N. 84 SENTENZA 19 FEBBRAIO-4 MARZO 1992
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: dott. Aldo CORASANITI; Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2751, 2770 e 2776 del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 17 aprile 1991 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Statuti Iacoucci Giovanna ed il Fallimento Rossi Merichi Guido, iscritta al n. 646 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 5 febbraio 1992 il Giudice relatore Renato Granata;
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza del 17 aprile 1991 - emessa in un giudizio di opposizione allo stato passivo promossa dalla moglie separata del fallito per ottenere il riconoscimento del carattere privilegiato del credito (proprio e dei figli minori) relativo ad importi arretrati dell'assegno di mantenimento - l'adito Tribunale di Roma, considerato che la richiesta dell'opponente trovava ostacolo nella normativa vigente che, all'art. 2751 n. 4 c.c., si limita ad attribuire privilegio generale sui mobili del debitore al solo credito per "alimenti per gli ultimi tre mesi" e che ciò, nella specie, rischiava di "vanificare di fatto ogni concreta aspettativa (della ricorrente) di partecipare al riparto dei modesti introiti realizzati dalla procedura concorsuale", ha ritenuto, di conseguenza, rilevante, ed ha perciò sollevato, questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 2751, 2770 e 2776 c.c., "nella parte, appunto, in cui non prevedono che l'assegno di mantenimento del coniuge separato o divorziato e dei figli sia considerato credito privilegiato, in riferimento agli artt. 2, 3, 29, 30 e 31 Cost.". All'uopo il giudice a quo ha richiamato la precedente sentenza di questa Corte n. 326/1983, dichiarativa dell'illegittimità dell'art. 2751- bis n. 1 c.c. "nella parte in cui non munisce di privilegio il credito del lavoratore per danni conseguenti ad infortunio sul lavoro del quale sia responsabile il datore di lavoro"; ed ha argomentato che analoga pronunzia additiva sia adottabile anche nella specie, per il credito di mantenimento in oggetto, in considerazione del particolare rilievo dei diritti (tra i quali quello di educazione ed assistenza dei minori) alla cui soddisfazione quel credito è preordinato, e che trovano il loro referente nei richiamati precetti costituzionali che tutelano la famiglia fondata sul matrimonio come cellula base della società civile. 2. - Proprio in relazione al carattere additivo della statuizione richiesta, l'Avvocatura di Stato, per l'intervenuto Presidente del Consiglio dei ministri, ha eccepito, l'inammissibilità, invece, della questione sollevata, anche in ragione della non definita natura e collocazione del privilegio che si vorrebbe per tal via, introdurre, con implicazione di scelte di merito legislativo eccedenti l'ambito del giudizio di legittimità.
Considerato in diritto
1. - Questa Corte è chiamata a decidere se siano o non costituzionalmente legittime, in riferimento ai precetti degli artt. 2, 3, 29, 30 e 31 Cost., le disposizioni di cui agli artt. 2751 (Dei privilegi generali sui mobili), 2770 (Dei privilegi sopra gli immobili) e 2776 (Collocazione sussidiaria sugli immobili) del codice civile "nella parte in cui non prevedono che l'assegno di mantenimento da corrispondere al coniuge separato o divorziato ed ai figli sia munito di privilegio". E, pregiudizialmente, se sia o non ammissibile la riferita questione, in ragione dei limiti entro cui è consentita l'adozione di pronunzie costituzionali additive. 2. - Il secondo quesito, il cui esame è ovviamente preliminare ed assorbente, va risolto in senso negativo. Come, infatti, reiterativamente già precisato (cfr., tra le più recenti sentt. n. 287, 202, 44, 25/91, 29/90), una decisione di tipo additivo è, in linea di principio, consentita soltanto quando la soluzione adeguatrice non debba essere frutto di una valutazione discrezionale, ma consegua necessariamente al giudizio di legittimità, sì che la Corte in realtà proceda a un'estensione logicamente necessitata e spesso implicita nella potenzialità interpretativa del contesto normativo in cui è inserita la disposizione impugnata. Mentre, quando si profili una pluralità di soluzioni, derivanti da varie possibili valutazioni, l'intervento della Corte non è ammissibile, spettando la relativa scelta unicamente al legislatore.Ciò comporta, in materia di privilegi (anche in considerazione del carattere politico-economico delle scelte che presiedono al riconoscimento della natura privilegiata di dati crediti) che, mentre è possibile, in tesi, sindacare - all'interno di una specifica norma attributiva di un privilegio - la ragionevolezza della mancata inclusione, in essa, di fattispecie identiche od omogenee a quella cui la causa di prelazione è riferita, certamente non consentito è invece utilizzare lo strumento del giudizio di legittimità per introdurre, sia pur in considerazione del rilievo costituzionale di un determinato credito, una causa di prelazione ulteriore, con strutturazione di un autonomo modulo normativo che codifichi la tipologia del nuovo privilegio ed il suo inserimento nel sistema di quelli preesistenti. Al primo schema di intervento è pienamente riconducibile la sentenza n. 326/1983 richiamata - non utilmente - dal giudice a quo che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 2751- bis cit. in esito ad un giudizio appunto di non ragionevolezza della omessa inclusione del "credito del lavoratore per danni conseguiti ad infortunio sul lavoro del quale sia responsabile il datore di lavoro" nell'area omogenea dei crediti, parimenti risarcitori, del dipendente nei confronti del datore di lavoro, contemplata dalla norma attributiva del privilegio in oggetto. Diversamente, l'addizione ora richiesta va inevitabilmente ad inserirsi nel secondo dei due delineati tipi di intervento additivo, postulando scelte, innegabilmente di merito legislativo, in ordine alla natura del privilegio che si vuole introdurre, anche per la necessità di risolvere i connessi problemi attinenti al suo rapporto (di precedenza, postergazione o concorrenza) con gli altri privilegi già positivamente previsti. Dal che appunto discende l'inammissibilità della prospettata questione. L'esigenza - particolarmente sottolineata dal giudice rimettente - di non lasciare il credito di mantenimento in oggetto "così confuso nella folla dei crediti chirografari" va di conseguenza necessariamente apprezzata nella sede sua propria di un (auspicabile) intervento legislativo. Potendo a presidio di quel credito allo stato comunque applicarsi (come correttamente del resto nel giudizio a quo già in concreto applicato) il (sia pur temporalmente circoscritto) privilegio previsto dell'art. 2751 n. 4 per i crediti alimentari.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2751, 2770, 2776 cod. civ., sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 29, 30, 31 Cost. dal Tribunale di Roma, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 1992.
Il Presidente: CORASANITI Il redattore: GRANATA Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 4 marzo 1992. Il cancelliere: DI PAOLA
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