unità Sanitaria Locale si sia assunta almeno una parte della spesa sanitaria relativa all'assistita di cui è questione nel giudizio a quo può essere considerato in sé come un elemento da cui dedurre l'irrilevanza della questione di legittimità costituzionale sollevata, dal momento che la decisione sulla costituzionalità della previsione legislativa di limiti all'assunzione da parte del Servizio sanitario provinciale delle spese dovute per le prestazioni sanitarie erogate agli anziani "non autosufficienti" ricoverati nelle case di riposo è indubbiamente pregiudiziale rispetto alla risoluzione della questione di merito se la restante parte della spesa sanitaria debba essere accollata all'Unità Sanitaria Locale o al Comune di Trento. 3. - Non fondata è, in ogni caso, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, primo e secondo comma, della legge della Provincia autonoma di Trento n. 6 del 1983, nella parte in cui prevede che l'assunzione a carico dell'Unità Sanitaria Locale delle spese conseguenti a prestazioni sanitarie erogate ad anziani "non autosufficienti" ricoverati nelle case di riposo possa essere limitata sulla base di parametri riferiti al numero delle persone assistibili e al costo pro-capite. Le censure prospettate dal giudice a quo si basano sull'argomento che il godimento di un diritto soggettivo perfetto costituzionalmente garantito - come il diritto alla salute o, più precisamente, il diritto a ottenere le prestazioni sanitarie erogate dal Servizio sanitario nazionale - non potrebbe essere sacrificato o, comunque, subordinato a limiti derivanti dalle risorse organizzative e finanziarie a disposizione del sistema sanitario pubblico. Su tale base il giudice rimettente ravvisa il possibile contrasto delle disposizioni impugnate con l'art. 32, primo comma, della Costituzione e, nello stesso tempo, con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di erogazione dei servizi sanitari (art. 116 della Costituzione, nonché artt. 5 e 9, n. 10, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, in connessione con gli artt. 1, 3, secondo comma, e 19 della legge 23 dicembre 1978, n. 833). Inoltre, sempre sulla base dell'argomento addotto in via principale, lo stesso giudice a quo prospetta la possibile violazione del principio costituzionale di eguaglianza (art. 3, primo comma, della Costituzione), dal momento che i limiti previsti dalla legge provinciale impugnata comporterebbero, a suo avviso, una discriminazione a danno degli anziani "non autosufficienti" ivi contemplati nei confronti della generalità dei soggetti appartenenti alla medesima categoria e, in particolare, di quelli che usufruiscono di forme di assistenza sanitaria diverse dal ricovero nelle case di riposo. L'argomento sul quale il giudice a quo basa le sue censure d'illegittimità costituzionale non può essere condiviso, poiché i principi più volte affermati da questa Corte sul diritto alla salute e, in particolare, sul diritto a ottenere prestazioni sanitarie portano a conclusioni opposte in relazione al tipo di attività disciplinate dalle disposizioni impugnate. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale, il diritto alla salute è riconosciuto e garantito dall'art. 32 della Costituzione come un "diritto primario e fondamentale che (...) impone piena ed esaustiva tutela" (v. sent. n. 992 del 1988, nonché sentt. nn. 88 del 1979, 184 del 1986, 559 del 1987, 1011 del 1988, 298 e 307 del 1990). Questa tutela, tuttavia, si articola in situazioni giuridiche soggettive diverse in dipendenza della natura e del tipo di protezione che l'ordinamento costituzionale assicura al bene dell'integrità e dell'equilibrio fisici e psichici della persona umana in relazione ai rapporti giuridici cui in concreto inerisce. In ragione di ciò, questa Corte ha affermato che, considerato sotto il profilo della difesa dell'integrità fisio-psichica della persona umana di fronte alle aggressioni o alle condotte comunque lesive dei terzi, il diritto alla salute è un diritto erga omnes, immediatamente garantito dalla Costituzione e, come tale, direttamente tutelabile e azionabile dai soggetti legittimati nei confronti degli autori dei comportamenti illeciti (v. sentt. nn. 88 del 1979, 184 del 1986, 559 del 1987). Nello stesso tempo, la Corte ha sempre precisato che, considerato sotto il profilo del diritto a trattamenti sanitari, il diritto alla salute è soggetto alla "determinazione degli strumenti, dei tempi e dei modi di attuazione" della relativa tutela da parte del legislatore ordinario (v. sent. n. 142 del 1982, nonché sentt. nn. 81 del 1966, 112 del 1975, 104 e 175 del 1982, 212 e 226 del 1983, 342 del 1985, 1011 del 1988). Quest'ultima dimensione del diritto alla salute, che è quella concernente le questioni di costituzionalità in esame, comporta che, al pari di ogni diritto a prestazioni positive, il diritto a ottenere trattamenti sanitari, essendo basato su norme costituzionali di carattere programmatico impositive di un determinato fine da raggiungere, è garantito a ogni persona come un diritto costituzionale condizionato dall'attuazione che il legislatore ordinario ne dà attraverso il bilanciamento dell'interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra nella sua opera di attuazione in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al momento (v. spec. sentt. nn. 175 del 1982, 212 del 1983 e 1011 del 1988). Questo principio, che è comune a ogni altro diritto costituzionale a prestazioni positive, non implica certo una degradazione della tutela primaria assicurata dalla Costituzione a una puramente legislativa, ma comporta che l'attuazione della tutela, costituzionalmente obbligatoria, di un determinato bene (la salute) avvenga gradualmente a seguito di un ragionevole bilanciamento con altri interessi o beni che godono di pari tutela costituzionale e con la possibilità reale e obiettiva di disporre delle risorse necessarie per la medesima attuazione: bilanciamento che è pur sempre soggetto al sindacato di questa Corte nelle forme e nei modi propri all'uso della discrezionalità legislativa (v., da ultimo, sentt. nn. 27 del 1975, 226 e 559 del 1987, 992 del 1988, 319 del 1989, 127 e 298 del 1990). Di qui deriva l'affermazione, già compiuta da questa Corte (sentt. nn. 103 del 1977, 175 del 1982), secondo la quale ogni persona che si trovi nelle condizioni obiettive stabilite dalla legislazione sull'erogazione dei servizi sanitari ha "pieno e incondizionato diritto" a fruire delle prestazioni sanitarie erogabili, a norma di legge, come servizio pubblico a favore dei cittadini. 4. - La legge 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale assicura in egual modo a ogni cittadino, senza distinzione di condizioni individuali o sociali, il diritto a ottenere le prestazioni preordinate alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica secondo le modalità e le prescrizioni stabilite dalla legge. La stessa normativa statale ammette che, oltre alle prestazioni assicurate in condizioni di eguaglianza dal servizio sanitario nazionale, le regioni o le province autonome possano garantire ai propri cittadini prestazioni sanitarie aggiuntive, sempreché siano previste con legge nel rispetto dei principi costituzionali prima indicati e siano poste a carico del bilancio della regione o della provincia autonoma interessate (v. art. 25, terzo comma, della legge 27 dicembre 1983, n. 730). Le prestazioni sanitarie disciplinate dalle disposizioni impugnate non rientrano fra quelle erogate dal Servizio sanitario nazionale, ma costituiscono attività aggiuntive e integrative apprestate dalla Provincia autonoma di Trento a beneficio degli anziani "non autosufficienti" ricoverati nelle case di riposo ubicate nel proprio territorio. Tanto che, a copertura finanziaria delle prestazioni previste, l'art. 6 della legge impugnata stabilisce, al terzo comma, un'integrazione annuale al fondo sanitario provinciale di parte corrente "ai sensi dell'articolo 2, lettera b), della legge provinciale 16 gennaio 1982, n. 2", cioè ai sensi della disposizione che permette alla Provincia di Trento di integrare il fondo sanitario provinciale, per la parte corrente, con apporti finanziari propri in aggiunta alle assegnazioni operate dallo Stato a titolo di finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Tuttavia, anche rispetto alle prestazioni sanitarie aggiuntive previste dalle regioni o dalle province autonome valgono i principi precedentemente ricordati: in particolare, che il legislatore nello svolgere le norme costituzionali sul diritto a trattamenti sanitari è tenuto, oltre che a bilanciare l'interesse protetto con altri beni giuridici parimenti tutelati, ad osservare una ragionevole gradualità di attuazione dipendente dalla obiettiva considerazione delle risorse organizzative e finanziarie a disposizione. E, poiché i parametri previsti dalle disposizioni impugnate (numero delle persone assistibili dalle case di riposo e il relativo costo pro-capite preventivato) tengono in preciso conto i principi appena enunciati, si dimostra erronea la premessa stessa sulla quale si basano tutte le censure d'illegittimità costituzionale sollevate dal giudice a quo e, in particolare, la pretesa che possa parlarsi di un diritto soggettivo pieno e incondizionato rispetto a prestazioni sanitarie che oltrepassino i limiti di erogazione legittimamente previsti dalle leggi ordinarie.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, primo e secondo comma, della legge della Provincia di Trento 15 marzo 1983, n. 6 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale - Legge finanziaria) sollevata, con l'ordinanza indicata in epigrafe, dal Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento in riferimento agli artt. 3, primo comma, 32, primo comma, e 116 della Costituzione, nonché agli artt. 5 e 9, n. 10, dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige, in connessione con gli artt. 1, 3, secondo comma e 19 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 settembre 1990.
Il Presidente: SAJA Il redattore: BALDASSARRE Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 16 ottobre 1990. Il direttore della cancelleria: MINELLI
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