Università di Torino: Dipartimento di Scienze Giuridiche

Tecniche Interpretative della Corte Costituzionale

Sentenza numero 0084 del 1992 inserita nel sistema il 10/11/2012
Pronuncia: Pronuncia di inammissibilità per discrezionalità del legislatore
Argomenti di altre disposizioni rilevanti per la pronuncia:
-Argomento ab exemplo (riferimento ai propri precedenti)

N. 84
SENTENZA 19 FEBBRAIO-4 MARZO 1992

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo
CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
prof. Cesare MIRABELLI;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2751, 2770 e
2776 del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 17 aprile
1991 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra
Statuti Iacoucci Giovanna ed il Fallimento Rossi Merichi Guido,
iscritta al n. 646 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale,
dell'anno 1991;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 5 febbraio 1992 il Giudice
relatore Renato Granata;

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza del 17 aprile 1991 - emessa in un giudizio di
opposizione allo stato passivo promossa dalla moglie separata del
fallito per ottenere il riconoscimento del carattere privilegiato del
credito (proprio e dei figli minori) relativo ad importi arretrati
dell'assegno di mantenimento - l'adito Tribunale di Roma, considerato
che la richiesta dell'opponente trovava ostacolo nella normativa
vigente che, all'art. 2751 n. 4 c.c., si limita ad attribuire
privilegio generale sui mobili del debitore al solo credito per
"alimenti per gli ultimi tre mesi" e che ciò, nella specie,
rischiava di "vanificare di fatto ogni concreta aspettativa (della
ricorrente) di partecipare al riparto dei modesti introiti realizzati
dalla procedura concorsuale", ha ritenuto, di conseguenza, rilevante,
ed ha perciò sollevato, questione incidentale di legittimità
costituzionale degli artt. 2751, 2770 e 2776 c.c., "nella parte,
appunto, in cui non prevedono che l'assegno di mantenimento del
coniuge separato o divorziato e dei figli sia considerato credito
privilegiato, in riferimento agli artt. 2, 3, 29, 30 e 31 Cost.".
All'uopo il giudice a quo ha richiamato la precedente sentenza di
questa Corte n. 326/1983, dichiarativa dell'illegittimità dell'art.
2751- bis n. 1 c.c. "nella parte in cui non munisce di privilegio il
credito del lavoratore per danni conseguenti ad infortunio sul lavoro
del quale sia responsabile il datore di lavoro"; ed ha argomentato
che analoga pronunzia additiva sia adottabile anche nella specie, per
il credito di mantenimento in oggetto, in considerazione del
particolare rilievo dei diritti (tra i quali quello di educazione ed
assistenza dei minori) alla cui soddisfazione quel credito è
preordinato, e che trovano il loro referente nei richiamati precetti
costituzionali che tutelano la famiglia fondata sul matrimonio come
cellula base della società civile.
2. - Proprio in relazione al carattere additivo della statuizione
richiesta, l'Avvocatura di Stato, per l'intervenuto Presidente del
Consiglio dei ministri, ha eccepito, l'inammissibilità, invece,
della questione sollevata, anche in ragione della non definita natura
e collocazione del privilegio che si vorrebbe per tal via,
introdurre, con implicazione di scelte di merito legislativo
eccedenti l'ambito del giudizio di legittimità.

Considerato in diritto

1. - Questa Corte è chiamata a decidere se siano o non
costituzionalmente legittime, in riferimento ai precetti degli artt.
2, 3, 29, 30 e 31 Cost., le disposizioni di cui agli artt. 2751 (Dei
privilegi generali sui mobili), 2770 (Dei privilegi sopra gli
immobili) e 2776 (Collocazione sussidiaria sugli immobili) del codice
civile "nella parte in cui non prevedono che l'assegno di
mantenimento da corrispondere al coniuge separato o divorziato ed ai
figli sia munito di privilegio".
E, pregiudizialmente, se sia o non ammissibile la riferita
questione, in ragione dei limiti entro cui è consentita l'adozione
di pronunzie costituzionali additive.
2. - Il secondo quesito, il cui esame è ovviamente preliminare ed
assorbente, va risolto in senso negativo.
visualizza testo argomento Come, infatti, reiterativamente già precisato (cfr., tra le più
recenti sentt. n. 287, 202, 44, 25/91, 29/90), una decisione di tipo
additivo è, in linea di principio, consentita soltanto quando la
soluzione adeguatrice non debba essere frutto di una valutazione
discrezionale, ma consegua necessariamente al giudizio di
legittimità, sì che la Corte in realtà proceda a un'estensione
logicamente necessitata e spesso implicita nella potenzialità
interpretativa del contesto normativo in cui è inserita la
disposizione impugnata. Mentre, quando si profili una pluralità di
soluzioni, derivanti da varie possibili valutazioni, l'intervento
della Corte non è ammissibile, spettando la relativa scelta
unicamente al legislatore.Ciò comporta, in materia di privilegi (anche in considerazione
del carattere politico-economico delle scelte che presiedono al
riconoscimento della natura privilegiata di dati crediti) che, mentre
è possibile, in tesi, sindacare - all'interno di una specifica norma
attributiva di un privilegio - la ragionevolezza della mancata
inclusione, in essa, di fattispecie identiche od omogenee a quella
cui la causa di prelazione è riferita, certamente non consentito è
invece utilizzare lo strumento del giudizio di legittimità per
introdurre, sia pur in considerazione del rilievo costituzionale di
un determinato credito, una causa di prelazione ulteriore, con
strutturazione di un autonomo modulo normativo che codifichi la
tipologia del nuovo privilegio ed il suo inserimento nel sistema di
quelli preesistenti.
Al primo schema di intervento è pienamente riconducibile la
sentenza n. 326/1983 richiamata - non utilmente - dal giudice a quo
che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 2751- bis cit. in esito
ad un giudizio appunto di non ragionevolezza della omessa inclusione
del "credito del lavoratore per danni conseguiti ad infortunio sul
lavoro del quale sia responsabile il datore di lavoro" nell'area
omogenea dei crediti, parimenti risarcitori, del dipendente nei
confronti del datore di lavoro, contemplata dalla norma attributiva
del privilegio in oggetto.
Diversamente, l'addizione ora richiesta va inevitabilmente ad
inserirsi nel secondo dei due delineati tipi di intervento additivo,
postulando scelte, innegabilmente di merito legislativo, in ordine
alla natura del privilegio che si vuole introdurre, anche per la
necessità di risolvere i connessi problemi attinenti al suo rapporto
(di precedenza, postergazione o concorrenza) con gli altri privilegi
già positivamente previsti.
Dal che appunto discende l'inammissibilità della prospettata
questione.
L'esigenza - particolarmente sottolineata dal giudice rimettente -
di non lasciare il credito di mantenimento in oggetto "così confuso
nella folla dei crediti chirografari" va di conseguenza
necessariamente apprezzata nella sede sua propria di un (auspicabile)
intervento legislativo. Potendo a presidio di quel credito allo stato
comunque applicarsi (come correttamente del resto nel giudizio a quo
già in concreto applicato) il (sia pur temporalmente circoscritto)
privilegio previsto dell'art. 2751 n. 4 per i crediti alimentari.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 2751, 2770, 2776 cod. civ., sollevata in riferimento agli
artt. 2, 3, 29, 30, 31 Cost. dal Tribunale di Roma, con l'ordinanza
indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 1992.

Il Presidente: CORASANITI
Il redattore: GRANATA
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 4 marzo 1992.
Il cancelliere: DI PAOLA

 
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