Università di Torino: Dipartimento di Scienze Giuridiche

Tecniche Interpretative della Corte Costituzionale

Sentenza numero 0038 del 2002 inserita nel sistema il 9/11/2012
Pronuncia: Pronuncia di rigetto con monito al legislatore
Argomenti di altre disposizioni rilevanti per la pronuncia:
-Argomento sistematico: a) della sedes materiae (argomento topografico)
Disposizione oggetto: legge 210/1992 art.4 comma 4:
-Argomento sistematico: a) della sedes materiae (argomento topografico)
-Argomento ab absurdo (argomento apagogico)
-Argomento sistematico: c) concettualistico (argomento dogmatico)
-Riferimento alla discrezionalità del legislatore (manca "norma a rime obbligate": no analogia iuris)
Disposizione oggetto: legge 210/1992 art.2 comma 7:
-Argomento sistematico: a) della sedes materiae (argomento topografico)
-Argomento ab absurdo (argomento apagogico)
-Argomento sistematico: c) concettualistico (argomento dogmatico)
-Riferimento alla discrezionalità del legislatore (manca "norma a rime obbligate": no analogia iuris)

N. 38
SENTENZA 25 febbraio-6 marzo 2002.
Pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 11 del 13 marzo 2002

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente: Cesare RUPERTO;
Giudici: Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 7, e
4, comma 4, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore
dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa
di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di
emoderivati), come integrata dall'art. 1, comma 2, della legge
25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge
25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti
danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed
emoderivati), promosso con ordinanza emessa l'8 maggio 2000 dal
Tribunale di Camerino nel procedimento civile vertente tra M.C. e il
Ministero della sanità, iscritta al n. 624 del registro ordinanze
2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, 1a
serie speciale, dell'anno 2000.
Visti l'atto di costituzione di M.C. nonché l'atto di intervento
del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 4 dicembre 2001 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky;
Udito l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Il Tribunale di Camerino, in composizione monocratica e con
funzioni di giudice del lavoro, con ordinanza dell'8 maggio 2000 ha
sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 2,
comma 7, e 4, comma 4, della legge 25 febbraio 1992, n. 210
(Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo
irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e
somministrazione di emoderivati), come integrata dall'art. 1, comma
2, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla
legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti
danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed
emoderivati), in relazione agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione.
1.1. - Il rimettente riferisce che la competente commissione per
l'accertamento delle invalidità civili aveva riconosciuto a M.C.,
sottoposto nel 1976 a vaccinazione obbligatoria antipoliomielitica,
una invalidità del cento per cento, per la quale, in seguito
all'entrata in vigore della legge n. 210 del 1992, questi aveva
ottenuto la corresponsione di un indennizzo bimestrale; M.C. aveva
quindi presentato istanza al Ministero della sanità sia per la
corresponsione dell'assegno una tantum previsto dall'art. 2, comma 2,
della legge n. 210 del 1992, come integrato dalla legge n. 238 del
1997, sia per l'attribuzione di un indennizzo aggiuntivo (art. 2,
comma 7, della legge n. 210), avendo contratto, per effetto della
vaccinazione, più di una malattia, ciascuna delle quali produttiva
di esiti invalidanti. Non avendo ricevuto risposta, M.C. ha proposto
ricorso presso il Tribunale rimettente per ottenere dal Ministero
della sanità, oltre alla corresponsione degli indennizzi sopra
indicati e degli interessi arretrati sui relativi importi, anche
l'attribuzione dell'assegno di "superinvalidità" previsto dalla
tabella E allegata al d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834 (Definitivo
riordinamento delle pensioni di guerra, in attuazione della delega
prevista dall'art. 1 della legge 23 settembre 1981, n. 533).
1.2. - Ciò premesso, il rimettente ritiene rilevante, ai fini
della definizione del giudizio a quo, la soluzione della questione di
legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 7, e 4, comma 4,
della legge n. 210 del 1992 (come integrata dall'art. 1, comma 2,
della legge n. 238 del 1997), in relazione agli artt. 2, 3 e 32 della
Costituzione:
(a) la prima disposizione nella parte in cui non prevede che
ai danneggiati in modo gravissimo da vaccinazione antipolio sia
corrisposto anche l'assegno di "superinvalidità" di cui alla tabella
E allegata al d.P.R. n. 834 del 1981;
(b) la seconda disposizione nella parte in cui, nel caso di
danno alla salute derivante da vaccinazione obbligatoria antipolio,
non consente alla competente commissione medica ospedaliera di
applicare al danneggiato la medesima tabella E sopra indicata.
1.3. - La rilevanza della questione risiede, ad avviso del
rimettente, nel fatto che dall'accoglimento della questione di
legittimità costituzionale dipende l'accoglimento del ricorso nel
merito, in quanto M.C., sottoposto a consulenza tecnica d'ufficio nel
corso del giudizio, è risultato "affetto da diplegia causata da
malattia paralitica da somministrazione di vaccino orale antipolio".
A giudizio del consulente tecnico d'ufficio, che il rimettente
considera "condivisibile", il complesso patologico derivante da tale
affezione "può sicuramente essere sussunto tra le fattispecie di cui
al punto b.1 della tabella E allegata al d.P.R. n. 834 del 1981", che
concerne le "lesioni del sistema nervoso centrale (encefalo e midollo
spinale), con conseguenze gravi e permanenti di grado tale da
apportare, isolatamente o nel loro complesso, profondi ed
irreparabili perturbamenti della vita organica e sociale".
1.4. - Il giudice a quo svolge una ricostruzione del quadro
normativo e della giurisprudenza costituzionale in tema di danno alla
salute derivante da vaccinazioni obbligatorie, richiamando
l'approvazione, dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 307
del 1990, della legge n. 210 del 1992, la quale prevede la
corresponsione di un indennizzo a favore di coloro che, a causa di
vaccinazioni imposte per legge, abbiano subito lesioni produttive di
menomazioni psico-fisiche irreversibili, e di coloro che, a seguito
di trasfusioni di sangue o di emoderivati, siano stati infettati da
HIV o lamentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali.
Il rimettente ricorda inoltre che con la sentenza n. 118 del 1996
la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
degli artt. 2, comma 2, e 3, comma 7, della citata legge n. 210 del
1992, nella parte in cui non prevedevano il diritto a un equo
indennizzo a carico dello Stato, per il periodo ricompreso tra il
manifestarsi della patologia e il momento di entrata in vigore della
legge, a favore di coloro che avessero subito lesioni conseguenti
alla vaccinazione obbligatoria antipolio e di coloro che avessero
prestato assistenza personale diretta ai soggetti lesi.
A seguito di tale sentenza - prosegue il rimettente - la legge
n. 238 del 1997 ha previsto la corresponsione di un assegno una
tantum a favore di coloro che hanno subito le lesioni considerate
dalla legge n. 210 del 1992, pari al trenta per cento dell'indennizzo
in essa previsto, per ciascuno degli anni intercorsi tra l'evento
dannoso e l'entrata in vigore della stessa legge n. 210.
Con la sentenza n. 27 del 1998, infine, la Corte costituzionale
ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1,
della legge n. 210 del 1992, nella parte in cui non prevedeva il
diritto all'indennizzo di coloro che siano stati vaccinati contro la
poliomielite nel periodo in cui era in vigore la legge 30 luglio
1959, n. 695 (Provvedimenti per rendere integrale la vaccinazione
antipoliomielitica), cioè quando la vaccinazione, benché
incentivata, non era ancora obbligatoria.
Concludendo la sua ricostruzione del quadro normativo e
giurisprudenziale, il rimettente rileva che, allo stato attuale, la
legislazione esclude la possibilità di corrispondere, ai soggetti i
quali abbiano subito danni permanenti e irreversibili a seguito di
vaccinazione obbligatoria antipolio, l'assegno di "superinvalidità",
previsto - dalla tabella E allegata al d.P.R. n. 834 del 1981 -
soltanto a favore degli invalidi per cause belliche o di servizio
connesso alla guerra.
1.5. - Di questa mancata possibilità il rimettente si duole, in
relazione agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione.
In primo luogo il quadro normativo descritto produrrebbe "una
disparità trattamentale tra situazioni tutt'affatto consimili" non
giustificata da ragioni prevalenti di tutela della collettività.
L'art. 32 della Costituzione - ricorda il rimettente - tutela la
salute, prima che come interesse della collettività, come diritto
"assoluto e primario" dell'individuo: da ciò dovrebbe desumersi,
anche alla luce del principio solidaristico (art. 2 della
Costituzione), la necessità della tutela della salute individuale
anche quando dal trattamento del singolo la collettività non tragga
un immediato beneficio.
Le citate disposizioni costituzionali escludono, ad avviso del
giudice a quo, che la collettività possa richiedere all'individuo di
esporre a rischio la propria salute senza farsi carico delle
eventuali conseguenze negative: pur prevedendo trattamenti sanitari
imposti per legge a beneficio dell'interesse collettivo alla salute,
l'art. 32 della Costituzione "non postula il sacrificio della salute
individuale a quella collettiva". Ne consegue che, a fronte
dell'assunzione da parte del singolo del rischio di lesioni alla
salute, l'art. 2 della Costituzione impone allo Stato di
corrispondere, nel caso che l'evento dannoso si produca, "una
protezione specifica consistente in una "equa indennità ".
In base alla ricostruzione esposta, poi, non sarebbe ragionevole
commisurare l'equa indennità al fattore di rischio - "inteso come
più o meno rilevante possibilità di verificarsi di un evento
dannoso" - anziché all'entità del danno che l'individuo ha
effettivamente subito in conseguenza dell'adempimento di un obbligo
imposto dalla legge; né la censurata disparità di trattamento
potrebbe trovare giustificazione nella considerazione che a
determinate situazioni corrisponda una maggiore probabilità di
compromissione del bene della salute perché, se così fosse, lo
Stato dovrebbe attribuire un'indennità proporzionata al rischio a
favore di tutti coloro che vi si espongono, indipendentemente dal
verificarsi dell'evento. La ratio della legislazione in materia
sarebbe invece da rinvenire nel favore verso il "risarcimento
solidale" da parte della collettività, nel cui interesse il singolo
si è esposto al fattore di rischio, in caso di evento che abbia
causato un danno grave ed irreversibile alla salute dell'individuo.
2. - Si è costituita in giudizio la parte privata M.C.,
depositando una memoria nella quale si richiamano, condividendole, le
argomentazioni svolte nell'ordinanza di rimessione.
La difesa della parte aggiunge, ai fini del profilo di
sostenibilità finanziaria, che i cittadini attualmente indennizzati
per vaccinazioni obbligatorie non sarebbero più di cinquecento, e
sollecita la Corte costituzionale ad acquisire, con ordinanza
istruttoria, i relativi dati presso il Ministero della sanità.
Rispetto agli indennizzati, coloro che hanno contratto una pluralità
di patologie sarebbero "una esigua minoranza", che si ridurrebbe
ulteriormente con riferimento ai soggetti affetti da patologie
comprese nell'allegato E del d.P.R. n. 834 del 1981; non varrebbero
quindi, in senso contrario all'accoglimento della questione, neppure
esigenze di salvaguardia del bilancio.
3. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel
giudizio così promosso, chiedendo che la questione di legittimità
costituzionale sia dichiarata inammissibile o infondata.
In una memoria depositata in prossimità dell'udienza
l'interveniente premette che la questione, "pur nella consapevolezza
della rilevanza dei profili sociali" ad essa attinenti "e con
comprensione per la particolare situazione soggettiva", deve essere
considerata in un quadro complessivo che tenga conto della
giurisprudenza costituzionale in materia.
In primo luogo l'Avvocatura ritiene che il giudice rimettente
abbia confuso i presupposti dei diversi istituti del risarcimento del
danno e dell'indennizzo: contrariamente a quanto ritenuto dal
rimettente, la funzione di integrale ed effettivo ristoro del danno
appartiene all'istituto del risarcimento, mentre l'indennizzo avrebbe
funzione integrativa "là dove si avverte pressante l'esigenza del
ristoro di un pregiudizio, pur in presenza della impossibilità o
estrema difficoltà di assicurarlo nella sua integralità". A tale
proposito, l'interveniente richiama la giurisprudenza costituzionale
(sentenze n. 307 del 1990 e n. 118 del 1996) in cui si afferma che il
riconoscimento dell'indennizzo per lesioni derivanti dalla
vaccinazione antipolio si inserisce nel sistema di sicurezza sociale
e non nel contesto della responsabilità civile.
La Corte costituzionale, nelle decisioni richiamate, avrebbe
perseguito "scopi di giustizia sostanziale" nell'assicurare il
ristoro del danno per casi che sono comunque "assolutamente rari",
tali perciò da non alterare gli esiti della politica sanitaria. In
quei casi lo Stato, in considerazione della rilevanza degli interessi
coinvolti, come si accolla il costo della vaccinazione così affronta
il costo derivante dal contagio, in seguito a una valutazione che
ritiene - per la collettività - minori i costi connessi agli
eventuali "esiti infausti" della vaccinazione rispetto ai costi che
si dovrebbero sostenere per evitarli.
L'inquadramento dell'indennizzo nel sistema di sicurezza sociale
comporta innanzitutto che esso è regolato da strumenti di diritto
pubblico e inoltre che per esso è disponibile "un numero modesto e
limitato di risorse economiche", insufficienti a garantire
l'integrale risarcimento del danno che appartiene all'ambito proprio
della responsabilità civile.
Da tali premesse, prosegue l'Avvocatura, discende che la
determinazione dell'indennizzo è attività riservata al legislatore,
cosicché l'importo e le modalità di erogazione dello stesso devono
avvenire all'interno del sistema di sicurezza sociale, il quale "deve
calibrare i suoi interventi" in ragione dei limiti delle risorse
disponibili.
Ulteriore conseguenza è che la valutazione del sacrificio
imposto al danneggiato deve considerare adeguatamente sia le diverse
finalità del sistema di sicurezza sociale, sia gli "evidenti
vantaggi" che risiedono nella pronta ed automatica erogazione
dell'indennizzo.
Coerentemente con tali premesse - prosegue l'Avvocatura - i
giudici di merito, a seguito della sentenza n. 307 del 1990, da un
lato hanno utilizzato la categoria della responsabilità oggettiva,
in assenza di una condotta antigiuridica dello Stato, dall'altro
hanno determinato un indennizzo congruamente ridotto rispetto
all'entità reale del danno, in considerazione delle differenze
esistenti tra la responsabilità civile e le garanzie di sicurezza
sociale.
Si comprende, dunque, che il sindacato della Corte costituzionale
si sia limitato a verificare che l'esiguità dell'indennizzo non
giungesse "a vanificare, svuotandolo di contenuto concreto", il
relativo diritto.
L'indennizzo in questione non avrebbe d'altronde neppure natura
assistenziale, posto che l'art. 1, comma 1, della legge n. 210 del
1992 consente la cumulabilità di tale erogazione con "ogni altro
emolumento a qualsiasi titolo percepito": per esso, dunque, non si
applica nessuna delle regole che disciplinano i crediti
assistenziali.
L'Avvocatura osserva inoltre che il giudice rimettente avrebbe
individuato impropriamente il tertium comparationis: non potrebbero
infatti considerarsi assimilabili, ai fini della questione di
legittimità costituzionale, i rischi connessi all'esposizione del
soggetto ad eventi bellici o alla prestazione di un servizio connesso
alla guerra con quelli derivanti dalla vaccinazione obbligatoria
antipolio. Il rimettente tenderebbe perciò a trasferire elementi di
un sistema di garanzia in un altro.
Né - prosegue l'interveniente - potrebbe essere ritenuto lesivo
del principio di eguaglianza l'esercizio da parte del legislatore
della potestà "di individuare e di adottare discrezionalmente
soluzioni differenziate per fattispecie distinte e diverse, ancorché
assimilabili".
Nel caso in esame la condizione giuridica di coloro che hanno
riportato lesioni permanenti da vaccinazioni obbligatorie sarebbe
obiettivamente diversa e distinta dalla condizione di chi ha subito
danni irreversibili per ragioni collegate a eventi bellici, posto che
l'assimilazione potrebbe essere sostenuta solo con riferimento alla
gravità del danno, "peraltro, neanche della stessa natura".
L'Avvocatura conclude pertanto per il rigetto della questione.

Considerato in diritto

1. - Il Tribunale di Camerino dubita della legittimità
costituzionale degli artt. 2, comma 7, e 4, comma 4, della legge
25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti
danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di
vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di
emoderivati), integrata dall'art. 1, comma 2, della legge 25 luglio
1997, n. 238 (Modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992,
n. 210, in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da
vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati), in relazione
agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione.
Il menzionato art. 2, comma 7, stabilisce che ai soggetti
danneggiati che contraggono più di una malattia a seguito di
vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di
emoderivati, a norma della legge n. 210 del 1992, a ognuna delle
quali sia conseguito un esito invalidante distinto, è riconosciuto
un indennizzo aggiuntivo, stabilito dal Ministro della sanità con
proprio decreto, in una misura non superiore al cinquanta per cento
di quello, per così dire, ordinario, previsto nei commi 1 e 2 del
medesimo articolo e consistente in un assegno determinato nella
misura stabilita - dalla tabella B allegata alla legge 29 aprile
1976, n. 177 (Collegamento delle pensioni del settore pubblico alla
dinamica delle retribuzioni. Miglioramento del trattamento di
quiescenza del personale statale e degli iscritti alle casse pensioni
degli istituti di previdenza), come modificata dall'art. 8 della
legge 2 maggio 1984, n. 111 - in riferimento al trattamento
pensionistico privilegiato ordinario delle Forze armate; assegno al
quale si aggiunge una somma corrispondente all'importo
dell'indennità integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio
1959, n. 324 (Miglioramenti economici al personale statale in
attività ed in quiescenza), prevista per la prima qualifica
funzionale degli impiegati civili dello Stato.
Il giudice rimettente ritiene che la statuizione posta da tale
comma 7 dell'art. 2 della legge n. 210 del 1992 possa violare un
diritto fondamentale della persona umana, quale il diritto alla
salute (artt. 2 e 32 della Costituzione), e possa apparire
irragionevole in quanto, determinando nel modo anzidetto la misura
dell'indennizzo, non consente il riconoscimento del diritto a
ottenere anche l'assegno previsto dalla tabella E allegata al d.P.R.
30 dicembre 1981, n. 834 (Definitivo riordinamento delle pensioni di
guerra, in attuazione della delega prevista dall'art. 1 della legge
23 settembre 1981, n. 533), relativo alla determinazione dell'assegno
di "superinvalidità" derivante da eventi bellici o da cause di
servizio connesse alla guerra.
La premessa della tesi sostenuta dal giudice rimettente è che,
in materia, alla stregua del diritto costituzionale alla salute, non
siano rilevanti le cause del danno inferto alla salute e la loro
incidenza statistica ma unicamente l'entità del danno subito. Da
tale premessa viene tratta, come conseguenza, l'affermazione che, a
parità di danno, pari deve essere l'intervento indennitario dello
Stato a favore del danneggiato. Nella specie, il soggetto che ha
agito di fronte al giudice rimettente è stato colpito, come
riportato nell'esposizione dei fatti di causa, da invalidità
riconosciuta del cento per cento, conseguente a lesioni del sistema
nervoso le quali, a giudizio del consulente tecnico d'ufficio
condiviso dal giudice rimettente, rientrano nella previsione del
punto b.1 della tabella E sopra menzionata, applicabile ai casi di
"superinvalidità" derivante da patologie contratte per causa di
servizio di guerra o a seguito di eventi bellici. In forza dei
parametri costituzionali invocati e sulla premessa dell'irrilevanza
della natura degli eventi che hanno determinato il danno, il giudice
rimettente ritiene pertanto che la stessa indennità debba essere
riconosciuta anche a chi - come il soggetto che ha promosso il
giudizio di merito - tale danno ha contratto a seguito di
vaccinazione antipoliomielitica obbligatoria.
A tale riconoscimento si oppone il denunciato art. 2, comma 7,
della legge n. 210 del 1992 che prevede soltanto un diverso tipo di
intervento indennitario, e si oppone altresì l'art. 4, comma 4,
della medesima legge, il quale stabilisce che la commissione
medico-ospedaliera che è chiamata a esprimere il giudizio sul nesso
causale tra la vaccinazione e la menomazione della salute formula
altresì un giudizio di classificazione delle lesioni e delle
infermità alla stregua di una tabella diversa dalla menzionata
tabella E di cui si chiede l'applicazione nel caso di specie, e
precisamente "secondo la tabella A annessa al testo unico approvato
con d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A
allegata al d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834".
Per questa loro portata ostativa al riconoscimento dell'assegno
di "superinvalidità", gli artt. 2, comma 7, e 4, comma 4, della
legge n. 210 del 1992 vengono quindi sottoposti al controllo di
costituzionalità di questa Corte.
2. - La questione non è fondata.
2.1. - visualizza testo argomento La tabella E allegata al d.P.R. n. 834 del 1981,
sostitutiva della corrispondente tabella E allegata al d.P.R.
23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di
pensioni di guerra) - di cui si prospetta l'applicazione anche al
caso del danno alla salute derivante da vaccinazione obbligatoria,
tramite una pronuncia additiva sul comma 7 dell'art. 2 della legge
n. 210 del 1992 -, è inserita in un sistema normativo complesso nel
quale è prevista la corresponsione di pensioni, assegni temporanei e
indennità a favore di militari, o soggetti equiparati, e dei loro
congiunti, nel caso di ferite, lesioni, infermità riportate in
guerra o per fatti connessi alla guerra, da cui siano derivate
ferite, lesioni, infermità o morte (art. 2 del citato d.P.R. n. 915
del 1978), corresponsione che vale come "atto risarcitorio, di
doveroso riconoscimento e di solidarietà da parte dello Stato nei
confronti di coloro che, a causa della guerra, abbiano subito
menomazioni nell'integrità fisica o la perdita di un congiunto"
(art. 1). In particolare, le lesioni e le infermità elencate nella
tabella E in questione danno diritto, in aggiunta alla pensione o
all'assegno temporaneo, all'assegno per "superinvalidità" in esso
prevista (art. 15), nonché a un'indennità per la necessità di
assistenza e per la retribuzione di un accompagnatore (art. 21). Nel
caso di coesistenza di infermità o mutilazioni è previsto un
assegno di cumulo che si aggiunge a quello per "superinvalidità",
ove si tratti di invalidità diverse da quelle che danno luogo a
quest'ultimo assegno (art. 16). Norme particolari, infine, sono
dettate in tema di cumulabilità e opzione tra il trattamento di
guerra e altro trattamento (artt. 28 - 36). Già solo da questi
accenni, risulta che la disciplina in questione costituisce un
sistema e che ogni suo elemento, compresa la disciplina delle
infermità che danno luogo all'assegno di "superinvalidità",
contribuisce a formare il quadro, assumendo significato solo
all'interno di esso.
D'altra parte, l'intervento dello Stato a favore di coloro che
abbiano riportato lesioni o infermità a causa (tra l'altro) di
vaccinazioni obbligatorie si è sviluppato - anche in conseguenza dei
diritti riconosciuti in materia dalla giurisprudenza di questa Corte,
a iniziare dalla sentenza n. 307 del 1990 - dando luogo a sua volta a
un autonomo quadro normativo. Secondo la legislazione vigente,
l'intervento anzidetto consiste in un indennizzo, cumulabile con ogni
altro emolumento a qualsiasi titolo percepito e rivalutato
annualmente, il quale dà luogo a un assegno, reversibile per
quindici anni, determinato nella misura stabilita dalla tabella B
prevista dall'art. 9, secondo comma, della legge n. 177 del 1976 e ad
essa allegata (modificata dall'art. 8 della legge n. 111 del 1984),
in sostituzione di una precedente tabella annessa al d.P.R.
29 dicembre 1973, n. 1092, e concernente le pensioni privilegiate
ordinarie riconosciute a favore di tre classi di personale delle
Forze armate. Detta tabella B prevede otto categorie di trattamento
pensionistico a favore di tale personale, corrispondenti alle otto
categorie di lesioni e infermità previste nella tabella A allegata
al d.P.R. n. 915 del 1978 (sostituita dal d.P.R. n. 834 del 1981), in
riferimento alle quali la commissione medico-ospedaliera prevista dal
denunciato art. 4, comma 4, della legge n. 210 del 1992 deve
formulare il giudizio di classificazione. L'indennizzo è integrato
da una somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa
speciale prevista dalla legge n. 324 del 1959 per la prima qualifica
funzionale degli impiegati civili dello Stato, e tale integrazione si
cumula, ulteriormente, con l'indennità integrativa speciale e con
qualunque altra analoga indennità collegata alla variazione del
costo della vita. Qualora poi coloro che si sono assoggettati al
trattamento sanitario abbiano contratto più di una malattia, a
ognuna delle quali sia conseguito un esito invalidante distinto, è
riconosciuto, ulteriormente, un indennizzo aggiuntivo, stabilito dal
Ministro della sanità con proprio decreto, in misura non superiore
al cinquanta per cento di quello calcolato secondo i criteri sopra
richiamati. visualizza testo argomento Da ciò risulta un sistema di determinazione
dell'indennizzo nel caso in questione diverso da quello concernente
la materia delle pensioni di guerra, dal quale si richiede di
estrapolare un elemento e di inserirlo nel primo sistema, il che,
evidentemente, potrebbe essere realizzato solo con un intervento del
legislatore.
In conclusione, l'eterogeneità dei sistemi normativi messi a
confronto non consente di pervenire al risultato al quale la
questione di costituzionalità è orientata, questione dunque che
già sotto questo profilo appare non fondata.
2.2. - Neppure può essere seguita l'argomentazione del giudice
rimettente là dove, sottolineando la centralità del diritto
individuale alla salute nella materia in esame, afferma che
l'intervento indennitario dello Stato deve essere commisurato
esclusivamente al danno effettivamente subito dal soggetto che, anche
nell'interesse della collettività, si è esposto al rischio
conseguente al trattamento sanitario: argomentazione che proverebbe,
con l'irrilevanza della diversa tipologia delle cause e
dell'incidenza statistica del danno alla salute, la necessità di una
disciplina che non distingua, quanto all'applicazione della tabella E
di "superinvalidità", i soggetti la cui salute ha subito danno in
conseguenza di un trattamento sanitario obbligatorio dai soggetti che
il danno hanno subito per eventi bellici.
visualizza testo argomento Questo modo di argomentare, innanzitutto, condurrebbe troppo
lontano poiché, dando rilievo solo all'effetto e non alle possibili
cause, porterebbe addirittura a concludere - ben al di là della
estensione di un singolo aspetto di una disciplina a un'altra - per
la necessità sul piano costituzionale di un'unica disciplina (per
usare la terminologia dell'ordinanza di rimessione) di "risarcimento
solidale" del danno alla salute da parte della collettività, quale
che sia la ragione che chiama in causa anche un interesse collettivo
che ha determinato la necessaria esposizione a rischio della salute
individuale. Ma, soprattutto, così ragionando, visualizza testo argomento si trascura di
considerare che l'intervento pubblico in questione deriva, dal punto
di vista costituzionale, da un obbligo dello Stato non strettamente
commisurato al danno subito, un obbligo cioè di solidarietà sociale
nei confronti di coloro che hanno esposto la loro salute a un
rischio, nell'interesse non solo loro proprio, ma anche dell'intera
collettività. Se si trattasse di un risarcimento dovuto per la
lesione di un diritto, potrebbero ritenersi irrilevanti, ai fini
della determinazione quantitativa del risarcimento, le cause della
lesione. visualizza testo argomento Poiché invece si tratta dell'adempimento di un dovere di
solidarietà, è naturale ammettere che tale dovere possa essere
avvertito e dal legislatore tradotto in norma, a seconda dei casi, in
maniera e misura variabile in rapporto alle circostanze in cui il
danno alla salute si è determinato e che quindi anche le conseguenti
misure indennitarie possano differenziarsi le une dalle altre.
Anche sotto questo profilo, dunque, il dubbio di legittimità
costituzionale non risulta fondato.
3. - È peraltro indubbio che la presente questione, come altre
sulle quali questa Corte ha avuto occasione di pronunciarsi nel
recente passato (sentenze n. 27 del 1998; n. 226 e n. 423 del 2000),
nasce comprensibilmente dalla constatazione che i criteri di
determinazione della misura dell'indennizzo nelle diverse ipotesi
previste dal legislatore del 1992 non sono i più congrui fra quelli
cui il legislatore medesimo avrebbe potuto fare riferimento, anche
alla luce di quanto chiarito da questa Corte circa i caratteri di
tale misura, che, oltre a dovere risultare "equa" rispetto al danno
subito (sentenze n. 307 del 1990 e n. 118 del 1996), deve "tenere
conto di tutte le componenti del danno stesso" (sentenza n. 307 del
1990). L'art. 2, comma 1, della legge n. 210 del 1992, in
particolare, si limita infatti a fare un mero e globale rinvio, per
il calcolo dell'indennizzo, a quanto previsto da una tabella che ha
riguardo a un caso distante da quello qui in discussione, cioè al
trattamento pensionistico privilegiato di appartenenti alle Forze
armate, per le ipotesi di infermità o malattie derivanti da cause di
servizio. Il che induce a ribadire la sollecitazione, già formulata
nella sentenza n. 423 del 2000 di questa Corte, affinché si
addivenga a una nuova disciplina, specificamente determinata in
relazione alle esigenze di normazione proprie della delicata materia.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 2, comma 7, e 4, comma 4, della legge 25 febbraio 1992,
n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze
di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie,
trasfusioni e somministrazione di emoderivati), come integrata
dall'art. 1, comma 2, della legge 25 luglio 1997, n. 238 (Modifiche
ed integrazioni alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in materia di
indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie,
trasfusioni ed emoderivati), sollevata, in riferimento agli artt. 2,
3 e 32 della Costituzione, dal Tribunale di Camerino con l'ordinanza
indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2002.

Il Presidente: Ruperto
Il redattore: Zagrebelsky
Il cancelliere:Di Paola
Depositata in cancelleria il 6 marzo 2002.
Il direttore della cancelleria:Di Paola

 
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