N. 194 SENTENZA 30 MAGGIO-12 GIUGNO 1996
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: avv. Mauro FERRI; Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
ha pronunciato la seguente
Sentenza
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 186, quarto e sesto comma, 187, secondo e quarto comma 223, terzo comma, e 224, primo comma, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promossi con ordinanze emesse: 1) il 12 luglio 1995 dal Pretore di Asti nel procedimento penale a carico di Cambursano Diego, iscritta al n. 615 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1995; 2) il 13 luglio 1995 dal Pretore di Macerata nel procedimento civile vertente tra Ferretti Marco e Prefettura di Macerata, iscritta al n. 744 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1995; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 15 maggio 1996 il giudice relatore Cesare Ruperto.
Ritenuto in fatto
1.1. - Nel corso di un procedimento penale in cui si contestava all'imputato il rifiuto di sottoporsi all'accertamento volto a stabilire se egli si trovasse alla guida di un'autovettura in stato di alterazione psicofisica per l'uso di sostanze stupefacenti, il Pretore di Asti, con ordinanza emessa il 12 luglio 1995 ha sollevato, in riferimento agli artt. 13, primo e secondo comma, 24, secondo comma, e 32, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 186, sesto comma, e 187, commi 2 e 4, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui rimettono alla discrezionale valutazione degli agenti di polizia stradale se sottoporre o meno il conducente all'accertamento in parola. Precisa il giudice a quo che nella fattispecie concreta si verte nella seconda ipotesi descritta dall'art. 187, secondo comma, in cui si ha ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi in stato di ebbrezza derivante dall'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, sì che l'agente di polizia stradale può richiedere sulla base di tale convinzione che, a seguito dei relativi prelievi, vengano effettuati gli esami del sangue e delle urine. Tale previsione risulterebbe lesiva degli artt. 13, primo e secondo comma, e 32, secondo comma, della Costituzione, in quanto - col sanzionare penalmente il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti - imporrebbe un trattamento sanitario obbligatorio rimettendo la valutazione circa l'opportunità di disporlo non ad un medico o ad un operatore sanitario bensì ad un pubblico ufficiale che, a parere del rimettente, non avrebbe la capacità di individuare soggetti sotto l'influenza di sostanze stupefacenti o psicotrope, segnatamente nel caso di "droghe leggere". Al di là dell'ipotesi di incidente, non sarebbe perciò legittimo imporre al conducente la scelta se sottoporsi ad un trattamento sanitario oppure subire un processo penale, senza che la valutazione circa l'opportunità di disporre le analisi venga compiuta da un medico. La mancanza di garanzie per il cittadino, il cui diniego agli accertamenti equivale ad assumere la qualità d'imputato, risulterebbe altresì lesiva dell'art. 24 della Costituzione, poiché nel caso in esame difetterebbe ogni garanzia giurisdizionale. Il Pretore motiva infine la rilevanza, precisando che in caso di accoglimento l'imputato sarebbe assolto. 1.2. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione, rilevando anzitutto come il potere del pubblico ufficiale non abbia ad oggetto l'accertamento, bensì solo l'accompagnamento presso un idoneo centro di analisi, ed aggiungendo che, sotto il profilo della ragionevolezza, non sarebbe possibile immaginare altro meccanismo (nell'evidente impossibilità di disporre di medici in ogni dove sulla strada) che assicuri di effettuare l'accertamento in presenza di dati sintomatici esteriori e di comportamenti del soggetto. 2.1. - Con ordinanza emessa il 13 luglio 1995, il Pretore di Macerata, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3, 25, 27, 97 e 102 della Costituzione - questioni di legittimità costituzionale: a) dell'art. 186, quarto comma, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui prevede la facoltà (anziché l'obbligo) degli agenti di polizia stradale di procedere all'accertamento dello stato di ebbrezza mediante etilometro; b) degli artt. 223, terzo comma, e 224, primo comma, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui prevedono l'adozione del provvedimento di sospensione della patente di guida (sempre nell'ipotesi di guida sotto l'influenza dell'alcool) consentendo altresì di irrogare la corrispondente sanzione anche in presenza di sentenza penale di condanna a pena condizionalmente sospesa. A parere del giudice a quo, adito con ricorso ex art. 205 del codice della strada, la determinazione dello stato di ebbrezza verrebbe rimessa ad apprezzamenti e sensazioni olfattive dei verbalizzanti ed il legislatore, prevedendo come facoltativo l'uso dell'etilometro, avrebbe reso del tutto indeterminata la fattispecie, in violazione del principio di tassatività della norma penale. L'eguaglianza sostanziale sarebbe ristabilita, quindi, soltanto sostituendo alla facoltà l'obbligo di procedere all'accertamento dello stato di ebbrezza mediante etilometro, così escludendosi "la valenza bipolare della fattispecie criminosa, oscillante tra riscontro sintomatico e presunzione di colpevolezza agganciata al tasso di concentrazione alcolemica". Ulteriore questione viene dal rimettente sollevata con riguardo agli artt. 223, terzo comma, e 224, primo comma, del codice della strada, nella parte in cui consentono la sospensione della patente di guida con autonoma misura amministrativa, precludendo altresì la sospensione della relativa sanzione accessoria in presenza di una sentenza penale con sospensione condizionale della pena. La prima di dette norme violerebbe il principio di non colpevolezza, consentendo la provvisoria applicazione della pena accessoria prima che abbia avuto luogo un giusto processo. Risulterebbe altresì violato il principio di eguaglianza, in quanto non sarebbe possibile l'applicazione di sanzioni accessorie da parte dell'autorità amministrativa. La mancata configurabilità del beneficio della sospensione per la sanzione de qua concreterebbe una disciplina sanzionatoria particolarmente grave per le infrazioni al codice della strada, cui non farebbe riscontro un particolare allarme sociale. 2.2. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza di entrambe le questioni, depositando altresì un'ulteriore memoria nell'imminenza della camera di consiglio. Circa la prima questione, dopo aver osservato che in ordinanza mancano elementi utili a desumerne la rilevanza, si osserva come lo stato di ebbrezza ben possa essere rilevato aliunde, non essendo sempre possibile l'uso di apposite apparecchiature. Ciò in conformità di un consolidato orientamento della Suprema Corte che esclude la natura di unica prova legale per l'impiego dell'etilometro. Quanto alla seconda questione, si rileva che la norma risponde alla finalità di precludere la circolazione a soggetti nei cui confronti sia stata accertata con un notevole grado di affidabilità la violazione de qua, sia pure con decisione non definitiva dell'autorità giudiziaria, così tutelandosi il rilevante interesse pubblico della sicurezza della circolazione. Peraltro, avverso il provvedimento prefettizio - conclude l'Avvocatura - resta pur sempre aperta la via dell'opposizione dinanzi al Pretore.
Considerato in diritto
1. - Il Pretore di Asti dubita della legittimità costituzionale degli artt. 186, sesto comma, e 187, secondo e quarto comma, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui - affidando alla discrezionalità degli agenti della polizia stradale la decisione di far sottoporre ad accertamenti sanitari il conducente di veicolo, che essi ritengono sotto l'influenza di sostanze stupefacenti, e sanzionando penalmente il relativo rifiuto - risulterebbero lesivi degli artt. 13, primo e secondo comma, 24, secondo comma, e 32, secondo comma, della Costituzione. 2. - Il Pretore di Macerata impugna altresì l'art. 186, quarto comma, dello stesso codice perché, prevedendo la facoltà e non già l'obbligo degli agenti di sottoporre ad accertamento mediante etilometro il conducente ritenuto sotto l'influenza dell'alcool, renderebbe indeterminata la fattispecie incriminatrice, in violazione degli artt. 3, 25, 27, 97 e 102 della Costituzione. Queste ultime norme costituzionali risulterebbero violate - a parere dello stesso Pretore di Macerata - anche dagli artt. 223, terzo comma, e 224, primo comma, del codice della strada, nella parte in cui consentono, in caso di guida in stato di ebbrezza, l'applicabilità della misura prefettizia provvisoria della sospensione della patente nonché della relativa sanzione amministrativa accessoria, pure in caso di sentenza che abbia disposto la sospensione condizionale della pena. 3. - Le questioni, per l'analogia dei temi, possono essere riunite e decise con un unico provvedimento. 4. - La questione relativa all'art. 187, secondo comma, è infondata. 4.1. - Tale articolo, dopo aver posto nel primo comma il divieto di guida "in condizioni di alterazione fisica e psichica correlata con l'uso di sostanze stupefacenti e psicotrope", prevede nel secondo comma che - in caso d'incidente ovvero quando vi sia ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi nello stato predetto - gli agenti di polizia hanno facoltà di accompagnare il medesimo, per il prelievo di campioni di liquidi biologici, presso idonee strutture. Queste ultime, già individuate nel servizio pubblico per le tossicodipendenze dal previgente testo del denunciato art. 187, secondo comma, sono ora - in virtù della modifica introdotta dal decreto legislativo 10 settembre 1993, n. 360 - strutture pubbliche, adeguatamente attrezzate in condizioni di sicurezza clinica e con l'esclusione di ogni metodica invasiva, idonee alla "valutazione clinico-funzionale del grado di dipendenza e/o dell'intensità dell'abuso", secondo quanto prevede l'art. 2, primo comma, lettera b), del decreto ministeriale 12 luglio 1990, n. 186. 4.1.1. - Deve escludersi che tale facoltà, riconosciuta agli agenti di polizia sulla base di un fondato sospetto, risulti lesiva della garanzia circa l'inviolabilità della persona, assicurata dall'art. 13, primo comma, Cost. Il legislatore ha nel nuovo codice della strada opportunamente distinto lo stato di ebbrezza da alcool, dalle predette condizioni di alterazione; ed in relazione a queste ultime ha inteso fissare i termini procedimentali di un articolato controllo che richiede conoscenze tecniche specialistiche, segnatamente per quanto riguarda la qualificazione delle sostanze. All'agente è rimessa esclusivamente una valutazione nel momento iniziale, in ordine a circostanze oggettive e sintomatiche che, per la loro contingenza, egli soltanto può apprezzare; ed a lui, conseguentemente, viene attribuita la facoltà di accompagnare il conducente. In tal modo la libertà personale di quest'ultimo non è affatto violata, considerato che egli non subisce coartazione alcuna, potendosi rifiutare in caso di ritenuto abuso di potere da parte dell'agente. Vero è infatti che - a tutela della effettività dell'attività di polizia - codesto rifiuto è poi costruito dal quinto comma dell'art. 187 come un autonomo titolo di reato. Ma, a parte il fatto che quest'ultima norma non è stata denunciata, il giudice deve riscontrare la ragionevolezza del motivo che ha indotto l'agente a disporre l'accompagnamento. Ed è proprio la previsione legislativa di tale ragionevolezza a scongiurare i rischi di abuso paventati dal rimettente, consentendo che a posteriori si compia una verifica giudiziale dei fatti e della attendibilità delle ragioni del convincimento dell'agente, in relazione al bene protetto della sicurezza della circolazione ed alle correlate finalità di prevenzione. 4.1.2. - Per altro verso, la dettagliata normativa di cui s'è detto non consente neppure di ipotizzare la violazione della riserva di legge prevista nel secondo comma dell'evocato art. 13. Né il Pretore rimettente prospetta come lesa la riserva di giurisdizione, limitandosi ad asserire la necessità della presenza di un medico accanto agli agenti della polizia stradale. 4.1.3. - Questa presenza - in concreto irrealizzabile - rimane, oltretutto, completamente estranea al diritto di difesa tutelato dall'art. 24, secondo comma, Cost., il quale dunque deve ritenersi erroneamente invocato. Sicché, solo ad abundantiam è da notare che il carattere di atto a sorpresa dell'accertamento in esame, iscrivibile fra le attività che non presuppongono necessariamente un indizio di reità e trovano giustificazione nella logica dell'irripetibilità, escluderebbe in ogni caso la dedotta violazione di tale parametro. 4.1.4. - Palesemente priva di fondamento è, infine, la censura mossa con riferimento all'art. 32, secondo comma, Cost. Prescindendo infatti dal problema se i prelievi in questione, finalizzati a mere analisi e non già alla prevenzione o alla cura di malattie, possano qualificarsi quali "trattamenti sanitari" - come apoditticamente afferma il rimettente -, basti considerare che, stante l'espressa previsione di essi in una disposizione di legge, la prospettata incostituzionalità potrebbe ritenersi solo ove si potesse riscontrare una violazione, da parte di quest'ultima, dei "limiti imposti dal rispetto della persona umana". E questa Corte ha già precisato che il prelievo ematico - ormai di ordinaria amministrazione nella pratica medica - non lede la dignità o la psiche della persona, così come di norma non ne mette in alcun modo in pericolo la vita, l'incolumità e la salute (v. sentenza n. 54 del 1986). 4.2. - Gli artt. 186, sesto comma, e 187, quarto comma, del codice della strada non risultano pertinenti alle censure, ed il relativo giudizio non può quindi essere ammesso. 4.3. - Manifestamente inammissibili sono altresì le questioni sollevate dal Pretore di Macerata, il quale lamenta che la fattispecie incriminatrice della guida sotto l'influenza dell'alcool sia resa indeterminata dal mancato obbligo dell'uso dell'etilometro, senza peraltro denunciare il primo comma e soprattutto il secondo comma dell'art. 186, che tal reato configurano. La censura è, in altri termini, rivolta alla mancanza di oggettiva certezza e tassatività della condotta sanzionata, ma il dubbio di costituzionalità è limitato al modo dell'accertamento dello stato di ebbrezza. Si realizza così un'ipotesi di aberratio, aggravata dal non considerare come le indicazioni circa le circostanze che, in mancanza di uso dell'etilometro, inducono a ritenere la presenza di tale stato, altro non sono che elementi destinati a concorrere alla formazione del convincimento del giudice (così pervenendosi a scambiare la discrezionalità circa le tecniche di accertamento con un asserito difetto di coerenza della norma incriminatrice). 4.4. - Nessuna motivazione circa la rilevanza, e neppure indicazioni circa la fattispecie di causa, assistono la prospettazione delle questioni relative agli artt. 223, terzo comma, e 224, primo comma, del codice della strada, nel formulare le quali il rimettente non sembra aver neppure chiara la distinzione tra il provvedimento prefettizio di sospensione provvisoria e la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 187, secondo comma, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), così come modificato dal decreto legislativo 10 settembre 1993, n. 360, sollevata - in riferimento agli artt. 13, primo e secondo comma, 24, secondo comma, e 32, secondo comma, della Costituzione - dal Pretore di Asti con l'ordinanza di cui in epigrafe; Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 186, sesto comma, e 187, quarto comma, dello stesso codice, come sopra sollevata; Dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 186, quarto comma, 223, terzo comma, e 224, primo comma, del codice della strada, sollevate - in riferimento agli artt. 3, 25, 27, 97 e 102 della Costituzione - dal Pretore di Macerata con l'ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 maggio 1996.
Il Presidente: Ferri Il redattore: Ruperto Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 12 giugno 1996. Il direttore della cancelleria: Di Paola
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