SENTENZA N. 71 ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 504, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), promosso dal Tribunale di Torino nel procedimento vertente tra C.M. e l'Istituto nazionale per la previdenza sociale (INPS), con ordinanza del 31 ottobre 2008, iscritta al n. 13 del registro ordinanze 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 2009. Visti gli atti di costituzione di C.M. e dell'INPS nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 12 gennaio 2010 il Giudice relatore Maria Rita Saulle; uditi gli avvocati G. Sante Assennato per C.M. e A.R. per l'INPS e l'avvocato dello Stato Paola Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Torino, nel corso di un procedimento volto al riconoscimento della contribuzione figurativa relativa a due periodi di congedo obbligatorio per maternità avvenuti fuori del rapporto di lavoro, ha sollevato, con ordinanza del 31 ottobre 2008, questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 504, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), per violazione degli artt. 3, 31 e 37 della Costituzione. In punto di fatto il rimettente riferisce che la ricorrente nel giudizio principale chiede la condanna dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) al ricalcolo della pensione di vecchiaia di cui è titolare dal 1 luglio 1995, tenendo conto dei periodi sopra indicati, verificatisi nel 1961 e nel 1966, e utilizzabili, ai sensi dell'art. 25, comma 2, del decreto legislativo 26 marzo 200l, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nei termini della contribuzione figurativa. Il Tribunale osserva che l'art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 151 del 2001, come anteriormente interpretato, consentiva il riconoscimento della contribuzione in esame a chi era iscritto al fondo pensioni lavoratori dipendenti e alle forme di previdenza sostitutive ed esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti. In particolare, la nozione di iscritti contenuta nel citato art. 25, comma 2, era interpretata dalla giurisprudenza di legittimità e contabile, nonché dalla circolare n. 102 del 31 maggio 2002 emessa dall'INPS, in senso atecnico e diretta a ricomprendere tutte quelle persone la cui posizione contributiva era gestita da un ente previdenziale, essendo irrilevante la circostanza che al momento della domanda di riconoscimento della contribuzione figurativa l'iscritto fosse in servizio o già pensionato. Da ciò sarebbe conseguito, a parere del rimettente, l'accoglimento della domanda proposta dalla ricorrente. Il Tribunale rileva, però, che l'intervenuto art. 2, comma 504, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ha stabilito che gli articoli 25 e 35 del decreto legislativo n. 151 del 2001 si applicano solo nei confronti degli iscritti in servizio alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo. Tale mutamento del quadro normativo, a parere del rimettente, comporta il rigetto della domanda proposta dalla ricorrente, in quanto quest'ultima, al momento dell'entrata in vigore del decreto n. 151 del 2001 non era né in servizio, in quanto pensionata dal 1 luglio 1995, né destinataria di trattamento più favorevole rispetto a quello derivante dalla novella e da essa fatto salvo. Il Tribunale rileva che la disposizione censurata, nel mutare l'uniforme interpretazione dell'art. 25, non può essere considerata norma interpretativa, ma innovativa con efficacia retroattiva, che fa dipendere l'accredito figurativo da una circostanza fortunosa e del tutto casuale e cioè dal fatto che il richiedente sia in servizio in un determinato giorno. Il giudice a quo ritiene, pertanto, che l'art. 2, comma 504, della legge n. 244 del 2007 si pone in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, il quale limita e circoscrive le condizioni di ammissibilità della legge interpretativa, inibendone l'utilizzo ove la nuova norma, da un lato, non possa in alcun modo essere ricondotta nell'ambito dei possibili significati della disposizione interpretata e, dall'altro, si appalesi decisamente irrazionale, per l'innovazione introdotta surrettiziamente. Altresì violati sarebbero, sempre secondo il rimettente, gli artt. 31 e 37 della Costituzione, che impongono al legislatore di tutelare con misure adeguate la maternità e, in particolare, la donna lavoratrice. 2. Si è costituita la ricorrente nel giudizio principale chiedendo che la Corte dichiari inammissibile o, nel merito, fondata la questione sollevata dal Tribunale di Torino. In via preliminare, la parte privata rileva che il rimettente non ha esplorato la possibilità di giungere ad una interpretazione conforme a Costituzione della norma censurata, ritenendola, in ragione del suo carattere innovativo, applicabile solo per il futuro. In via subordinata, la ricorrente nel giudizio a quo osserva che, qualora la norma dovesse intendersi meramente interpretativa, sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 31 e 37 della Costituzione per gli stessi motivi esposti dal rimettente. 3. Si è costituito in giudizio l'INPS chiedendo che la questione sollevata sia dichiarata infondata. Quanto alla presunta violazione dell'art. 3 della Costituzione, l'Istituto di previdenza rileva che la norma censurata si limita ad attribuire uno dei possibili significati alla norma interpretata e, quindi, non ha alcun valore innovativo con effetto retroattivo, peraltro precluso alle sole norme in materia penale. La difesa dell'INPS osserva che è errata la premessa argomentativa da cui muove il rimettente. La disposizione censurata, infatti, non sarebbe intervenuta in presenza di un consolidato indirizzo interpretativo, in quanto le sentenze della Corte di cassazione richiamate nell'ordinanza di rimessione sarebbero inconferenti, mentre quella della Corte dei conti proverebbe l'esistenza di diverse letture del termine iscritti contenuto nell'art. 25 del d.lgs. n. 151 del 2001, così come ulteriormente confermato dalla circolare n. 8 del 28 febbraio 2003 dell'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP). L'INPS osserva, infine, che il rimettente ha affermato la presunta irragionevolezza della norma censurata in modo apodittico, comportando essa l'individuazione delle possibili destinatarie del beneficio dell'accredito figurativo sulla base di un elemento del tutto accidentale e cioè dell'essere state in servizio il giorno dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 151 del 2001. Quanto alla presunta violazione degli artt. 31 e 37 della Costituzione, l'INPS rileva che rientra nella discrezionalità del legislatore individuare i limiti di tutela della lavoratrice madre, dovendo quest'ultimo contemperare tale esigenza di tutela con gli altri interessi costituzionali coinvolti, tra i quali l'equilibrio della spesa pubblica. 4. E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la Corte dichiari la questione infondata. La difesa erariale osserva che la disposizione censurata si limita ad attribuire all'art. 25 del d.lgs. n. 151 del 2001 una delle sue possibili letture, dissipando in tal modo i dubbi ermeneutici che erano sorti in ordine alla sua applicazione, non essendo essa, diversamente da quanto sostenuto dal rimettente, oggetto di un univoco indirizzo interpretativo. L'Avvocatura ritiene, pertanto, che la norma censurata non contrasti con il principio di ragionevolezza e di affidamento, assumendo a tal fine rilievo la circostanza che questa fa salvi i trattamenti pensionistici più favorevoli già liquidati alla data della sua entrata in vigore. Per quanto attiene alla presunta violazione degli artt. 31 e 37 della Costituzione, la difesa erariale osserva che la norma censurata non ha eliminato la contribuzione figurativa, ma si è limitata a regolarne alcuni aspetti afferenti alla sua disciplina, risultando in tal modo espressione della discrezionalità del legislatore nella conformazione dei diversi istituti posti a tutela della maternità.
Considerato in diritto
1. Il Tribunale di Torino dubita, in riferimento agli artt. 3, 31 e 37 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 504, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008) nella parte in cui, nell'interpretare l'art. 25 del decreto legislativo 26 marzo 200l, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), prevede che Le disposizioni degli articoli 25 e 35 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, si applicano agli iscritti in servizio alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo []. 2. La questione non è fondata. E' necessario procedere alla ricostruzione del quadro normativo. 2.1 I contributi figurativi sono riconosciuti all'assicurato per i periodi nei quali non è stata svolta attività lavorativa e, quindi, non sono stati effettuati versamenti di contributi obbligatori. I periodi di contribuzione figurativa sono computati ai fini del calcolo del diritto alla pensione e del relativo importo. Per l'accreditamento dei contributi figurativi sono riconosciuti, tra gli altri, i periodi di gravidanza e puerperio. In particolare, l'art. 14, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 593 (Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), al fine di apprestare un'adeguata tutela alle lavoratrici madri, ha riconosciuto l'accredito del contributo figurativo per i periodi di maternità obbligatoria ricadenti fuori dal rapporto di lavoro, ma dopo il 1 gennaio 1994. Il d.lgs. n. 151 del 2001, da un lato, ha abrogato l'art. 14, riconoscendo il suddetto beneficio indipendentemente dalla collocazione temporale del periodo di maternità (art. 86); dall'altro, ha previsto che In favore dei soggetti iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti e alle forme di previdenza sostitutive ed esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, i periodi corrispondenti al congedo di maternità di cui agli articoli 16 e 17, verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro, sono considerati utili ai fini pensionistici, a condizione che il soggetto possa far valere, all'atto della domanda, almeno cinque anni di contribuzione versata in costanza di rapporto di lavoro [] (art. 25, comma 2). 2.2 Il dubbio di costituzionalità avanzato dal Tribunale di Torino presuppone l'esistenza, prima dell'intervento della norma oggetto di censura, di un'univoca interpretazione, da parte della giurisprudenza e della prassi amministrativa, del termine iscritti contenuto nell'art. 25 del d.lgs. n. 151 del 2001, secondo la quale tale termine era riferito sia ai soggetti in attività sia a quelli già pensionati. Sulla base di ciò il rimettente ritiene che la norma censurata, laddove stabilisce che la contribuzione figurativa prevista dall'art. 25 è riconosciuta solo agli iscritti in servizio alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 151 del 2001, non può essere considerata meramente interpretativa, ma pone una nuova disciplina con carattere retroattivo in contrasto con il principio di ragionevolezza, nonché con gli artt. 31 e 37 della Costituzione. 2.3 Tale costruzione si fonda su presupposti errati. Le sentenze della Corte di cassazione (n. 22244 del 2004, n. 18273 del 2005, n. 15081 del 2008), richiamate nell'ordinanza di rimessione, affrontano aspetti del tutto differenti da quello oggetto del presente giudizio. Le indicate pronunce affermano, infatti, che il beneficio dell'accredito figurativo per maternità, previsto dall'art. 25 del d.lgs. n. 151 del 2001, spetta anche in relazione agli eventi antecedenti al 1 gennaio 1994, essendo venuta meno la limitazione temporale disposta dall'art. 14 del d.lgs. n. 503 del 1992 abrogato dall'art. 86 del d.lgs. n. 151 del 2001). La sentenza della Corte dei conti n. 7 del 2006, riportata dal giudice a quo, seppure pertinente al dubbio di costituzionalità sollevato, prova, in ragione della forma con la quale è stata adottata (Sezioni Riunite in sede giurisdizionale), l'esistenza di diversi orientamenti interpretativi riferiti alla nozione di iscritti contenuta nell'art. 25 del d.lgs. n. 151 del 2001. Ciò è confermato anche dalla prassi amministrativa: con la circolare n. 102 del 31 maggio 2002, richiamata dal Tribunale, l'INPS ha stabilito che, al fine del riconoscimento della contribuzione figurativa, è indifferente la circostanza se il richiedente al momento della presentazione della domanda svolga, o meno, attività lavorativa. A questa interpretazione si contrappone quella dell'INPDAP che, con la circolare n. 8 del 28 febbraio 2003, ha concesso il beneficio indicato a condizione che il richiedente fosse iscritto attivo e, quindi, prestasse servizio al momento della domanda. In tale ultimo senso si è successivamente espresso anche l'INPS, con la circolare n. 100 del 14 novembre 2008. 2.4 Ricostruito in tal modo il quadro applicativo dell'art. 25 del d.lgs. n. 151 del 2001, risulta che la norma censurata non si pone in contrasto con l'indicato art. 3 della Costituzione, in quanto essa ha natura interpretativa e non innovativa, atteso che la sua portata precettiva è compatibile, come dimostrato dai contrasti interpretativi sopra descritti, rispetto alla sopra indicata disciplina previgente. Questa Corte ha costantemente affermato nella sua giurisprudenza il principio secondo cui Il legislatore può emanare norme che precisino il significato di preesistenti disposizioni anche se non siano insorti contrasti giurisprudenziali, ma sussista comunque una situazione di incertezza nella loro applicazione, essendo sufficiente che la scelta imposta rientri tra le possibili varianti di senso del testo interpretato e sia compatibile con la sua formulazione (sentenza n. 170 del 2008).2.5 La norma censurata non contrasta, poi, con gli artt. 31 e 37 della Costituzione, in quanto non incide sull'an del diritto alla pensione, ma solo marginalmente sul quantum; laddove il mancato aumento del trattamento previdenziale goduto da chi, alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 151 del 2001, già era in pensione, non vale a far considerare tale emolumento insufficiente ai fini della tutela imposta dalle norme costituzionali indicate.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 504, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), sollevata dal Tribunale di Torino, in riferimento agli artt. 3, 31 e 37 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2010. F.to: Francesco AMIRANTE, Presidente Maria Rita SAULLE, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2010. Il Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA
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